martedì 23 febbraio 2010

Quante religioni fa-da-te!

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Possibile che la gente ne abbia bisogno?

Esiste qui in America un’organizzazione che fa delle ricerche molto affidabili sulla religione. Spesso i risultati sono sorprendenti!

Ora ne hanno fatto una sulle credenze delle persone che hanno abbandonato ogni tipo di chiesa o di religione, ma che, malgrado tutto, si dichiarano molto interessate alla spiritualità.

Per questa ricerca, hanno separato le risposte delle persone da 18-29 anni da quelle dai 30 anni in su.

Ecco alcuni risultati:

Persone “spirituali” fra i 18 e i 30 anni:
- Credono senz’altro a Dio – 34%
- Credono alla vita dopo la morte – 54%
- Credono all’aldilà – 54%
- Credono all’inferno – 34%
- Credono ai miracoli – 58%
- Credono all’esistenza di angeli e demoni – 42%

I più grandi credono pure, ma un po’ meno.

Persone “spirituali” dai 30 anni in su:
- Credono senz’altro a Dio – 37%
- Credono alla vita dopo la morte – 45%
- Credono all’aldilà – 39%
- Credono all’inferno – 28%
- Credono ai miracoli – 53%
- Credono all’esistenza di angeli e demoni – 40%

Allora, che ne dite di queste persone che rifiutano ogni religione, ma che continuano a credere a tante cose che non si possono dimostrare?

A me pare che ci sia una crescita anche in Italia del numero di persone che hanno rifiutato le religioni normali, ma che si fabbricano un po’ di credenze a modo loro. Forse perché questo le aiuta a sentirsi un po’ meno perdute nel grande universo.

Ma, come è possibile che le persone rifiutino qualsiasi autorità, qualsiasi fonte di certezza e poi, con grande superficialità, si affidino ai loro sentimenti, emozioni o a esperienze soggettive?

Da una parte, forse ciò che fanno non è molto diverso da quello che fanno molte persone che seguono una religione.

Anche queste non credono perché hanno fatto un ragionamento e si sono convinte che la “loro” religione sia più giusta delle altre, ma la seguono perché così sono state educate, o perché si sentono bene nel farlo. In fondo, per loro credere è meglio che dubitare, o mettere qualcosa alla prova dei fatti.

Come dobbiamo rispondere a questa ondata di religione sentimentale?

martedì 16 febbraio 2010

Saluti dagli Stati Uniti

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Qui le donne diventano sacerdote!

Qui negli USA, costantemente ci meravigliano le cose che in Italia non si sognano neppure.


Per esempio, qualche giorno fa, la consacrazione di due nuove donne cattoliche, come sacerdoti (o sacerdotesse?). Sì, hai letto bene. Ieri il quotidiano locale ha riportato grandi foto della cerimonia, frequentata da circa duecento fedeli, che hanno gridato e acclamato per dimostrare la loro approvazione dopo la consacrazione.

Dal 2006, c’è un movimento negli Stati Uniti (ma esiste anche in Europa) chiamato Roman Catholic Womenpriests, cioè, Donne Cattoliche Romane Preti.

Le prime donne preti sono state consacrate da un vescovo Cattolico romano, ovviamente senza il permesso del Papa. Ma sembra che tali consacrazioni siano legittime. In più, sono state consacrate negli ultimi anni anche cinque donne vescovo e così anch’esse hanno il diritto di consacrare nuove donne preti, come è successo qui vicino a noi.

(Per chiarire un po’ la nostra situazione, Maria Teresa ed io siamo in Florida da qualche settimana e saremo di nuovo a Roma ai primi di marzo, secondo i nostri piani.)

La creazione di donne sacerdote è un grosso problema qui in America dove tantissimi cattolici sono a favore di questo cambiamento e molte suore fanno pressione perché sia accettato ufficialmente.

Un grosso problema, questo, per il Papa, il quale, ovviamente, dice che quelle donne consacrate non sono veramente preti, perché Gesù ha scelto soltanto maschi come suoi apostoli. E quegli apostoli sono stati, in qualche modo, i primi preti e i primi vescovi della chiesa primitiva.

