martedì 26 gennaio 2010

Vivere senza problemi – si può?

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Il diritto di stare bene


Ti meravigli che i problemi che stai affrontando durino da tanto tempo?

Ti inquieti perché non ti pare che te li sei meritati?

Soffri perché ti sembra che i tuoi amici non ne abbiano tanti e che i loro problemi non siano grossi come i tuoi?

Quanti mi cercano per ricevere aiuto per i loro problemi! Problemi di salute, famiglia, lavoro. Problemi interiori, problemi di relazioni con altre persone, problemi di incertezza davanti a decisioni difficili.

Chi crede che la vita “normale” sia quella senza problemi sbaglia di grosso e si garantisce che starà sempre male per qualcosa. Chi spera e prega che certi problemi possano risolversi e sparire per sempre non ha compreso cosa sia la vita.

La vita è, volere o no, una serie di problemi che non finisce mai! Tu sei destinato ad avere problemi, sofferenze, opposizione, incomprensioni, ingiustizie, paure, stanchezza, ferite in qualche momento della tua vita. Non tutti in una volta, menomale!, ma certamente più di quanto non ti senti capace da affrontare.

Perché? Alcune persone attribuiscono i loro problemi a Dio, altre alla cattiva fortuna, al governo, all’ambiente, ai colleghi, ai capi, ai genitori, ai parenti, ai ricchi, agli immigrati.

Non importa chi o cosa si consideri colpevole: basta che ci si convinca, e che tu ti convinca, che i tuoi mali non sono colpa tua.

Dovunque andrai, chiunque frequenterai, prima o poi ascolterai i loro lamenti, le loro critiche e le loro accuse. Forse ti stuferai perché non avrai tu il tempo di raccontare i tuoi.

Gesù disse ai suoi discepoli, proprio prima di lasciarli: “Nel mondo avrete tribolazione”, ma immediatamente aggiunse: “ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33).

Gesù non vinse le tribolazioni allontanandole né superò le difficoltà eliminandole, come noi vorremmo che facesse per noi.

Gesù sapeva che le afflizioni, quando sono accettate come dal Signore, portano delle conseguenze positive; non senza dolore, ma attraverso il dolore.

L’apostolo Paolo serviva il Signore, ma non era senza difficoltà. Egli disse: “So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni” (Atti 20:23).

E Paolo citava e lodava le esperienze dei credenti nella Macedonia con queste parole: “perché nelle molte tribolazioni con cui sono state provati, la loro gioia incontenibile e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nelle ricchezze della loro generosità” (2 Corinzi 8:2).

Le tue sofferenze, tribolazioni e dispiaceri non esistono per distruggere la tua fede né per allontanarti dal Signore. Piuttosto, ti avvicineranno al Signore e ti insegneranno alcune delle verità più belle che tu potrai mai conoscere. Però, ciò succederà soltanto se imparerai cosa aspettare dalle tue tribolazioni. Ne parlerò nel prossimo post.

giovedì 21 gennaio 2010

La paura che fa bene

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La base di ogni paura

Nuove religioni, nuove filosofie, nuove convinzioni personali. Quanti tentativi di “dimostrare” che c’è vita dopo la morte!

Oramai, molti occidentali hanno accettato il concetto religioso orientale che continueremo a nascere – vivere – morire – nascere – vivere – morire per sempre, finché non arriveremo alla perfezione e potremo perderci nell’eterno nulla.

È un concetto spaventoso e illogico ma, soprattutto, contrario alla rivelazione divina della Sacra Bibbia. Se dovessimo raggiungere il nirvana per mezzo della reincarnazione, ovviamente la nostra salvezza dipenderebbe unicamente da noi, dal nostro progredire nella comprensione, la conoscenza e la pratica di alcuni principi “universali”.

Chi spera di “salvarsi” dipendendo unicamente dalla sua capacità di evitare il male e fare il bene, attraverso gli innumerevoli, anzi interminabili, cicli della ruota della vita, si consegna alla disperazione. Le religioni orientali, abbracciate in parte e occidentalizzate dagli occidentali, non offrono nessuna certezza, nessuna fondata speranza all’uomo che ne ha bisogno assoluto.

