martedì 18 giugno 2013

Poche parole, vere, amorevoli, giuste



Forse ti serve una guardia personale

“Tu parli troppo!”

Per questo motivo, degli amici, anche di lunga data, si sono separati per non salutarsi mai più. Per questo motivo, sono stati persi giochi di scacchi e di calcio, industrie e guerre, fortune e perfino la vita. Quanto varrebbe non parlare mai troppo?

Il libro dei Proverbi, nella Bibbia, è un libro di sapienza divina, con frasi brevi che ti colpiscono per la loro verità e per la praticità. Tu puoi imparare da loro il segreto del parlare bene, facendo del bene agli altri e anche a te stesso.
Ecco sono alcuni esempi.

“Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente” (Proverbi 10:19). Chi parla troppo dovrà rispondere per le cose sbagliate che dice. Perciò, chi si mette un freno e dice poco si dimostrerà prudente.

“La lingua del giusto è argento scelto; il cuore degli empi vale poco. Le labbra del giusto nutrono molti, ma gli stolti muoiono per mancanza di senno” (Proverbi 10:20,21). Chi dice le cose giuste e vere sarà un aiuto a chi l’ascolta, e lo aiuterà anche materialmente.

Purtroppo l’uso sbagliato della lingua è un problema di tutti, perciò anche tuo e mio.

Ecco un avvertimento della lettera di Giacomo: “Manchiamo tutti in molte cose. (Questo è un buon avvertimento da fare notare ai presuntuosi e orgogliosi, cioè a noi tutti. Ci dice da parte di Dio che “tutti sbagliamo”. Perciò, tutti devono fare attenzione a cosa dicono. Tutti sbagliano!E ciò non è tutto… tutti sbagliano in molte cose, dice Giacomo. La cosa più importante in cui sbagliamo è nel parlare!) Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo” (Giacomo 3:2).

C’è un rapporto molto stretto fra ciò che diciamo e il nostro rapporto con Dio. “Se uno pensa di essere religioso (cioè, se crede di essere a posto con Dio), ma poi non tiene a freno la sua lingua e inganna sé stesso, la sua religione è vana (inutile, senza valore) (Giacomo1:26).

Per aiutarsi a risolvere questo problema veramente imbarazzante e dannoso, il grande Re Davide, dell’Antico Testamento, ha scritto: “Signore, poni una guardia davanti alla mia bocca, sorveglia l'uscio delle mie labbra” (Salmo 141:39). Soltanto con la preghiera e con l’aiuto di Dio, Davide poteva sperare di evitare di dire cose sbagliate che non onoravano Dio.

Ecco delle altre affermazioni che dovrebbero metterci tutti in guardia.

“Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente” (Proverbi 10:19).

“Chi sorveglia la sua bocca preserva la propria vita; chi apre troppo le labbra va incontro alla rovina” (Proverbi 13:3).

“La risposta dolce calma il furore, ma la parola dura eccita l'ira. La lingua dei saggi è ricca di scienza, ma la bocca degli stolti sgorga follia. La lingua che calma è un albero di vita, ma la lingua perversa strazia lo spirito” (Proverbi 15:1,2,4).

Chi crede che la sua idea, la sua proposta, il suo giudizio, la sua opinione, siano sempre i migliori e desidera essere sempre il primo a parlare è, secondo la Bibbia, uno stolto, uno stupido. Giacomo, nella sua lettera parla anche di questo: “Sappiate questo, fratelli miei carissimi: che ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira” (Giacomo 1:19).

In altre parole, ascolta prima di parlare, capisci le cose prima di parlare, sii lento, ragiona, calmo prima di parlare. Allora non ti arrabbierai e non dirai stupidaggini.

Un ultimo importante consiglio viene dall’Apostolo Paolo, nella sua lettera agli Efesini: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l'ascolta” (Efesini 4:29).
 
Il credente saggio desidera soltanto e sempre dire solo parole “buone” (belle, armoniose, attraenti), che possono “edificare” (costruire, fortificare la fede e la vita spirituale) e che conferiscono “grazia” (cioè la benedizione di Dio). Dovrà spesso bloccare le prime parole che gli saltano in mente, spesso fare attenzione a non permettere mai che le parole “cattive”, (giudizi e opinioni personali, che sono dettati solo dalla carnalità) una volta dette, lo mettono subito dalla parte del torto.
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martedì 11 giugno 2013

Basta parole dette “invano”



Pulisci il tuo vocabolario


“Guglielmo, cosa ne pensi delle parole e nomi che anche i credenti usano a volte inutilmente, o anche delle parole “pie” intercalate senza senso?”


Hai ragione, molti credenti parlano senza rendersi conto di ciò che dicono! Ho sentito dei credenti, forse più anziani, dire, come un sospiro alla fine di una frase: “Signore, Signore”, “Signore mio!” o anche “Dio, Dio”.

Forse, se uno domandasse loro perché lo fanno, direbbero che è una breve preghiera, e che invocano l’aiuto del Signore sulle persone o le situazioni di cui hanno parlato. Forse risponderebbero che hanno bisogno del Signore durante tutto il giorno e che chiamare il suo nome è un modo di ricordarselo.

Senza dubbio, è vero che il Signore è sempre vicino ai suoi figli e che, quando si rendono conto di averne bisogno, è giusto che lo invochino. D’altra parte, avrei personalmente paura che ciò che uno dice “spesso” potrebbe diventare un’abitudine ripetuta senza pensarci, non con l’intenzione di pregare il Signore, ma, piuttosto, un’abitudine e basta.

E questo modo di fare sarebbe infatti vietato dal comandamento di non usare il nome del Signore “invano”. Certamente uno usa il nome del Signore “invano” quando diventa soltanto un tipo di scaramanzia, quando si usa il nome di Dio come una parola magica, ripetendo spesso frasi tipo: “Signore, aiutaci!”, “Signore, abbi pietà!”, “il Signore, sia con noi!”.

Non è la frase che è sbagliata, se esprime un sentito bisogno, ma, piuttosto, usare il nome del Signore ripetutamente, senza veramente pensarci, lo è. Ciò potrebbe fare sospettare qualcuno che certe parole o frasi sono inserite spesso nelle preghiere o nelle conversazioni allo scopo di fare credere che la persona che lo fa sia molto “pia” e molto spirituale.

Per evitare questi errori e false impressioni, Gesù ha sentito la necessità di insegnare ai suoi discepoli: “Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate” (Matteo 6:7,8).

Un altro simile errore da evitare è quello di inserire nelle conversazioni, come espressioni di sorpresa, parole come: “Madonna!”, “Cielo!”, “Signore mio!”, “Dio mio!”, “Perbacco!”, “Per la Madonna!”, “Per Satana!”, “Mamma mia!” e tante altre che sono inutili e, a volte, sacrileghe.

Il Signore ci insegna come imparare ad evitare le frasi e le parole sconce, invitandoci ad essere più stringati e precisi nelle nostre conversazioni. Parlare bene richiede un’opera di pulizia edi ordine nel nostro modo di parlare, per non offendere Dio e per non macchiare la nostra testimonianza di figli di Dio.

Infatti, Egli ha detto molto chiaramente: “Ma il vostro parlare sia: «Sì, sì; no, no»; poiché il di più viene dal maligno” (Matteo 5:37).

Un versetto di avvertimento secco mi piace da molti anni. Eccolo: “Anche lo stolto, quando tace, passa per saggio; chi tiene chiuse le labbra (come abitudine o proponimento) è un uomo intelligente” (Proverbi 17:28).

Alla prossima: vedremo come possiamo cambiare vita e diventare saggi.
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martedì 4 giugno 2013

Linguaggio sconcio


Una nuova moda da condannare 

Sei mai sorpreso, dispiaciuto, offeso, spaventato dal linguaggio sporco che senti alla televisione? O, peggio, che tuo figlio porta a casa dalla scuola elementare? Dalle parole, una volta vietate nella “buona” società, che senti per la strada o nel supermercato?

