martedì 28 febbraio 2012

Devi capire ciò che succede


L’ignoranza non è buona per chi crede

Il mondo sembra a volte una bomba che sta per esplodere.  Quanto tempo ancora Israele aspetterà che qualcun altro risolva il problema delle armi nucleari in mano agli iraniani, prima di attaccare con tutta la sua forza?  Come reagiranno la Russia e la Cina?  E come risponderebbero gli altri paesi islamici (alcuni dei quali, forse, sperano proprio che succeda)?

Nessuno a contatto con la situazione dorme sogni tranquilli.  E quanto a lungo potrà la Siria continuare impunemente ad ammazzare i suoi cittadini a centinaia o a migliaia, come sembra intenzionata a fare?

Spesso i credenti biblici ignorano le crisi mondiali con un contegno sbagliato, come se fossero troppo immersi nel loro mondo divino per interessarsi del mondo in cui vivono. La Bibbia, invece, è piena di profezie divine, riportate dai profeti, sull’andamento futuro dei paesi del mondo e dei loro capi.  Perfino Gesù ha parlato specificatamente di avvenimenti futuri, riguardanti le nazioni terrene e dei quali è giusto tenere conto.

Anche se non si vuole dimenticare che la Bibbia si interessa in primo luogo dei rapporti degli uomini con Dio, e della salvezza spirituale che Egli ha resa possibile per mezzo della morte e della resurrezione di suo Figlio, Gesù, il messaggio biblico non finisce lì.  Dio ha spesso usato le nazioni pagane per compiere la sua volontà e non ha finito ancora di interessarsi di loro. E Dio è anche il Sovrano assoluto delle nazioni che ora lo rinnegano.

Forse ad alcuni credenti ripugna mescolare argomenti spirituali con argomenti storici, particolarmente perché alcuni predicatori del passato (solo del passato?) e alcune sette hanno aggiunto alle profezie bibliche le loro interpretazioni personali, spacciandole per certezze assolute rivelate da Dio sugli avvenimento del momento.  Questo abuso sfacciato è spesso caduto nel ridicolo e nella farsa.

Ma Gesù ha detto con chiarezza che i cristiani veri debbano conoscere sia le profezie bibliche sia gli avvenimenti mondiali, per meglio rendersi conto che i piani eterni di Dio si stanno adempiendo.

“Guardate che nessuno vi seduca.  Poiché molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e ne sedurranno molti.

“Or voi udirete parlar di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, perché bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. Poiché si leverà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in varî luoghi; ma tutto questo non sarà che principio di dolori.

“Allora vi getteranno in tribolazione e v'uccideranno, e sarete odiati da tutte le genti a cagion del mio nome.  E allora molti si scandalizzeranno, e si tradiranno e si odieranno a vicenda.

“E molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti. E perché l'iniquità sarà moltiplicata, la carità dei più si raffredderà. Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.

“E questo evangelo del Regno sarà predicato per tutto il mondo, onde ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine  (Matteo 24:5-14).

La conoscenza di ciò che avviene nel mondo e anche delle profezie bibliche dovrebbe agire nel cuore dei credenti in almeno tre modi: primo, dovrebbe togliere loro la paura di ciò che accade, come se Dio avesse perso il controllo della situazione mondiale, secondo, dovrebbe  spingerli alla santificazione della loro propria vita in mezzo alla corruzione del mondo e, terzo, dovrebbe ricordare loro l’urgenza di insistere con l’evangelizzazione finché saranno in vita.
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martedì 21 febbraio 2012

L’indifferenza uccide


L’amore che spesso manca

È il nostro ultimo giorno negli Stati Uniti; domani partiamo per Roma e per casa nostra.  Domenica abbiamo salutato molti dei nuovi amici credenti che ci siamo fatti in queste settimane.  Niente di nuovo, ma ci è sembrata, la loro, una chiesa molto disposta all’amicizia o, per dirlo meglio, all’amore fraterno.

L’amore fraterno è un sentimento che dovrebbe fare una grande differenza fra l’amicizia fra fratelli (e, ovviamente, anche sorelle) in fede e le relazioni fra altre persone.  Nel mondo in cui abitiamo e che va sempre di corsa, non è per sfuggire e neanche per bisogno che ci si saluta con due parole e non si aspetta neanche una risposta.  Perfino salutare le persone diventa, a volte, un fastidio.

Infondo, si tratta di due cose: la prima è l’abitudine.  Ci si saluta perché si è abituati a farlo e sarebbe maleducato non farlo. La seconda è una malattia che abbiamo assorbita dagli altri: non azzardarti a interessarti di nessuno, perché non sai quali  domande, richieste o maldicenze ti potrebbe proporre.