Il giornale locale, da cui ho appreso la notizia, dice che le donne preti celebrano la messa ogni domenica in diverse città e diverse nazioni, in piccoli locali che sono prestati loro da altre chiese. A Sarasota, che è la cittadina accanto a quella in cui noi abitiamo, è una delle donne vescovo quella che, per sei mesi all’anno, celebra la messa, mentre, negli altri mesi, viaggia per visitare le sue sorelle e per occuparsi delle sue responsabilità vescovili.

Certamente, i problemi del Papa non ci riguardano da vicino. Secondo il Nuovo Testamento, ogni vero credente, maschio o femmina, è già sia santo sia sacerdote, in quanto può avvicinarsi personalmente al Signore, confessargli i suoi peccati e ricevere da Lui, attraverso le promesse della Bibbia, la certezza del suo completo perdono.

Il credente che conosce la Bibbia, ci crede e ubbidisce, è liberato da tanti precetti e regole inventati dalle diverse chiese, attraverso i secoli, e vive nella gioia non soltanto delle promesse di Dio che riguardano la sua vita sulla terra, (il che vuol dire già tanto), ma vive anche nella gioia della salvezza, della comunione con Dio e nella certezza di andare direttamente alla presenza di Dio quando muore.

Tu hai queste certezze e questa fede? La Bibbia può chiarire tanto le tue idee, se la leggerai. Auguri.
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martedì 9 febbraio 2010

Ciò che si può imparare

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Nelle prove e problemi della vita


Nei precedenti post, ho spiegato due cose importantissimi per permetterci di vivere nella fiducia e nella vittoria sui nostri problemi.

Primo, i problemi fanno parte inevitabili della vita umana.

Secondo, il credente può scoprire dei tesori della sua fede e del suo rapporto con Dio soltanto attraverso i suoi problemi che affronta.

Allora, è importante cercare di vedere, in mezzo ai problemi, cosa Dio ci vuole insegnare e qual è il modo giusto per imparare queste cose. Così non ci lamenteremo più, ma troveremo che sia possibile, in mezzo ai problemi e le sofferenze realizzare tre cose: 1) Possiamo godere la gioia del Signore perché non siamo mai abbandonati né provati al di là della forza che Dio ci dà per sostenere le prove; 2) Sapremo che le prove e le difficoltà sono, nel piano di Dio, un mezzo per rimuovere in noi, cioè nella nostra personalità, le cose che non piaciono al Signore,e 3) Impareremo a testimoniare potentemente della grazia e dell’amore di Dio proprio quando siamo in situazioni difficili.

Pensiamo, allora, a ciò che il Signore può fare di positivo nella nostra vita attraverso le prove, le difficoltà e le sofferenze.

  1. Può smorzare in noi le ambizioni umane di piaceri, benessere e successo in questo mondo
  2. Può bruciare in noi le scorie dell’egoismo
  3. Può abbassare il nostro orgoglio per renderci umili
  4. Può farci perdere la fiducia nelle nostre decisioni per ubbidire più pienamente a lui
  5. Può rivelare il male e la malignità che esistosno nel nostro cuore
  6. Può aiutarci a vedere le nostre colpe, debolezze e macchie
  7. Può insegnarci la pazienza e la sottomissione
  8. Può disciplinare le nostre impulsività e entusiasmi nocive
  9. Può approfondire e arrichire le nostre qualità spirituali
Ma, come fa Dio a portare tanto bene dalle nostre prove, le nostre debolezze, i nostri errori, le nostre sofferenze. Certamente non succede di solito soltanto per caso.

Come disse l’apostolo Paolo, la nostra prima reazione alle prove è spesso il dolore e credere che Dio non ci tratta giustamente. E, come fece l’apostolo Paolo, chiediamo di essere liberati da tutte le cose e le situazioni che non ci piacciono.