Ultimamente, giornalisti e autorità hanno commentato sul turpiloquio che è diventato parte normale del discorso politico, un linguaggio che non aggiunge nulla alla conversazione né serve a chiarire argomenti più o meno difficili.

Alle volte qualcuno mi ha avvertito, spaventato, del linguaggio che ha sentito usare fra fratelli di chiesa e qualcuno mi ha riportato delle parole inappropriate dette dal pulpito, o in una riunione di giovani.

Giustamente, possiamo domandarci dove andiamo a finire. Meglio, forse, domandarci dove va a finire il mondo in cui viviamo. Come se la Bibbia non ce lo avesse già detto!

Una volta, le affermazioni, in cui era usato il nome di Dio o di qualche divinità o santo, servivano a rinforzare l’importanza o la solennità di ciò che si diceva. Poi, sono diventate invocazioni e giuramenti detti con leggerezza totale, soltanto per l’effetto, senza tenere conto del significato preciso di ciò che si diceva. Da qui son passate ad essere soltanto delle bestemmie, per maledire Dio per le cose che succedono nella vita umana.

Su questa strada, il linguaggio diventa sempre più facilmente, anche per chi non si rende conto di ciò che dice, farcito con imprecazioni, invocazioni dell’intervento di qualche potere, giuramenti, parole che si riferiscono a organi del corpo, a sostanze o avvenimenti esecrandi, che permettono che il 10, 20 o 50 per cento della conversazione sia fatta di parole sconce e totalmente inutili per la corretta comunicazione di un pensiero.

Eppure, alcuni possono credere che usare il nome di Dio come testimone a ciò che dicono, o come giudice se dicono il falso, sia un modo legittimo e corretto di esprimersi. Qualcuno può pensare che, per sembrare più coinvolti nella cultura giovanile, sia utile inserire nel suo discorso una parolaccia di moda fra i giovani, sentendosi giustificati dallo scopo di farsi ascoltare e apprezzare.

La Bibbia ci insegna, invece, le basi giuste per l’uso della lingua. Prima, parlando delle conversazioni dei credenti, Gesù ha comandato: “Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi far diventare un solo capello bianco o nero” (Matteo 5:34-36).

Perché non giurare? Gesù ci ha dato una risposta, che non è l’unica: noi dobbiamo dire normalmente e sempre la verità così che sia così ovvia a chi ci ascolta che non avrà bisogno di richiederci delle garanzie per confermare che le nostre parole sono sincere.

Gesù ha aggiunto al comandamento citato sopra questo avvertimento: “Ma il vostro parlare sia: «Sì, sì; no, no»; poiché il di più viene dal maligno” (Matteo 5:37).

Nella sua epistola, Giacomo, il fratello di Gesù e autorevole insegnante della chiesa a Gerusalemme, ha riconfermato le parole di Gesù per le chiese del Nuovo Testamento: “Soprattutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra, né con altro giuramento; ma il vostro sì, sia sì, e il vostro no, sia no, affinché non cadiate sotto il giudizio” (Giacomo 5:12).

Esaminiamo il nostro modo di parlare, o di sparlare, e martedì prossimo scriverò dei modi in cui tutti sbagliamo a volte.
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giovedì 16 maggio 2013

Tu sei unico. Non lo dimenticare!


Vale la pena scoprire il perché Chi sei tu?

Cos’hai di diverso da ogni altra persona che conosci? O in che modo sei diverso da ogni altra persona al mondo?

Per cominciare, potremmo dire che sei diverso da ogni altra persona al mondo perché non esiste nessuno che abbia le tue impronte digitali. Ma non è solo per questo. Nessuno al mondo ha gli occhi esattamente come i tuoi. Una foto dei tuoi occhi è tanto utile per identificarti fra tutte le persone nel mondo quanto le tue impronte.

Sei una persona unica, assolutamente unica. Non solo per il tuo aspetto, ma ancora molto di più per la tua personalità. La tua mente, i tuoi pensieri, i tuoi ricordi, i tuoi sentimenti e le tue emozioni fanno di te una persona come nessun’altra e non ne nascerà mai un’altra come te.

Ciò dimostra che non sei stato fatto da una macchina in una fabbrica, come le tue scarpe o il tuo orologio. E non sei neanche soltanto il risultato del caso, cioè un qualcosa composto da tanti elementi e tanto liquido messi in un bidone che qualcuno abbia poi agitato nel bidone per mezz’ora e abbia messo il risultato al sole perché diventasse solido.

Le montagne, i mari, gli animali e gli uccelli sono stati fatti da Dio, e per ogni cosa è bastata la sua parola: “Sia …!” e la cosa fu fatta. Per te, a differenza di tutto il creato, Egli ha deciso di farti “a sua immagine e somiglianza”, un privilegio che ti ha dato tante capacità di fare cose che gli animali non possono fare, e anche di parlare e spiegare i tuoi pensieri, i tuoi piani futuri, i tuoi sentimenti. Questi sono gli elementi della tua vita che fanno di te quello che sei, ma anche che ti danno piacere, soddisfazione e prospettive.

Tu hai mai considerato Dio nell’uso del tuo corpo, della tua mente, della tua forza, dei tuoi doni e capacità? Lo hai ringraziato? Gli hai chiesto mai la sua guida? Ti sei mai domandato se Egli ti approvava?

O ti sei mai domandato se Lui ha per te un piano, un progetto, più grande e più meraviglioso di quanto non hai mai sognato?

In generale, tutte le cose che noi uomini fabbrichiamo, o creiamo, hanno uno scopo. Le facciamo perché possano servire a qualcosa, a volte a qualcosa di molto importante per noi. Pensi che Dio sia tanto inferiore all’uomo, che non abbia pensato a te e al tuo futuro prima che sei nato? A come potevi usare il tuo corpo, la tua mente, la tua vita per farne qualcosa di molto bello e di valore?

Che tu sia credente o no, la domanda è ugualmente importante. Il fatto che Dio abbia deciso di farti diverso da qualsiasi altra persona sul pianeta, e con tante capacità e conoscenze che gli animali non hanno, vuol dire che è importante che tu cerchi la risposta a questa domanda: “Perché esisti?”. Dove cercarla se non nel libro che Egli ha fatto scrivere in parole e frasi che tu puoi capire? Cioè nella Sacra Bibbia.

Ricorda che tu esisti per un motivo preciso e importante. Non trascurare le possibilità che Dio ti ha donato. Vorrà farti sapere perché esisti? Credo proprio di sì.
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martedì 30 aprile 2013

Cittadini perfetti in paesi ingiusti


Una possibilità da non perdere

I governi umani sono sempre deludenti.

Tutti vorrebbero un governo onesto, ma gli uomini di governo sono spesso disonesti.

Tutti vorrebbero un governo che li aiuti, ma gli uomini di governo spesso usano qualsiasi livello di autorità che possiedono prima di tutto per aiutare se stessi.

Il fatto che tutti i governi arrivino al potere attraverso compromessi e accordi presi di nascosto non è una bella speranza per il futuro. Eppure, non abbiamo né uomini né speranze migliori. Dobbiamo accettare e sperare in quelli che abbiamo.

Il governo romano era universalmente riconosciuto e rispettato per la sua efficienza e per la giustizia delle sue leggi. Eppure, il Nuovo Testamento ci permette di vedere, o intravedere, l’esistenza di corruzione, ingiustizia, adulazione, gelosia, immoralità e crudeltà nelle persone che lo rappresentavano.

Come avrebbero dovuto comportarsi i credenti del primo secolo per contribuire positivamente alla buona riuscita del proprio governo, quando si trattava di governi controllati da uomini che non conoscevano Dio e che non lo ubbidivano? Esattamente come dovremmo comportarci noi, che viviamo sotto la guida e controllo del governo romano moderno.