Chissà se penserà che sto per chiedergli qualcosa, se mi fermo per salutarla?  Chissà se non mi saluta perché domenica scorsa non l’ho salutato io?  Quanto sono noiosi i saluti, quando cominciano a parlarti dei fatti loro o, magari, dei malanni loro.  Scappiamo, c’è quel vecchietto che ti ripete sempre le stesse cose!

Allora, qual è la malattia a cui ho accennato più sopra?  Per chiamarla col nome che proprio si merita, si chiama“egoismo”.  Penso ai fatti miei, non ai problemi degli altri.  Infondo, che cosa mi importa di quello che mi direbbero?   
Ho già i miei guai.  E ho anche i miei piccoli piaceri e le mie esigenze.  Interessarmi degli altri non fa parte di come sono fatto.  Chi mi paga per fare lo psicologo, ascoltando la vita degli altri?

Certo, Gesù la pensava diversamente.  Mai e poi mai è passato oltre a qualcuno che lo chiamava. Mai e poi mai ha rifiutato l’aiuto che poteva dare a chi non aveva nessun altro che si interessasse di lui.  Anche gli apostoli sapevano che l’amore fraterno era la vita della chiesa locale.

“Del resto, fratelli, rallegratevi, procacciate la perfezione, siate consolati, abbiate un medesimo sentimento, vivete in pace; e l’Iddio dell’amore e della pace sarà con voi”  (2 Corinzi 13:11).

“Quanto all’amor fraterno, siate pieni d’affezione gli uni per gli altri; quanto all’onore, prevenitevi gli uni gli altri; quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nell’afflizione, perseveranti nella preghiera;  provvedete alle necessità dei santi, esercitate con premura l’ospitalità.  Benedite quelli che vi perseguitano; benedite e non maledite” (Romani 12:10-14).

“Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono.  Abbiate fra voi un medesimo sentimento; non abbiate l’animo alle cose alte, ma lasciatevi attirare dalle umili. Non vi stimate savi da voi stessi” (Romani 12:15,16).

Quando noi credenti ci comporteremo così, la nostra testimonianza sarà veramente come una luce che risplende nelle tenebre dell’indifferenza, dell’orgoglio e dell’egoismo che ci circondano, ma che non devono trovare posto nell’assemblea dei “santi”.
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martedì 14 febbraio 2012

Il peso che non si vorrebbe portare


Un pastore americano offre aiuto

L’America non è un altro paese; è un altro mondo!  E che mondo.

Fra le chiese in America, ce n’è una (e forse più di una) con 30.000 membri.   

Con un gruppo tanto grande, tutto è possibile.  Beh, quasi tutto.

Comunque, una notizia è rimbalzata da costa a costa sul progetto di questa chiesa di fare perdere peso ai suoi membri.  Infatti, è stata l’idea del suo pastore, anche lui obeso.  Ha confessato che aveva messo su troppo peso e che intendeva metterci rimedio.  Ha invitato altri a seguire il suo esempio.

Morale della favola: lui, il pastore, ha, finora, perso 60 pounds (circa 27 chili).   

Ma, secondo le statistiche della chiesa, 15.000 persone della chiesa si sono iscritte al programma di dieta, e in complesso hanno perso 113.000 chili!

Forse la chiesa, con questo programma, sta entrando in una nuova fase nella proclamazione del Vangelo e l’insegnamento biblico.  Anche se il Nuovo Testamento non racconta nessun caso in cui Gesù abbia guarito un obeso, riportandolo al suo peso forma, non bisognerebbe considerarlo più difficile del guarire un lebbroso. Secondo i medici, si muore tanto dell’uno quanto dell’altro male (magari in tempi diversi).

Ma esistono anche pesi più gravi che si possono portare.  Nell’Antico Testamento, il salmista e re Davide, convinto dalla sua coscienza e dalla Parola di Dio, di avere peccato, avendo commesso un omicidio e adulterio, e sapendo che quel peccato lo teneva lontano da Dio e sotto la sua condanna, non riusciva a trovare pace.  Egli scrisse: “Le mie iniquità sorpassano il mio capo; son come un grave carico, troppo pesante per me” (Salmo 38:4).

Ai tempi nostri, purtroppo, la coscienza della maggioranza delle persone sembra addormentata dai piaceri e dai peccati che corrono a compiere, e poche di loro sentono, o ascoltano, la propria coscienza.  Comunque, che uno la senta o no, è vero che effettivamente il giudizio di Dio grava sul peccatore e lo porterà al giudizio e alla condanna eterna se non se ne pentirà, chiedendo perdono e grazia a Dio. È già una grazia che Dio faccia sentire al peccatore l’accusa della sua coscienza. Accusa, che lo potrebbe portare alla salvezza, se l’ascoltasse.