Lucio della Seta, citato in un recente articolo di una rivista popolare come “il grande vecchio della psicanalisi junghiana”, ha detto: “Chiunque riesca a smuovere la speranza che non siamo solo un corpo mortale ha successo garantito. Vogliamo disperatamente qualcuno che ci rassicuri, che ci faccia sentire parte di un gruppo e allontani la paura della morte, che è la base di ogni paura”.

Quanto è interessante che un uomo che ha parlato con migliaia di persone delle loro paure, che ha cercato di convincerle che non hanno bisogno o motivo di temere, che non crede alla Bibbia come libro della rivelazione di Dio, vada tanto d’accordo con la Bibbia stessa.

Difatti, la Bibbia parla proprio della paura della morte come di una schiavitù imposta agli uomini increduli da Satana, una paura che essi cercano di vincere in diversi modi. Un modo è diventare seguaci di Satana, fidandosi scioccamente della sua protezione. Altri si affidano a una delle migliaia di religioni false, sette e filosofie che insegnano come raggiungere la vittoria sulla morte o cercano, senza successo, di togliere la paura della morte.

In questi modi inutili, gli uomini vorrebbero dominare la sana e utile paura della morte, che è il risultato logico e necessario di due fatti: 1) ogni uomo dovrà rendere conto della sua vita al suo Creatore, che è santo e giusto, e 2) ogni uomo riconosce la sua incapacità di vivere una vita senza errori e colpe.

Ma, Dio ha fatto un piano perfetto per liberare l’uomo dal dominio del peccato nella propria vita e dalla condanna che senz’altro merita. Questo lo ha fatto mandando il suo Figlio, perfetto e santo, per morire al posto dei peccatori colpevoli, su cui è già stata decretata la pena di morte. Solo riconoscendo il proprio peccato personale e pentendosene, e per mezzo della fede nella morte e la risurrezione di Gesù, Figlio di Dio, proprio per il loro peccato, gli uomini trovano salvezza, speranza e liberazione.

Ecco ciò che la Bibbia dichiara a questo riguardo: “Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, egli pure vi ha similmente partecipato, per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita” (Lettera agli Ebrei 2:14,15).

Siccome “i figli”, gli uomini che Dio ha creati, sono creature di carne e sangue, Gesù, che era ed è Dio stesso, è nato come uomo, per partecipare alla stessa vita umana e per potere morire come muoiono gli uomini. Però, con la sua morte e risurrezione, Egli ha dimostrato l’incapacità del diavolo, sia di accusarlo di qualche peccato che avrebbe resa necessaria la sua morte, sia di tenerlo prigioniero della morte.

A motivo della sua vittoria, Gesù può liberare gli uomini che affidano la loro vita a Lui, chiedendogli il perdono dei loro peccati, sia dalla prigionia della morte fisica, perché anche loro risusciteranno come Cristo, sia dalla prigionia della paura della morte mentre continuano la loro vita normale sulla terra.

Tu sei prigioniero della paura della morte? Hai cercato di allontanare questo tipo di prigionia, facendo finta di avere trovato qualche rimedio, che è solo immaginario e che, in realtà, non ha il potere di liberartene davvero?

Se vuoi la certezza del perdono di ogni tua colpa, in modo da essere considerato da Dio come se tu non avessi commesso alcun peccato che ti allontana da Lui, e se desideri avere la certezza che non sarai mai prigionero della morte, perché risusciterai come ha fatto Gesù per vivere eternamente nella benedizione di Dio, vai al blog vederci-chiaro.blogspot.com, dove troverai tutte le informazioni di cui hai bisogno.

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martedì 12 gennaio 2010

NON È NECESSARIO CREDERE

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È vero, non è vero, forse è vero

Ci sono poche cose più buffe degli articoli sull’evoluzionismo che troviamo nei giornali. Di solito, cominciano con un proclama della scoperta di un’altra grande prova della teoria di Darwin. Poi, continuano, cercando di convincere i lettori che si tratta davvero di una prova irrefutabile, ma utilizzano frasi di ogni genere per mettere le mani avanti, perché la prova non è veramente una prova, ma solo l’ennesimo colabrodo che non prova nulla.