È possibile che noi possiamo cambiare qualcosa?

In primo luogo, bisogna pregare per ogni persona nel governo, dal Presidente della Repubblica all’ultimo operatore ecologico. Anche se si teme che egli potrebbe non conoscere Dio e non cercare di ubbidirgli, il credente deve pregare che faccia onestamente e correttamente tutto ciò che la sua posizione richiede. Quale effetto positivo sul governo potrebbero avere tutti i credenti di un paese se pregassero giornalmente e specificamente, come l’apostolo Paolo ha insegnato, per ogni persona in autorità.

In secondo luogo, ogni credente dovrebbe obbedire volontariamente e pienamente ad ogni legge e dovere che lo tocca come cittadino, dando così un buon esempio a tutta la nazione. Anche se ciò non causasse nessun altro a cambiare atteggiamento e pratica, e anche se dovesse soffrire delle ingiustizie a motivo della sua lealtà, soltanto con questo impegno ogni credente potrebbe contribuire al bene della sua patria e alla testimonianza alla verità di ciò che crede.

Siamo in un periodo di grande incertezza e di grandi combattimenti politici. È il momento in cui ogni credente deve non fare parte dei problemi, non limitarsi a criticare chi cerca di migliorare la situazione, ma agire da cittadino di una patria celeste e perfetta, mentre si riconosce cittadino provvisorio e temporaneo del paese in cui abita.

È un’occasione che non dobbiamo perdere!
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martedì 23 aprile 2013

Tutti hanno qualche segreto inconfessabile


Un vero amico ti potrà aiutare

Hai, nella tua vita, un segreto che non vorresti mai rivelare a nessuno?

Veramente, tutti ne hanno. Cose che hanno fatto quando erano bambini, o giovani. O anche come adulti.

Cose di cui si vergognano. O che fanno paura, perché porterebbero ancora oggi dei risultati pericolosi, se qualcuno le venisse a sapere.

Hai mai rivelato a un amico i tuoi segreti? A volte è un grande sollievo potere confessare a qualcuno una cosa che pensavi di non rivelare mai a nessuno. Finalmente scopri qualcuno di cui hai fiducia. Ma, quale garanzia hai che quello, un domani, non diventi un tuo nemico e non racconti i fatti tuoi?

C’è una sola persona a cui potresti raccontare tutto e che non ti tradirà mai. L’ha trovato prima di te il Re Davide. Egli scrisse: “Tu mi hai esaminato e mi conosci… tu mi scruti… conosci a fondo tutte le mie vie” (Salmo 139:1-3). Ti rendi conto che anche tu sei stato esaminato in ogni piega della tua vita, scrutato in ogni segreto, conosciuto fino in fondo?

Ovviamente, la persona di fiducia che Davide aveva trovata è Dio. Infatti, Davide non ha neanche dovuto rivelargli i suoi segreti, perché Dio lo aveva già da tempo esaminato, scrutato, conosciuto a fondo. Come ha fatto anche con te.

Per quanto ti possa dispiacere, dare fastidio, o, forse, anche fare paura, non esiste un momento, un pensiero, una parola, un’azione della tua vita che Dio non conosce totalmente. Non sa solo cosa hai fatto e detto, ma anche perché l’hai fatto. Non conosce solo tutti i dettagli di ciò che hai fatto, ma conosce anche le cose che hai pensato o desiderato fare, ma che non hai fatto.

“Basta! Sono fatti solo miei” dici? Dio esamina la tua vita e conosce i fatti tuoi non perché vuole condannarti e punirti, ma perché ti ama. Egli sa, molto meglio di te, quali siano le cose nella tua vita che ti fanno soffrire, quali cose ti portano male e quali cose ti porterebbero bene.

La sua relazione di apertura, di limpidezza, di sincerità con Dio non ha rovinato Davide, ma l’ha liberato dalle sue paure, dal suo senso di colpa, dalle calamità che si era tirato addosso. Egli scrisse: “Davanti a te ho ammesso il mio peccato. Ho detto: Confesserò le mie trasgressioni al Signore. E tu mi hai perdonato l’iniquità del mio peccato” (Salmo 32:5). Dio vuole sentire dalla tua bocca tutto ciò di cui vorresti essere liberato e perdonato. Ti sembra difficile? Eppure è l’unico modo per esserne liberato.

Quale pace! Quale trasformazione c’è stata nei sentimenti di Davide. La sua gioia divenne senza limiti: “Beato, felice, l’uomo a cui la trasgressione è perdonata e il cui peccato è coperto” (Salmo 32:1).

Tu puoi sapere con certezza che i tuoi segreti non sono segreti per Dio. Egli ti conosce come nessun altro. Vede e sa tutto.

Tu puoi sapere con certezza che i tuoi segreti e i tuoi peccati possono essere perdonati e “coperti” per sempre. Tocca a te, comunque, rispondere all’appello di Gesù.

“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi darò riposo. In verità, in verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Matteo 11:28, Giovanni 5:24).

Dio vuole rimuovere e coprire tutto ciò che ti fa paura e vergogna.
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mercoledì 3 aprile 2013

Mille volte meglio!


Non parlare di tristezza, ma di gioia

È proprio strano che più o meno la stessa percentuale di persone che evita di parlare dell’inferno, dimostra perfino una certa difficoltà a parlare del paradiso.

Come mai? Forse perché anche il paradiso ricorda la realtà della morte che è, come ho scritto la settimana scorsa, “il re degli spaventi”. Parlare della morte, se non porta proprio alla paura, porta certamente al fastidio. “Lasciamo perdere” dicono le persone più per bene.

I primi cristiani non la pensavano così. Perché avevano una certezza che trasformava la loro vita. La morte non era la fine! L’inferno non era il loro destino. La loro vita, dopo la morte, sarebbe stata mille volte migliore di quella sulla terra.

Gesù disse al ladrone accanto a lui sulla croce: “Oggi tu sarai con me in paradiso”.

Gesù disse alle sorelle di Lazzaro, morto da pochi giorni: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me non morrà mai!”

Prima della propria morte, Gesù disse ai discepoli: “Io vado a prepararvi un luogo… tornerò a portarvi con me… dove sarò io sarete anche voi!” 

È ovvio che l’apostolo Paolo ci credeva, quando ha scritto: “Partire e essere con Cristo… è cosa di gran lunga migliore!” Molto meglio che vivere sulla terra. Molto meglio delle più belle gioie e soddisfazioni della vita terrestre.

Paolo era gioioso e soddisfatto di servire Dio per portare agli uomini le benedizioni di Dio, eppure ha scritto: “Per me il vivere è Cristo (bellissimo) e il morire guadagno (ancora incredibilmente più bello). La morte non era il “re degli spaventi” per lui né per nessuno dei cristiani del primo secolo, ma era un guadagno! Ti piace guadagnare? Sì? Anche a me.

Perché tanta gioia? Gioia di morire? Non era la morte quella di cui si rallegrava, ma della certezza che ha descritta così: “Assente dal corpo, presente col Signore!” La morte era il passaggio che durava un momento solo, la presenza col Signore era l’eternità nel luogo meraviglioso che Cristo gli aveva preparato. Preparato per lui, ma anche per me. Per me e per ogni vero cristiano. Ci pensi? Ci credi?

Ti rende gioioso? Se no, sarà perché ci pensi troppo poco. Non conosci i passi meravigliosi della Bibbia che lo descrivono. Non hai forse pensato che, per quanto bella e soddisfacente sia la tua vita sulla terra, Dio ti ha creato non per la terra ma per il cielo? Quello è la tua patria, il tuo destino.

Ma non per stare eternamente a suonare l’arpa e cantare inni. Non per passare l’eternità in pia e solenne noia. Per gioire, conoscere, vivere una vita di nuove esperienze, nuovi piaceri, nuove verità che non puoi ora neanche immaginare.