Probabilmente, soltanto in un secondo tempo, con l’aiuto dello Spirito Santo, saremo pronti ad esaminare noi stessi e pregare a Dio di rivelarci cosa vuol togliere e cosa vuol cambiare nella nostra personalità. Nell’afflizione, gli domanderemo di darci la forza di desiderare ciò che Egli desidera per noi e non la nostra volontà.

Quando gli Ebrei soffrirono per la loro infedeltà e piangevano a Dio, Egli rispose: “Io so i pensieri che medito per voi”, dice il Signore: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza” (Geremia 29:11).

Il piano di Dio per la tua vita non è di farti soffrire e subire ingiustizie, ma di curarti e guarirti, attraverso le esperienze della tua vita. Sei capace di fidarti di Lui?

Come fanni i chirurghi, quando il paziente ha un cancro, un male che lo rende poco attraente, poco utile, poco felice, anche il Signore usa il bisturi. Taglia per guarire. Fidati di Lui.

martedì 2 febbraio 2010

Le tue sofferenze non sono inutili

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I tesori che potrai scoprire


Un grande errore di troppi credenti è che pensano che, se fossero davvero bravi, non avrebbero mai sofferenze o difficoltà. Pensano che il credente che vive vicino al Signore non ha mai problemi e che le sofferenze loro sono una punizione che non hanno meritata e che non capiscono.

Perciò pregano, come ha fatto l’apostolo Paolo, che le loro tribolazioni siano tolte e attribuiscono o alla loro cattiveria o all’assenza di Dio il fatto che le loro tribolazioni, invece, continuano e forse diventano più pesanti.

Dovrebbero ringraziare Dio perché nelle loro tribolazioni impareranno e sperimenteranno delle verità spirituali che non potrebbero mai imparare nella stessa misura se tutto per loro andasse sempre bene.

Infatti, l’apostolo Paolo ha avuto una grossa difficoltà personale da sopportare, e lui desiderava che gli fosse tolta: “mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l'allontanasse da me; ed egli mi ha detto: La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza” (2 Corinzi 12:7-9).

La risposta del Signore alla sua preghiera non era né ciò che Paolo desiderava né ciò che aspettava. Come noi, egli preferiva stare bene e senza problemi, e ciò è più che normale. Ma non è sempre ciò che il Signore vuole per noi. Ed Egli ha anche dei buoni motivi per il suo modo di agire verso di noi. Possiamo imparare qualche cosa da Paolo?

Dopo che Paolo ha pregato che la sua sofferenza gli fosse tolta dal Signore, e ha capito che Dio non intendeva toglierla, egli scrisse: “Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte” (2 Corinzi 12:9,10).

Dalla sua esperienza di rifiuto della sua sofferenza, e, poi, dal fatto che Dio non esaudiva la sua preghiera, Paolo ha capito che Dio non gli toglieva quella sofferenza per un suo buon motivo. Forse è lo stesso motivo per cui non sempre risponde alla nostra preghiera come desideriamo.

Consideriamo ciò che Paolo ha imparato dalla sua esperienza e dal fatto che il Signore sembrava non rispondere alla sua preghiera.

  1. Dio desiderava così togliergli la tentazione di essere una persona orgogliosa.
  2. Dio voleva che Paolo riconoscesse la sua debolezza fisica, come uomo.
  3. Dio ha insegnato a Paolo di rallegrarsi che, a motivo della sua debolezza, qualsiasi forza fosse dimostrata nella sua vita veniva da Dio e non da lui.
  4. Paolo ha imparato che effettivamente la potenza di Cristo dimorava su di lui.
  5. Da quel momento non si lamentava più delle sue debolezze e sofferenze.
  6. Piuttosto, Paolo si rallegrava che Dio dimostrava la sua forza, sostenendo Paolo e rendendolo capace di testimoniare dell’aiuto di Dio proprio nelle sofferenze.
  7. Paolo si rallegrava che Dio gli desse la possibilità di testimoniare della Sua forza divina che si rivelava nel sostenere il debole Paolo nelle sue sofferenze.
Quali benedizioni ha preparato Dio per te, permettendoti di vivere nella debolezza e nella sofferenza?

Ne parleremo anche la prossima volta.