Ecco un esempio da un recente numero di “Panorama”.

TITOLO: “L’UNIVERSO è nato da una zuppa (cosmica)"

Si tratta di un bel titolo ad effetto. “Mamma mia” esclama il lettore, “Ora lo sanno: è vero che non ci voleva un dio o un creatore! Bastava un brodino!”

E, poi, l’autore comincia a dire la verità, cioè una catena di incertezze e di supposizioni.

“Ne conosciamo la storia, ma restano da chiarire importanti dettagli.” E, davvero i “dettagli” sconosciuti sono tanti.

“Ma, come è nata la zuppa cosmica?” l’autore domanda. In effetti, nessuno lo sa. L’autore scrive: “Su questo problema si sono arrabattati molti fisici teorici negli ultimi anni.” Nota la frase “fisici teorici”, dove “teorici” significa che non lavorano su prove scientifiche, ma con l’immaginazione e, forse, con la fantasia.

Ecco alcune altre frasi che dimostrano quanto poco si sa e quanto poco si capisce di ciò che, nel titolo, sembrava un fatto provato: “L’ipotesi dell’inflazione cosmica…”, “questa improvvisa voglia di crescere dell’universo…” (come se l’universo avesse una propria volontà e potesse fare ciò che “vuole”)… "stimolarono questa particella ipotetica…”

Se scoprissimo… avremmo in mano l’evidenza…” “Le nostre misure potrebbero svelare…” “Alcune teorie suggeriscono…” “In base a questo modello (ipotetico), un piccolo cambiamento nell’energia… avrebbe causato un enorme cambiamento…” "Io e il mio gruppo abbiamo dimostrato che valori così alti… non sono possibili

“Della sua identità si sa poco, ma gli scienziati ipotizzano…”

“Tutti questi sono passi avanti nella conoscenza della zuppa cosmica… È probabile che negli anni futuri i fisici si sforzeranno di descrivere il comportamento delle primissime fasi dell’universo, un periodo ancora sconosciuto.”

Così, alla fine dell’articolo, l’autore afferma che le primissime fasi dell’universo fanno parte di “un periodo ancora sconosciuto”.

Eppure, al principio dell’articolo, egli afferma con quasi certezza: “La sua data di nascita si stima risalga a 13,7 miliardi di anni fa, con il Big Bang, quando materia, energia, spazio e tempo sono sorti. Meno di mezzo secondo dopo era un miscuglio caldissimo, una zuppa cosmica…”

Secondo le ultime e più accettate teorie sulle origini dell’universo, il Big Bang (di cui nessuno sa spiegare né le origini né l’esistenza) è stato l’origine di materia, energia, spazio e tempo. Abbiamo capito bene? Un momento prima non esisteva né la materia, né l’energia, né lo spazio, né il tempo ma, come scrive l’autore, meno di mezzo secondo dopo era un miscuglio caldissimo, una zuppa cosmica…” da cui si è formato tutto l’universo!

E così, scartando tutte le leggi della fisica e della chimica, questi “scienziati”, in nome della scienza, si buttano su una teoria impossibile, costruita su principi che essi come scienziati devono per forza rifiutare. Questo si fa pur di “dimostrare” che non è necessario “inventare” un Dio per spiegare le origini dell’universo.

Se, prima del Big Bang, non esistevano né materia, né energia, né spazio né tempo, che cosa c’era? Vi era solo il nulla, ma non si può neanche dire che “vi era” il nulla, perché neanche il nulla “esiste” senza spazio e tempo. Così, vorrebbero farci credere che dal “nulla” sono scaturiti, in meno di mezzo secondo, la materia, l’energia, il tempo e lo spazio che costituiscono il nostro universo?

Si tratta di una teoria logicamente e scientificamente incredibile e insostenibile. Ma, al contrario, se esiste un Dio onnipotente e onnisciente, che ha “creato i cieli e la terra”, come afferma la Bibbia, e come hanno creduto e credono innumerevoli scienziati, non trovo in questa rivelazione nulla di incredibile o di antiscientifico.

Tu, come la vedi?

martedì 5 gennaio 2010

Che tutti siano uno – Come?