Non avere paura a parlare della morte. Non temere ciò che non conosci, perché tu conosci una Persona. Gesù, che è andato avanti a prepararti un posto esattamente adatto a te, al tuo carattere, ai tuoi doni, alle cose che sulla terra hai visto solo da lontano.

Parliamo della morte. Parliamo della vita eterna. Rallegriamoci. Se non siamo contenti e allegri di andare a passare l’eternità col Signore nel luogo meraviglioso che ci ha preparato, è evidente che la nostra testimonianza per lui convincerà poche persone.

Pensaci. E studia ciò che la Bibbia insegna sul tuo futuro.
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giovedì 28 marzo 2013

Dio esiste ed è perfettamente giusto


Sai con quale atteggiamento ti osserva? 

Un’amica di mia moglie ci ha scritto: “Gli italiani hanno paura della morte!”. Mi sembra una verità banale. Finché non capita a qualcuno che ami. Allora la banalità sparisce e il fatto diventa grave. 

Non c’è assolutamente niente di strano se la morte ti spaventa. Nella Bibbia, un amico di Giobbe la chiama “il re degli spaventi” (Giobbe 18:14) e dice che l’uomo che muore “è scacciato dalla luce nelle tenebre, è bandito dal mondo” (v. 18). Nel libro dei Proverbi, dell’Antico Testamento, l’autore scrive: “Quando un empio muore, la sua speranza perisce” (Proverbi 11:7). 

Molte cose contribuiscono a questa paura: l’incertezza della vita e la morte improvvisa, le malattie e le sofferenze che spesso l’accompagnano, la perdita di ogni affetto, di ogni cosa preziosa, l’ignoto, il giudizio che la segue.

Molta gente trova rifugio nella convinzione sbagliata che gli uomini muoiono come le bestie, e che, poi, non esistono più. Sono annientati per sempre. 

Ma ciò è un rifugio che spesso crolla, anche per il più convinto ateo, quando si trova a poche ore o minuti dalla morte e chiede l’aiuto di un prete e l’assoluzione dei suoi peccati. 

Sarà la fine di un debole o di uno sciocco? Niente affatto! Tutti gli uomini del mondo, di tutti i popoli e culture, credono e hanno sempre creduto che gli uomini continuano ad esistere dopo la morte. L’ateo insegna che questo fatto dimostra solo che l’uomo sogna e desidera che la sua vita non finisca alla morte. Per loro, non si tratta di una realtà, ma di un sogno. 

Ma la Bibbia dice che Dio ha “perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità” (Ecclesiaste 3:11). La credenza universale in un’esistenza dopo la morte non è un sogno ma uno dei pensieri universali che Dio ha messo nel cuore dell’uomo. Con l’ingresso del peccato nel mondo, e attraverso tutti i secoli che l’hanno seguito, non è strano che gli uomini in generale hanno creato tanti miti assurdi per descrivere ciò che avviene alla morte e dopo la morte. L’origine di questo pensiero, però, non è un sogno o una vaga speranza, ma una rivelazione di Dio stesso. Una verità. 

“È stabilito che gli uomini muoiono una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Lettera agli Ebrei, 11:27). Ecco il punto che gli atei e tutte le persone che cercano di inventarsi una religione propria rifiutano rumorosamente. Non è la morte in sé che rifiutano, né la possibilità che ci sia l’esistenza dopo la morte, ma ciò che completa questa verità. Che esistano delle leggi morali che saranno giustamente applicate alla vita di ogni essere umano da un Dio potente, giusto e amorevole

La Bibbia afferma che tutti gli uomini sono venuti meno nella loro ubbidienza alle leggi che esistono proprio per il loro bene e, spesso, si sono comportati anche da ribelli sprezzanti. Tutti gli uomini, di qualsiasi nazione o religione, hanno ricevuto, attraverso i loro più sensibili ricettori, che formano la coscienza, sottili avvertimenti della loro posizione di colpevolezza davanti a Dio. 

Niente di strano se usano la loro intelligenza e la loro intransigenza per insistere che Dio non esiste o che, se esiste, non abbia niente a che fare con la loro vita o il loro futuro. Dicono, e forse ci credono, avendo fatto tacere la loro coscienza, che non hanno alcun tipo di paura davanti alla morte. Ma Gesù ha detto, prima di ritornare in cielo, che lo Spirito di Dio sarebbe venuto nel mondo dopo la sua partenza, e che una delle sue attività, in campo spirituale, sarebbe stata la convinzione di tutti gli uomini della terra di tre verità. Esse sono: “Il peccato, la giustizia e il giudizio” (Giovanni 16:8). 

Che vuol dire? Il “peccato”, di cui lo Spirito di Dio convince ogni uomo, è il male, la trasgressione della legge di Dio. Ogni uomo trasgredisce la legge di Dio: “tutti hanno peccato” ha scritto l’Apostolo Paolo (Lettera ai Romani, 3:23). 

La “giustizia”, invece, è la certezza che la differenza fra il bene e il male, che ogni essere umano riconosce, sarà evidente e inevitabile dopo la morte, come affermato sopra, nella citazione della Lettera agli Ebrei, nella Bibbia. 

Il “giudizio”, la terza verità riguardo alla quale lo Spirito di Dio convince ogni essere umano, è che la giustizia di Dio non permetterà che nessuno scampi al giudizio assolutamente giusto. Perciò, il peccato commesso dovrà essere punito, secondo la perfetta giustizia, senza eccezione. E l’onnipotente Dio ha tutto il potere necessario per mettere ad effetto in ogni dettaglio la sua sentenza di giudizio e di morte per ogni essere umano che ha trasgredito la sua legge.

Qui c’entra la terza qualità divina, che ho elencato sopra, chiamando Dio “potente, giusto e amorevole”. Dello straordinario amore di Dio verso ogni uomo, scriverò la settimana prossima. 
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martedì 19 marzo 2013

Dove cade l’albero, là rimane


Ma chi devo sposare?

L’incertezza su cosa fare e la paura di sbagliare sono un freno, una barriera ad ogni tipo di impegno. Anche tu ti sei trovato spesso, come me, impantanato in questo problema.

Sai, è un problema che gli uomini affrontano da migliaia di anni. Perfino la Bibbia ne parla. “Se un albero cade verso il sud o verso il nord, dove cade, là rimane. Chi bada al vento non seminerà; chi guarda alle nuvole non mieterà” (Ecclesiaste 11:3,4).

Facilmente, la preoccupazione per le condizioni del tempo, sia nella stagione della semina, sia al tempo della mietitura, poteva confondere e impedire il lavoro del contadino.

Nella nostra vita, nella nostra famiglia, nel nostro lavoro, avvengono tante cose che non possiamo né prevedere né tanto meno evitare. Sono come gli alberi menzionati nel proverbio citato più sopra, che improvvisamente cadono.

Sono avvenimenti per cui non ci eravamo preparati e che cambiano tutto. Vediamo che la vita è incerta e che i pericoli esistono e abbiamo paura. Ma, questa possibilità di pericolo vuol dire che non dobbiamo uscire di casa e percorrere la nostra strada? Potrebbe cadere lì un albero, ma, finora, non è mai successo.

Molte persone reagiscono così: spaventate, bloccate, incapaci di decidere di andare avanti. Ma neanche di tornare indietro. E non hanno il coraggio di cercare un’altra strada!

Così non accettano un lavoro, che non è precisamente ciò che sognavano. Non frequentano una scuola se temono di non essere all’altezza. Non sposano la persona di cui si credono innamorati, perché qualcuno ne ha fatto notare loro un difetto.

Vorrebbero poter prevedere il futuro, ma non è possibile. Come afferma il proverbio citato sopra: “Chi bada al vento non seminerà; chi guarda alle nuvole non mieterà”.

Se uno sta sempre ad osservare il vento, e teme che possa tirare forte per impedire il suo lavoro, non andrà mai a seminare il grano! Se uno sta sempre a guardare le nuvole per trovare il momento perfetto per mietere il suo grano, senza nessun pericolo di pioggia, non mieterà mai!

