martedì 27 dicembre 2011

Un altro anno è già passato


Quante ore perdute?

Come si fa a “perdere” il tempo?  Dove va il tempo “perduto”?

I grandi imprenditori dicono, con certezza matematica, che “Il tempo è soldi”, perché fanno il calcolo di quanto rende la loro impresa sulla base di ore, giorni e mesi di entrate e di profitti.E non sono contenti se ogni momento non rende il massimo possibile.

Il guaio è che la maggioranza della gente comune, come te e me, non pensa affatto a come rende il suo tempo, in bene o in male.  Ma si lamenta soltanto del fatto che le “manca il tempo per fare tutto”.

Spesso le persone si occupano delle loro faccende, compiti e responsabilità secondo l’urgenza del momento, senza riflettere minimamente su quale sia più importante e quale meno.  Così si occupano delle cose secondo l’urgenza del momento, sprecando tempo in attività che valgono poco e trascurando le più importanti, perché, poi, “manca il tempo”.

O, spesso, si occupano prima delle cose più facili o più piacevoli, lasciando quelle difficili o antipatiche, anche se estremamente più importanti, a “quando avrò più tempo”.

Peggiori di tutti sono i “procrastinatori”, di cui facciamo parte un po’ tutti.  Il procrastinatore è colui che, quando sta per cominciare un lavoro importante e urgente, si lascia distrarre da ciò che non c’entra per nulla, per esempio, la telefonata da o a un amico, controllare la posta e-mail, il titolo di un libro sul tavolino, una notizia su un giornale, una trasmissione alla TV, il bisogno di fare un salto a comprare qualcosa al supermercato.  Così passano due ore, o una mezza giornata, senza avere combinato proprio nulla.

Il procrastinatore dice: “Farò quella cosa importante al più presto, ma domani, non ora.  Prima devo occuparmi di... (infondo si tratta di mille cose che servono per rimandare ciò che si dovrebbe fare ora).

Quando stiamo per cominciare un anno nuovo, che consideriamo come una nuova pista di lancio per una vita più produttiva, nella quale non mancano “cose importanti” da iniziare e completare, quante cose importanti potremmo contare che avremmo dovuto fare già da tempo, ma che non sono state fatte?   

Quante persone (marito, moglie, genitori, figli, compagni di scuola o di lavoro, fratelli di chiesa) aspettano ancora ciò che abbiamo promesso da tempo, ma che continuiamo a rimandare perché “non abbiamo tempo”?

Eppure, sappiamo che nessuno al mondo “ha più tempo” di noi.  È una banalità dire che ognuno ha 24 ore al giorno, né più né meno di quante ne abbiamo noi.

Alcuni “perdono il loro tempo” e altri no.  Probabilmente lo fai anche tu. 

La prima domanda che bisogna farsi sinceramente è questa: “Mi importa?  Mi dispiace?  Se perdo il mio tempo, mi fa male?  Se tutti mi considerano inaffidabile, se trascuro delle possibilità di migliorarmi, di aiutare altri, di servire Dio, mi basta piangere nel mio brodo? O intendo cambiare, costi quel che costi?”.

Non rispondere rapidamente e superficialmente, perché si tratta di una domanda a cui o si risponde sul serio o per la quale stai soltanto “perdendo il tuo tempo”.
 
Se hai risposto che sei pronto a cambiare, anche se ti costa, ci risentiamo la settimana prossima.
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martedì 20 dicembre 2011

Ma non è un mito sdolcinato


Un giorno di storia in Israele

“Una volta, tanto, tanto tempo fa…”
 “Oggi?”
 “No, non oggi!  Nel principio del tempo, tanto, tanto tempo fa…”
 “Oggi?”
 “No, non oggi! Una volta, tanto, tanto tempo fa, quando non c’era nessuno a 
vederlo…”
 “Oggi?”

Secondo la “spiritualità” dei nostri tempi, ognuno crede, crea, aggiusta, sceglie i “fatti” della sua religione come gli pare.  Soprattutto, anche chiamandosi, magari, cristiano, butta tutto ciò che non gli piace, non lo soddisfa, non gli sembra giusto. È difficile trovare qualcuno che creda a qualcosa che si può esaminare, indagare, confrontare.

Chiedere se una cosa della Bibbia è veramente successa, quando e dove, sembra meschino, terreno, antireligioso.  La religione, si dice, deve essere un sentimento, una sensazione, che ti riscalda e ti consola.  Riguarda l’invisibile, ciò che è fuori del tempo e della logica.  “Imprigionarla”, si pensa, dentro date e luoghi, persone e avvenimenti, ucciderebbe il sentimento della spiritualità.

Perciò, mi sono meravigliato di nuovo davanti al racconto della nascita di Gesù, come mi accade tutti gli anni.  Nel racconto dell’evangelista Luca, un angelo (sì, è qualcosa di straordinario e spirituale), disse ai semplici pastori:

“Oggi…” Non “tanto tempo fa”, ma in una data precisa, che i pastori potevano facilmente controllare.  E dovevano controllare!

“Nella città di Davide…” Non in “un paese lontano, lontano…” che nessuno conosce.

“È nato…” Non “è apparso un mago, uno spirito, un dio”, ma è nato, in carne e ossa, un bambino che somiglia a tutti gli altri.

La nascita di Gesù non è un “fatto spirituale”, ma un fatto storico, avvenuto in una data del calendario, in una città che aveva la sua storia e la sua collocazione geografica e politica, da una giovane di cui si conoscevano la parentela e la città natale.

E così è stata tutta la vita di Gesù, una vita vissuta davanti a parenti e compaesani, fatta di lavoro faticoso e di viaggi limitati ad un paese piccolo e soggetto ai potenti Romani.  In quel paese ha camminato, si è stancato, si è trovato in pericolo e si è salvato, ha insegnato come facevano tanti altri rabbini.