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Il nostro compito non è facile

La preghiera di Gesù, che tutti suoi discepoli siano uniti, anzi, che “siano uno”, non sarà mai esaudita per mezzo di sforzi umani nel creare delle organizzazioni sempre più grandi per dimostrare agli increduli quanto siamo numerosi.

Il progetto è destinato a fallire perché la mèta è impossibile. Come ha detto bene qualcuno: “Se leghi insieme la coda di un cane e la coda di un gatto, che cosa hai realizzato? Sono «uniti» dalla corda, ma non sono diventati «uno» e te lo faranno vedere molto presto”.

Non c’è un solo passo nella Bibbia che dica che i credenti devono sforzarsi a diventare “uno”. O sono già uno perché uniti dallo Spirito Santo e non lo saranno mai.

L’esortazione dell’apostolo Paolo, in una frase di un versetto del quarto capitolo della sua lettera agli Efesini, spiega il compito estremamente difficile che Dio ha dato ai credenti riguardo all’unità. Nel versetto 3, del capitolo 4, Paolo ha scritto: “sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace”.

I credenti non devono creare l’unità, ma conservarla! La loro posizione spirituale è di persone incollate l’una all’altra per l’opera divina dello Spirito Santo. Quando diventano figli di Dio, per grazia mediante la fede, essi sono tutti “battezzati” spiritualmente ed inseriti sovrannaturalmente nel corpo di Cristo, come Paolo ha scritto nella sua prima lettera ai Corinzi, capitolo 12, versetti 12 e 13.

Il nostro compito, da quel momento in avanti, è quello di conservare, preservare, l’unità in cui siamo stati inseriti, vivendo in pace con i nostri fratelli.
Ciò significa, in primo luogo, vivere in pace con i fratelli e le sorelle della nostra comunità locale. È un fatto scandaloso e ridicolo vedere dei giovani o degli adulti che si mettono in viaggio, cercando di conoscere e esprimere l’unità fraterna in conferenze, campeggi e incontri vari con credenti di altre chiese, quando non sono in pace neanche con i loro fratelli più vicini. A volte non sono in pace neanche con i loro familiari che sono credenti come loro.

L’unità spirituale dei veri credenti di tutto il mondo, nonostante i nomi religiosi che possono portare, è già una realtà donata da Dio. Non è una mèta per la quale noi poveri esseri umani dobbiamo lottare.

Noi dobbiamo cercare sinceramente e umilmente di mantenere e dimostrare quest‘unità, vivendo in pace con altri credenti. Questi credenti possono essere immaturi e dimostrarsi a volte antipatici, orgogliosi, carnali o pignoli, rendendo la via della pace difficile e ostruita da incomprensioni e offese, o da differenze di opinioni, convinzioni e usanze.

Dovremmo usare tutta l’umiltà, la mansuetudine e la pazienza di cui Paolo ha scritto in questi stessi versetti, e tutta la sopportazione che lo Spirito Santo ci fornisce, nel tentativo di mantenere l’unità che Dio ci ha donata. Ma è proprio questo compito che ci fa crescere spiritualmente, vincendo non soltanto le trappole causate dai difetti degli altri, ma ancora di più quelle che dipendono dai nostri difetti.

Amare i nostri fratelli, perdonare i nostri fratelli, onorare i nostri fratelli, servire i nostri fratelli è la dimostrazione più grande che possiamo offrire dell’unità dello Spirito in seno al corpo di Cristo e produrrà molto più frutto di tutte le grandi assemblee oceaniche e spettacolari promosse da chi è abbagliato da un concetto ecumenico umano dell’unità del corpo di Cristo.

La preghiera di Cristo, “che tutti siano uno” è già una realtà spirituale nella vera chiesa; la sua preghiera è già esaudita completamente. Quell’unità si manifesta dovunque dei veri fratelli si amano reciprocamente, e sarà manifestata perfettamente quando tutta la chiesa si troverà alla presenza di Gesù per l’eternità.

Lodiamo Dio perché la preghiera di Cristo, “che tutti siano uno”, è stata perfettamente esaudita, e continua a esserlo, come ognuna delle sue preghiere, e noi abbiamo il beneficio di vivere ogni giorno uniti a Lui.
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