Ma, come si fa, allora, a non cadere in qualche trappola, a non precipitarsi in qualche pericolo? Esistono veramente molti pericoli che non si possono prevedere ed evitare.

L’autore del libro dell’Ecclesiaste scrive ancora: “Come tu non conosci la via del vento… così non conosci l'opera di Dio, che fa tutto” (Ecclesiaste 11:5).

Al di sopra dei venti e dei pericoli, esiste una Persona onnipotente, l’Iddio “che fa tutto”!. Lo conosci? Cerchi di avere una giusta relazione con il tuo Creatore? Sei diventato un suo figlio? Leggi e mediti la sua rivelazione (la Bibbia), per imparare le sue istruzioni sul lavoro da scegliere e la persona da sposare? I principi pratici e spirituali che la Bibbia ti insegnerà, come risultato della tua sincera ricerca e meditazione, potranno diventare una base solida per risolvere i tuoi problemi e scegliere la tua strada di ubbidienza e sottomissione a Lui.

Non te ne pentirai!
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martedì 12 marzo 2013

Ma cosa avranno avuto da dirsi?


Una riunione durata cinque ore

Nei nostri 57 anni di matrimonio, abbiamo tenuto in casa nostra centinaia, se non migliaia, di incontri a fondo spirituale e biblico, ma mai prima uno come l’ultimo.

C’eravamo Maria Teresa ed io, più nostra figlia e suo marito, i nostri tre figli maschi, con le loro mogli e 5 dei nostri 12 nipotini. Insomma, strettamente un incontro di famiglia, tutti credenti.

Si trattava di sedici membri della nostra famiglia, dai 6 agli 88 anni di età, ed è durato circa cinque ore. Ovviamente, con intervalli.

Che noia, penserete. Cosa avrete fatto? Come vi siete occupati?

Per prima cosa, ci siamo rallegrati di essere insieme. Due figli e mogli erano arrivati dagli Stati Uniti. Una famiglia da Milano e un’altra da Zurigo. Come gruppo, era da qualche anno che non eravamo stati tutti insieme in una volta sola.

Erano arrivati per stare alcuni giorni con Maria Teresa e con me; con lei perché non è stata bene, con me, perché avevo avuto un compleanno pochi giorni prima.

Non posso raccontarvelo tutto, ovviamente, ma è importante capire il significato del nostro tempo con il Signore, nel canto, nella preghiera, nella lettura della sua Parola e nel ricordare la sua grazia e le sue benedizioni nella nostra vita di famiglia.

Sapevamo che, date le distanze e gli impegni di ciascuno, e l’età di noi due nonni, non sarebbe stato molto probabile che ci saremmo incontrati spesso, se non mai più, di nuovo così. Ciò ha aggiunto un sapore dolceamaro alle cose che abbiamo fatto e detto, rendendo ogni cosa più importante e preziosa.

Una parte della giornata è passata cantando, con l’aiuto di Stefano e la chitarra. Cantici dell’innario cristiano, cantici da Scuola domenicale e dei campeggi a Isola del Grande Sasso. Canti felici. Canti solenni. Canti di testimonianza, di ciò che il Signore ha fatto per noi e in noi. Canti di fede e di certezza per il futuro. Canti di bambini: “Dalla nascita del sole… fino al suo tramonto, vorrò… lodare il Signor, con tutto il cuor…”

E, poi, sparse durante il giorno, con l’aiuto di tutti, letture della Bibbia che avevano un significato importante per qualcuno dei presenti, e commenti sulla fiducia, la gioia, la fede, la certezza, la fedeltà di Dio, come la Bibbia le descrive e come le abbiamo vissute nella nostra vita.

Poi, tante testimonianze e ricordi della nostra famiglia, dalla nascita dei primi gemelli, fino alla nascita dell’ultima dei nostri nipoti. Quante volte Dio ha esaudito le nostre preghiere, quante volte ha risposto alle nostre richieste, quante volte ha provveduto per i nostri bisogni, quante volte ha usato uno o l’altro di noi per aiutare qualcuno spiritualmente o praticamente.

Dopo le prime due ore, abbiamo interrotto il tutto per pranzare. Ma con la richiesta di tutti di continuare al pomeriggio. E così abbiamo fatto, per altre tre ore! Più canti, preghiere, ricordi, ringraziamenti a Dio, più lagrime e risate. Era un giorno che non desideravamo che finisse.

E, finalmente, dopo una torta in mio onore, abbiamo dovuto separarci. Ma, nei giorni successivi, quanti ricordi e quante benedizioni ci sono stati nel ripensare a quella giornata!

Siamo convinti che non dimenticheremo mai, finche saremo in vita, quanto è stata importante per ognuno di noi quella giornata di unità familiare nel ringraziamento e nel godimento della vita cristiana, delle benedizioni, gioie e doni che Dio ha sparso tanto copiosamente e immeritatamente su di noi. In un lasso di oltre sessanta anni. In tanti viaggi e esperienze in più parti del mondo.

L’unica cosa che potrà superarlo, e lo supererà di molto, sarà la gioia che proveremo quando ci incontreremo tutti insieme alla presenza di Dio e del nostro Signor Gesù, quando questa vita sarà conclusa.

Tutti insieme vi auguriamo la stessa gioia e lo stesso destino.
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martedì 5 marzo 2013

I bambini sono spesso incontentabili


Forse tu sei come uno di questi bambini

Ballare, non volevano, ma neanche piangere. Gesù ha descritto così un gruppo di bambini incontentabili.

Due giochi dei bambini nei villaggi ai tempi di Gesù erano ballare, se qualcuno suonava il flauto, o fare finta di piangere se gli altri cantavano un canto funebre.

Nei vangeli Gesù ha raccontato questa piccola storia dei bambini incontentabili per fare capire che, in verità, i capi religiosi erano così. Qualunque cosa Gesù facesse, secondo loro, non andava mai bene.

Erano esattamente come la gente di oggi: si critica tutto e tutti, i vicini di casa, i politici, la salute pubblica, i commercianti.

 Purtroppo, è così anche nelle chiese. La gente insoddisfatta a casa e al lavoro, porta le sue frustrazioni personali nelle chiese, causando grande disturbo e confusione e, soprattutto, offendendo Dio. Tu fai così?

Invece di criticare chi predica o perché la tira troppo in lungo, o usa parole troppo difficili, o non si capisce cosa vuol dire, o ha la moglie e i figli che sbagliano pure loro, ti propongo una soluzione. Puoi usare il tuo tempo, anziché a criticare, a pregare per lui e per la sua famiglia. E ricorda che spesso, quando la gente dice che prega per qualcuno che ha criticato, non prega affatto. Soltanto, invece di criticarlo coi parenti o con altri fratelli, lo critica davanti a Dio. E lo chiama pregare! Tu fai così?

Certa gente crede di avere tanta ragione e di essere tanto nel giusto, da avere il diritto di criticare gli altri. Al contrario, chi critica non è MAI nel giusto, anche nel caso che le sue critiche siano giuste e rispondano a verità. Non è mai nel giusto perché Dio ha comandato di amarci gli uni gli altri, e non ha mai comandato di criticarci gli uni gli altri. Tu fai così?

Secondo Gesù, chi critica è cieco, presuntuoso e orgoglioso. “Quando l’ha detto?” mi domandi. L’ha detto quando ha affermato che chi critica un altro, fa tante storie per un bruscolo che è nell’occhio del suo fratello mentre non si rende conto, o nega, di avere una trave nel proprio occhio. Tu fai così?