Il re Davide ha spiegato come ha risolto il suo problema in un altro salmo, offrendo una parola di speranza al peccatore che è turbato dalla propria coscienza: “Getta sull'Eterno il tuo peso, ed egli ti sosterrà; egli non permetterà mai che il giusto sia smosso” (Salmo55:22).

Gesù, nel Nuovo Testamento, ha rinnovato e reso più chiaro l’invito: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo” (Matteo 11:28).Gesù non può mai mandare via chi viene a lui pentito e chiede perdono, perché è morto sulla croce proprio per offrire il perdono a chi ha peccato.

Se tu hai sulla tua coscienza qualcosa che ti separa da Dio, accetta oggi stesso il suo invito ed Egli ti toglierà il tuo peso insopportabile.
 
Comunque, vorrei dire che penso anche io, come il pastore americano, che l’obesità è un peccato contro il proprio corpo e la salute, e che Dio la può risolvere, se uno sente perfino nella coscienza che il suo comportamento è sbagliato e chiede a Dio non solo il perdono ma anche la forza di cominciare a vivere con disciplina e sottomissione, anche quando mangia.
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martedì 7 febbraio 2012

Non puoi convincere nessuno di peccato


Puoi, comunque, dire una parola importante
Una delle esperienze “diverse”, che faccio quando vengo negli Stati Uniti, è anche piacevole e utile: assisto come studente a una lezione per adulti con i problemi comuni a tutti i mortali, come sono io, in una Scuola Domenicale, di una chiesa locale.
Un fratello maturo e molto preparato ha fatto una lezione sugli avvertimenti che l’Apostolo Paolo ha scritto nella sua prima lettera inviata al suo amico e collaboratore Timoteo (5:1,2), soffermandosi soprattutto su come bisogna comportarsi quando si deve correggere o ammonire un altro credente, fratello in fede. Il passo della lettera di Paolo dice: “Non riprendere con asprezza l'uomo anziano, ma esortalo come si esorta un padre; i giovani, come fratelli; le donne anziane, come madri; le giovani, come sorelle, in tutta purezza”.
Uno dei presenti ha domandato all’insegnante come si può, però, correggere un fratello, probabilmente uno che Paolo descrive come “giovane fratello”, senza fargli più male che bene, o lasciarsi dietro uno strascico di dispiacere o, peggio ancora, un’offesa.
In sintesi, la risposta biblica e saggia, su come ci si avvicina con amore, e non da maestro, giudice o credente più intelligente, a un fratello che sbaglia o che ha sbagliato, era basata su un caso trattato dallo stesso Apostolo Paolo nella sua lettera ai Galati 6:1-4.  Eccola: “Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato.
“Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo.  Infatti se uno pensa di essere qualcosa pur non essendo nulla, inganna sé stesso.  Ciascuno esamini invece l'opera propria; così avrà modo di vantarsi in rapporto a sé stesso e non perché si paragona agli altri.”
  1. Per prima cosa, bisogna avere la certezza di essere in una giusta relazione con Dio, cioè essere spinti e guidati dallo Spirito Santo.  Se no, si faranno certamente dei guai.
  1. Bisogna avere uno “spirito di mansuetudine”, cioè non l’orgoglio di chi vuol fare da maestro, ma l’umiltà di un fratello, che non vuole offendere, respingere o allontanare chi ha sbagliato, avendo invece lo scopo di riavvicinarlo e riportarlo nella piena comunione della chiesa. “Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato. Infatti se uno pensa di essere qualcosa pur non essendo nulla, inganna se stesso.”
  1. Poi, bisogna chiedere a Dio in preghiera saggezza e umiltà per non usare parole sbagliate e per avvicinare il fratello nel momento in cui potrà essere più disposto ad ascoltare e accettare il consiglio o l’eventuale rimprovero.  Non si tratta di rivolgere una preghiera di circostanza, ma di cercare di capire la volontà, la guida e la benedizione di Dio.  Non bisogna muoversi fino a che non si ha la convinzione che Dio ha dato risposto alla preghiera.
“La preghiera del giusto ha una grande efficacia. Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data” (Giacomo 5:16; 1:5).
  1. Non credere di avere senz’altro capito il problema o i motivi dell’altro prima di averlo ascoltato. Proverbi 18:13 dice che “Chi risponde prima di avere ascoltato, mostra la sua follia, e rimane confuso”.
  1. Ricordare che è solo Dio Colui che può convincere di peccato e cambiare la vita di qualcuno.  Non confidare nelle tue capacità e non insistere quando sembra chiaro che l’altro non stia accettando il rimprovero. “Colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!” (1 Corinzi 3:7).
  1. Infine, non prendersi la gloria se Dio porta a buon fine il nostro desiderio di aiutare un fratello. 
Tutti questi mi sono sembrati dei buoni consigli che potrebbero risolvere molti problemi.
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