In questi casi, sono la chiesa di Gesù Cristo e la sua testimonianza alla gloria di Dio quelle che ci vanno di mezzo, perché le critiche sono una delle cause della debolezza della chiesa e della mancanza di unità dei credenti. Perché? Perché Gesù ha insegnato che il mondo riconoscerà le origini sovrannaturali della chiesa quando vedrà quanto i fratelli si amano fra di loro. Ma non ha mai detto che il mondo riconoscerà le origini e la potenza spirituale della chiesa quando si renderà conto di quanto i credenti siano capaci di criticarsi fra loro. Tu fai così?

La trasformazione positiva di una chiesa e la sua purificazione non cominciano quasi mai dal ravvedimento di tutti i suoi membri e dalla santificazione del corpo intero. Allora è una causa già perduta? Cosa fare? Semplice.

Gesù ha insegnato che Dio ascolta e esaudisce le preghiere anche di una persona sola, se questa entra nella solitudine della sua cameretta e prega in segreto, con umiltà e perseveranza, proprio per l’opera che Dio vuole fare. La trasformazione di una chiesa può avvenire senza liti e prediche infiammate. Se tu pregherai fedelmente, Egli farà il resto. Egli convincerà un altro fratello a cominciare a pregare per la stessa cosa. Poi, un altro e un altro ancora. E ogni fratello che prega comprenderà che il risveglio deve cominciare da lui. Confesserà i suoi peccati, il suo orgoglio e il suo spirito di giudizio e di condanna e li abbandonerà. Tu fai così?

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martedì 26 febbraio 2013

Il fuoco del giusto giudizio


L’ha scampato quasi per sbaglio

“L’ha scampato per il rotto della cuffia!” L’hai mai sentito dire?

Il detto popolare, “cavarsela per il rotto della cuffia”, vuol dire scamparla per un pelo, cavarsela in qualche maniera e con fortuna. Si riferisce ad un gioco dei cavalieri del medioevo in cui l’eliminazione dal gioco avveniva se il cavaliere fosse colpito dal braccio di un fantoccio girevole che egli aveva appena colpito con la lancia.

Si salvava dalla sconfitta, in questo caso, evitando il colpo del fantoccio solo di millimetri.

Ma mi pare che l’apostolo Paolo abbia usata una frase simile per descrivere certi credenti. Sono quelli che, per la loro debolezza, pigrizia, trascuratezza o, forse, ignoranza, arriveranno in cielo appena appena.

Ma, come è possibile? La salvezza non è un dono, basato sull’opera perfetta di Cristo, che con la sua morte ha pagato completamente per ogni peccato commesso dal credente? Non è giusto chiamarla una salvezza abbondante, generosa, il dono perfetto e completo di Dio? Sì, senz’altro. Allora?

Nella sua prima lettera ai Corinzi, Paolo scrive di credenti che saranno salvati, “però come attraverso il fuoco”.

La Chiesa romana ha abbracciato la facile, e falsa, interpretazione della frase, come se dicesse che i cristiani arriveranno in Paradiso solo dopo essere passati attraverso le fiamme del purgatorio. Alcuni meriteranno, per i loro peccati, le fiamme molto più calde, e che durano molto di più, di altri. Ecco la salvezza “come attraverso il fuoco”. Una follia non biblica.

L’apostolo, comunque, non voleva dire che la pienezza della salvezza non sia un dono immeritato, né che ci vorrebbero delle fiamme per purificare i peccatori più colpevoli. Nessuno arriverà in cielo solo “per il rotto della cuffia”, perché ha peccato troppo o sofferto troppo poco.

Comunque, l’avvertimento dell’apostolo Paolo è serio, importante e rilevante: alcuni credenti potranno arrivare in Paradiso distinguendosi da altri, proprio per colpa loro. Sarà evidente che la loro vita cristiana sia stata in qualche modo mancante. Sarai tu uno di questi?

Paolo scrive di credenti che sono stati salvati per l’opera perfetta di Cristo, ma che hanno vissuto la loro vita cristiana senza badare a come stavano svolgendola. La loro vita, fatta di esperienze, di anni di lavoro e di responsabilità, sarà stato vissuta principalmente per raggiungere le mete umani e materiali comuni a tutta la società umana materialista. Il benessere, la buona reputazione, i riconoscimenti umani, saranno stati i materiali che hanno considerati “pregiati” e utili per costruire l’edificio della loro abitazione celeste.

L’apostolo Paolo, invece, considera le cose che gli uomini stimano e cercano, come fossero soltanto legno, fieno e paglia, che saranno tutti scartati e eliminati, cioè “bruciati”, sotto il giudizio di Dio. Della loro vita e delle loro fatiche non resterà nulla da offrire in dono di riconoscenza al loro Salvatore.

Si troveranno davanti a Lui, certamente salvati per grazia, ma senza alcun elemento della loro vita che lo onori e glorifichi come il loro divino architetto e maestro. Quando i loro rifiuti inutili saranno bruciati, si troveranno a mani vuote davanti a chi ha donato la sua vita per loro. Salvati per il rotto della cuffia.

Paolo scriveva di te?

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martedì 19 febbraio 2013

Gli anni continuano a passare


86 sono tanti, eppure… 

Gli anni passano, si dice. Ma, hai mai visto un anno di passaggio? Io no.

Quando i nostri ragazzi erano a casa, la loro festa consisteva nella possibilità di ordinare il pranzo che preferivano per il giorno del loro compleanno. Dal primo al dolce. Ci tenevano tanto ma, a dire il vero, erano molto abitudinari. Mai un minimo cambiamento da un anno al prossimo.

I tre ragazzi e la loro sorella crescevano in età e statura, ma non cambiavano i loro gusti. Chissà perché?

Come l’Anno Nuovo, che comincia, volente o nolente, il 1 gennaio, ogni compleanno capita sempre, anno dopo anno, nella stessa data. Oggi è l’86.mo che mi tocca e qualche differenza fra il sesto, il trentaseiesimo e quello di oggi c’è.

Al sesto compleanno abitavo ancora con i miei genitori credenti in un villaggio nello stato americano del Michigan. A Febbraio c’era sempre un bel po’ di neve e uscire con lo slittino, bagnarmi fino alla pelle e tornare in casa intirizzito e mezzo stecchito erano le mie gioie più grandi. A sei anni avevo già capito dall’insegnamento dei miei genitori che Dio mi amava e che Gesù era morto per me sulla croce. Non lo capivo del tutto (e neanche adesso), ma mi dava una bella sensazione di calore l’idea che, piccolo com’ero, il grande Dio mi amava.

Al mio trentaseiesimo compleanno, ero sposato da sei anni con Maria Teresa, ero padre di quattro bambini, e abitavo a Roma. Eravamo coinvolti nella vita spirituale di una piccola comunità di credenti, che si incontravano nella Sala evangelica di via Prenestina. Maria Teresa ed io insegnavamo la Bibbia nella Scuola domenicale, con i nostri figli e gli altri ragazzi dei credenti. Eravamo pieni di idee, di entusiasmo e di forza e sembrava che non ci saremmo potuti fermare mai.

Oggi, per il mio ottantaseiesimo compleanno, avremo intorno a noi tutti e quattro i nostri figli, tornati da diversi parti del mondo, mentre i loro 12 figli sono tutti sparsi, in diversi gradi di studio, dalla scuola elementare all’università e corsi di specializzazione.

Quale gioia e quale esperienza guardare indietro con un po’ di incredulità e renderci conto, solo in parte, delle tante benedizioni di cui il Signore ci ha riempiti, della sua grazia, pazienza, amore, correzione e gioia che ha riversato in proporzioni appropriate, sempre al momento giusto, nella nostra vita.

Come dice spesso Maria Teresa: “Vogliamo provare altri 57 anni di matrimonio e di servizio per il Signore?”. Ma, siamo un po’ rallentati nei nostri movimenti, e non vediamo nel nostro futuro altri 57 anni di vita sulla terra. Ma accetteremo con gioia ogni singolo giorno che Dio ci darà.

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martedì 12 febbraio 2013

Un’altra poltrona da riempire


Ecco la “buona novella” 

Certo, i candidati alle poltrone sono centinaia. La politica ha superato in queste settimane ogni altro argomento sulle TV e nei negozi. Ci va di mezzo il nostro futuro. 

Ora, ci si mette pure Benedetto XVI, dimettendosi e lanciando un’altra corsa alla poltrona. 

È vero, occupare il trono di S. Pietro è un po’ di più che diventare membro del Consiglio regionale del Lazio e, per dire la verità, anche quanto a importanza sulla scena mondiale, è più che diventare primo ministro d’Italia. 

È vero, comunque: anche i Papi vanno e vengono. Ne ho visti diversi finire (di solito con la morte, ma per uno si mormorava anche di omicidio), mentre poi, un altro prendeva il suo posto. A dirla tutta, la gente ha gridato tanto per salutare il nuovo Papa quanto hanno pianto per salutare il dipartito. Alla gente piacciono le feste, qualunque sia la ragione per cui avvengono. 

Al Papa attuale, posso augurare ancora lunga vita. Infatti ha esattamente la mia età. Ma non importa quanto sia lunga la vita, nessuno riesce a evitare il prossimo passo, che è la morte. 

Ricordo, infatti, la morte di alcuni papi e i racconti giornalistici degli sforzi per portare al loro capezzale le reliquie che potevano dare loro una spinta verso il Paradiso, nonostante il fatto che, in vita, fossero chiamati “Il Papa buono”, o che si gridasse, alla loro morte, “Santo subito”. 

Rimaneva sempre il dubbio, secondo la dottrina cattolica, che avessero dei peccati per cui meritavano di passare del tempo nel purgatorio fra le fiamme e nel pianto. Mentre si sperava che la morte di Cristo bastasse per pagare la pena spirituale dei loro peccati, si credeva altrettanto che solo la loro sofferenza personale potesse pagare la colpa mortale e carnale che avevano accumulata. 

Mi sembra che sia una religione crudele quella che insiste che il Successore di S. Pietro, o addirittura il Vicario di Cristo, non possa trovare nella salvezza per cui Cristo è morto e nel suo trionfo della risurrezione, una speranza di salvezza immediata. Non esiste in tutta la Bibbia un minimo accenno alla necessità che l’uomo salvato debba, nonostante l’opera di redenzione perfetta compiuta da Cristo, soffrire e pagare qualcosa a chi trova ancora un debito sul suo conto (Dio o Satana, secondo le credenze). 

Gesù ha detto con parole chiare, secondo il Vangelo di Giovanni, che chi ascolta la sua Parola e crede in Colui che l’ha mandato come Salvatore, non verrà in giudizio (non avrà alla morte nessun debito da pagare), ma passerà dalla morte direttamente alla vita. È questa la meravigliosa “Buona novella” del Vangelo. 

È un vero peccato che il Papa non conosca o non creda a questa parola biblica.
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martedì 29 gennaio 2013

Dalle elezioni non uscirà



Il capo che tutti aspettano e sognano

La ricerca continua: sarebbe bello identificare e arruolare il “salvatore” della Patria. Ma chi mai potrebbe essere?

Due ostacoli si ergono davanti a chi crede e professa di avere la capacità di salvarci. Primo di tutti, i problemi (economia, lavoro, tasse, istruzione, salute, difesa, criminalità, per ricordarne soltanto alcuni). Sono problemi così grandi e complicati che nessuno è capace di risolverli tutti in modo soddisfacente.

Secondo problema, gli uomini. Gli individui di cui il governo si può servire, che sono spesso disonesti, profittatori, incapaci, schiavi dei propri vizi e difetti.

Sarebbe più saggio, forse, aspettare un “salvatore” da Marte, dalla luna o da qualche altro posto, lontano dai problemi e dai limiti della terra?

Difatti, senza credere ai marziani o a Star Trek, sono convinto che soltanto qualcuno che appartenesse ad una realtà al di là del nostro pianeta potrebbe salvarci.

Nella Sacra Bibbia, nel libro dell’Apocalisse, appare una persona che si chiama “Re dei re e Signore dei signori”. È un titolo che nessuno sulla terra ha mai, finora, potuto onestamente attribuirsi. I diversi imperatori e dittatori del passato non soltanto non hanno potuto pretendere di regnare su tutta la terra, ma non hanno mai regnato senza battaglie, ribellioni e nemici stranieri che non sono riusciti a vincere. Il più grande loro difetto, però, è che, anche se avevano delle mete buone,sono morti prima di raggiungerle.

Del personaggio nominato nell’Apocalisse è scritto che “giudica e combatte con giustizia” e che “governerà [le nazioni] con una verga di ferro”. Purtroppo, la Bibbia non afferma che regnare su tutte le nazioni sarà facile, ma sarà un tempo glorioso quello in cui il controllo della terra sarà nelle mani di uno che agirà sempre con giustizia e, perciò, ogni ingiustizia della terra sarà sconfitta. La “verga di ferro” si riferisce, ovviamente, ad un potere capace di controllare e fermare ogni nemico e chiunque faccia resistenza al suo regno giusto.

Un altro titolo che questo personaggio porterà non è mai stato adatto a nessun re o governatore del passato. Egli sarà il “Principe della pace” che darà “una pace senza fine al trono… e al suo regno, per stabilirlo fermamente e sostenerlo mediante il diritto e la giustizia, da ora e per sempre…”

Il “salvatore” che tutta la terra desidera e sogna, senza, forse, mai rendersene conto veramente, verrà e metterà a posto con equità, giustizia e fermezza, tutti, ma proprio tutti, i problemi della terra. Se non conosci le profezie che lo riguardano, scrivimi e ti aiuterò a scoprirle nella tua Bibbia.

Intanto, non mettere troppe tue speranze sulle prossime elezioni. O su chi è solo, purtroppo, un essere umano come te e me.
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martedì 15 gennaio 2013

Il “salvatore” non si trova



Ma i problemi restano

Riuscirà Monti a salvare la Patria? O sarà il “new entry”, Bersani? O, ancora una volta, il “vecchio”, Berlusconi?

Non ti sembra strano che le nazioni cerchino da sempre un “salvatore”, e che questo, chiunque sia, a cui tanti credono, e che altri odiano, intanto non riesca mai?

Non riesce, ma ha tante buone scuse. Quei collaboratori di cui si è fidato, lo hanno tradito! La situazione internazionale è cambiata inaspettatamente, e nessuno, neanche il più capace, l’avrebbe potuto prevedere! La situazione politica interna gli ha legato le mani!

E, nel frattempo, il popolo continua a sperare e continua a cercare il “salvatore”. Meno tasse. Più soldi.

Secondo me, e credo anche che la Bibbia mi dia ragione, vi sono almeno due motivi per cui chi aspetta il “salvatore” farebbe meglio a mettersi il cuore in pace e non sperare più.

In primo luogo, i problemi che aspettano una soluzione, internazionali, nazionali e locali, sono troppo grandi, troppo complessi perché la mente umana possa ragionevolmente venirne a capo. Problemi politici, economici, razziali, religiosi, morali, sono così intrecciati e tanto ingarbugliati che la mente umana non potrà mai risolverli tutti in una volta, e tutti insieme, soddisfacendo tutti. Ci vorrebbe una persona sovrumana, ma dove trovarla?

E, poi, il secondo problema è più grande ancora e più senza soluzione del primo. La Bibbia insegna, e la vita dimostra, che vi sono delle debolezze umane che sono quasi universali: l’orgoglio, l’invidia, la gelosia, il desiderio di potere, di ricchezza, di fama, di onore, di vendetta, del primato, che, quando esercitati, vanno a scontrarsi con tutti gli stessi, o altri, difetti delle persone fra cui ci troviamo.

Inoltre, vi è la tendenza a scusare o giustificare la bugia, il pettegolezzo, le piccole e grandi ruberie, l’inganno, e tanti altri peccati quando fanno comodo e diventano una parte del proprio modo di vivere e di fare strada.

In questo minestrone, dove trovare il “salvatore”? Non esiste. Anzi, non può esistere.

L’unico possibile “salvatore” deve venire da un altro pianeta, un’altra realtà, un altro tipo di essere. E “Lui” c’è. Ma non si mescola nelle lotte umane, né si interessa di “salvezza” che non trasforma l’uomo singolo, e l’umanità, facendo degli esseri umani delle “nuove creature”. Questa è la realtà. Una realtà di cui scriverò la prossima volta.
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martedì 8 gennaio 2013

Era e sarà una grande festa



Anche tu sei certamente invitato!


Abbiamo celebrato, in questo periodo, l’amore di Dio, che Egli ha mostrato mandando suo Figlio sulla terra facendolo nascere come un bambino e per passare oltre trent'anni sulla terra, crescendo fino alla maturità come qualsiasi altro uomo. È vissuto in un paese povero e dominato dai Romani e, infine, è morto come qualsiasi uomo. Ma peggio ancora, è morto come un criminale. In più, in quel momento è stato separato dalla presenza di Dio stesso!


Ovviamente, la storia non è finita lì. Gesù è risorto per vivere e regnare eternamente, insieme con tutti quelli che lo hanno conosciuto e amato durante la loro vita terrena. Quale grande motivo per celebrare una festa!


Eravamo in 14, tutti insieme in casa di nostra figlia, Deborah, noi e 12 fra figli e nipoti. Che festa. Purtroppo, mancavano altri 10 membri della nostra famiglia, figli e nipoti, che vivono all’altro lato dell’Atlantico!


In quei giorni abbiamo ricordato un’altra festa, in una data a noi ancora sconosciuta, che sarà celebrata in casa di Gesù Cristo, quando potremo gioire pienamente della salvezza che Lui ci ha procurata. Allora ci lasceremo alle spalle ogni sofferenza, malattia, infelicità, imperfezione che ci hanno colpiti nel passato. Vivremo finalmente per lo scopo per cui siamo nati, ma che ci è ora impossibile sulla terra: vivere in comunione perfetta con il nostro Creatore in mezzo a una creazione bellissima, mai decaduta a motivo del peccato.


La certezza che ha espresso l’apostolo Paolo è anche nostra: “Assenti dal corpo, presenti col Signore!”.


Ancora oggi, molta gente ride della nostra fede “semplicistica” e “infantile”. Dice che viviamo di illusioni e di sogni irreali. Se ciò fosse vero, significherebbe che Gesù non è mai nato o che ha sofferto ed è morto invano. Purtroppo, questa gente non si rende conto della bestemmia che pronunzia. Nel Vangelo di Giovanni è scritto: “Chi non crede è già giudicato (condannato), perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.


Ma sono i non credenti quelli che vivono di una fede semplicistica e infantile, perché riescono a illudersi che l’incredulità, il peccato e la malvagità che hanno vissuto in questo mondo non saranno mai giudicati. Quanto ingiusto e privo di significato sarebbe un mondo in cui il male non fosse mai punito!


Durante i nostri giorni di festa in famiglia, non ci siamo rallegrati perché credevamo di essere migliori degli altri, più buoni o degni degli altri e più fortunati degli altri. No, sapevamo che abbiamo le stesse tentazioni degli altri, e che abbiamo peccato, fallito e sbagliato come gli altri e, forse, quanto o più degli altri.


Ma la Bibbia è un libro di speranza perché è un libro di grazia (l’illimitato favore di Dio), di perdono (la cancellazione totale di ogni colpa), di amore (non solo emozione, ma azione concreta a favore del peccatore). L’angelo che è apparso ai pastori nelle vicinanze di Betlemme, ha detto: “Io vi porto la buona notizia (il vangelo) di una grande gioia che tutto il popolo avrà… Oggi… è nato un Salvatore, che è Cristo, il Signore”.


La nostra festa in famiglia si è basata non solo sulle benedizioni che Dio ci ha date per la sua grazia, ma anche sulla gioia che la sua grazia sarà ricevuta per fede ancora da altre migliaia di peccatori, come noi, che riceveranno il perdono e la vita eterna.


E tu, come vedi, cosa credi riguardo al significato e al valore della nascita di Gesù?
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martedì 1 gennaio 2013

Il momento di avere paura del futuro



O è meglio rendere prezioso ogni giorno?

I primi pensieri dell’Anno Nuovo, quali saranno? Per molte persone, paura. Per altre, pensieri simili, come preoccupazioni. Si cerca di indovinare: mi andrà meglio quest’anno? Avrò un lavoro? Potrò vivere tranquillo? Le domande sono tante…

Ma, siccome io sono cristiano, e non solo di nome, i miei pensieri sono diversi, belli, tranquilli. Anche se sono anziano e mi avvicino sempre più a quel momento di grande gioia… che l’apostolo Paolo ha descritto con la frase “Assenti dal corpo, presenti col Signore”. Il mio futuro è sicuro, perché garantito dalle promesse di Dio.

Certo, anche a me vengono dei pensieri riguardo alla salute. Mi chiedo: come mi andrà quest’anno? Ma ci sono un po’ abituato. Il cancro che ho avuto circa trent’anni fa mi ha fatto capire che nessuno sulla terra ha la vita garantita. Oppure, come ha detto qualcuno, è garantito che niente e nessuno può togliermi la vita finché Dio non lo voglia e non me la tolga Lui. E i suoi tempi sono, per definizione, perfetti.

Non perché noi possiamo prevedere i suoi tempi, né avvicinarli né allontanarli. Sono perfetti perché solo Dio conosce il futuro e solo Lui può decidere quando sarà per noi il tempo giusto per lasciare la terra.

Triste, dici, pensare alla morte il 1 gennaio? O.K., cambiamo argomento.

Quali gioie mi aspettano nel 2013? Avrò la gioia di passare le mie domeniche con i miei carissimi fratelli e sorelle, lodando Dio, meditando la sua Parola, adorandolo. Prevedo di vedere delle persone che avrò evangelizzate passare “dalla morte alla vita” spiritualmente.

Sarebbe bello se potessi anche vedere e passare del tempo con i miei pronipotini, che stanno all’altro lato del mondo, in California. In quel caso vedrei anche i loro genitori, il mio caro nipote Giordano e sua moglie Jennifer. Ovviamente, vi sono tantissimi altri parenti e amici all’estero che avrei molto piacere di vedere, per condividere le nostre esperienze e la nostra fede. Anche se il viaggiare è molto più economico e facile di una volta, ha sempre i suoi limiti. E anch’io ho i miei limiti.

Ma, forse la cosa che potrò fare di più in quest’anno nuovo è una delle cose più belle, più soddisfacenti, più stimolanti, più utili, possibili. Sarà leggere e meditare la Parola di Dio. Ogni giorno quando lo faccio, scopro qualche pensiero nuovo, qualche dettaglio, qualche applicazione, qualche promessa, qualche avvertimento, qualche qualità di Dio, qualche esperienza di un personaggio biblico da cui imparare. Insomma, è come esplorare un continente nuovo, o forse un universo nuovo, ogni giorno, perché c’è tanto da scoprire.

Allo stesso tempo, è un continente in cui ho passato tanti anni e i suoi panorami, le sue strade, le sue città e i loro abitanti, sono vecchi amici. Abbiamo già passato tanto tempo insieme ma non mi stanco di loro.

Non so a quale punto ti trovi tu nel tuo pellegrinaggio, ma perché non decidi, più che mai prima, di dedicare una parte del 2013 che il Signore ti dona, a questo impegno gratificante e tonificante?

Se tu volessi sbirciare un po’ nelle mie ricerche, potresti trovare nell’archivio di questo blog tutta una serie di pensieri che mi hanno rallegrato, tempo fa, meditando il primo Salmo. Ti invito a visitare “casa mia”.
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