I suoi insegnamenti hanno suscitato la fede in alcuni e l’odio di altri.  Alla fine, tradito da un suo discepolo, è stato arrestato e giustiziato dai Romani, in base alle accuse false dei suoi correligionari.

Certo, ci sono i suoi miracoli e la sua resurrezione.  Ma, inseriti nella vita comune a tutti i mortali che egli ha vissuta, non rendono quella vita mistica e irreale. Piuttosto, la sua umanità e normalità servono a rendere i suoi miracoli dei fatti storici, che neanche i suoi nemici hanno tentato di negare.

Chi oggi professa di essere cristiano, ma nega o dubita della storicità della vita di Gesù, come vero uomo che ha dimostrato le caratteristiche spirituali del vero Dio, che è morto per pagare il debito degli uomini peccatori e portarli a Dio, sta barando e professa una fede che storicamente non può esistere.

NOTA: Questi pensieri, espressi più completamente, sono a tua disposizione sul sito internet: www.Chiesaberea.org come sermone dal titolo “Il giorno che cambiò la storia”. Puoi ascoltarlo cliccando QUI.
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mercoledì 14 dicembre 2011

È stata sgamato


Il fantasma del Sant’Orsola

Panorama l’ha chiamato “il fantasma del Sant’Orsola”, ma io penso di avere visto o lui o un suo parente nella nostra sala evangelica a Roma.

“Il fantasma del Sant’Orsola” è stato scoperto e forse riceverà quello che merita.  Si tratta di un’infermiera che, secondo i Carabinieri, ha lavorato solo sei giorni in nove anni, benché abbia ricevuto, in quei nove anni, qualcosa come 33.177 euro fra stipendi, detrazioni fiscali e assegni familiari.  Almeno noi, il nostro fantasma, non l’abbiamo dovuto pagare!

A me capita, sempre inaspettatamente, di ricevere una telefonata da persone che non ho viste né sentite da almeno una decina di anni, che mi ricordano e hanno pensato a me e mi vogliono salutare. In questi dieci anni, non hanno mai messo piede nella nostra sala, non hanno mai fatto cadere una moneta nella cassa delle offerte, non hanno mai mandato un saluto alla chiesa.

Dopo avermi dato alcune informazioni sulla loro famiglia e chiesto notizie della mia, mi salutano, dicendo: “Sai, non ho mai dimenticato nessuna delle cose che mi hai insegnato e quando mi chiedono della mia fede, rispondo sempre che sono evangelico e che faccio parte della chiesa di via Britannia!”.

Alla salute!  Ecco che si è fatto sentire un altro dei tanti fantasmi di via Britannia.

Un po’ mi ricordano l’esperienza che il famoso evangelista americano Dwight L. Moody ha raccontata.  Una sera camminava per una strada nel centro di Chicago, quando un uomo ubriaco lo avvicinò per salutarlo: “Buona sera, Signor Moody.  Mi riconosce?  È lei che mi ha ­­salvato!”.

“Bene” gli rispose Moody.  “Penso proprio che tu abbia ragione.  Certamente, il Signore non c’è entrato!”

Sarebbe una grande sorpresa se tutti i fantasmi d’Italia che si chiamano “evangelici”, perché hanno frequentato una qualche chiesa per una settimana, per un mese o un anno, ma che poi non sono mai più riapparsi, si facessero contare.  Io credo che il 25% dell’Italia sarebbe “evangelico”.

“Ma a che servirebbe?” chiedi.

Hai ragione, non servirebbe proprio a nulla.  Anzi, varrebbe più o meno quanto aspettarsi che tutta la gente che noi chiamiamo “credenti un po’ pigri”, e che non abbiamo vista in chiesa da sei mesi o un anno, apparisse domenica prossima.

D’altra parte, non si può mai sapere.  Spesso, a Natale o a Capodanno, qualche fantasma appare!

Se lo vedi, fammelo sapere.
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martedì 6 dicembre 2011

Odiare è davvero una cattiveria?


È tempo di odiare bene  

È un buon giorno per odiare?  Certo, molte persone arrivano a odiare qualcuno o qualcosa, senza preoccuparsi del momento o dell’anno in cui lo fanno.

Ma siamo in tanti, ai quali i nostri genitori hanno insegnato che è sempre sbagliato odiare. Odiare è una cattiveria verso chiunque e ci rende odiosi, ci dicevano.  Non vorremmo cadere tanto in basso da essere coinvolti nell’odio che regna in molte famiglie, in paesi, fra i popoli, le religioni o le razze.

Eppure, una persona forte, e che conosce il fatto suo, non può fare a meno di odiare.  E fa bene!  L’Ecclesiaste, nel libro che ha scritto e che fa parte della Sacra Bibbia, dice: “Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo tempo per ogni cosa sotto il sole… un tempo per amare e un tempo per odiare” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,8a).

Volendo, potremmo considerare questa frase come uno dei numerosi paradossi che ha espressi nel suo libro e non pensarci più.  Sbaglieremmo!

Dato che il Creatore dell’universo ci ha creati alla sua immagine, possiamo imparare da Lui ciò che l’uomo sano di mente e di morale dovrebbe odiare.  Nel Salmo 97, versetto 10, siamo avvertiti: “Voi che amate il Signore, odiate il male!” (Salmo 97:10a).  In questo contesto, “odiare” significa avere una predisposizione a respingere, disprezzare e evitare tutto il male che ci viene proposto, che esiste intorno a noi, o che regna nel rapporto fra gli uomini, e fra gli uomini e Dio.  Nel Libro dei Proverbi, l’autore mette queste parole in bocca alla “saggezza”: “Il timore del Signore è odiare il male; io odio la superbia, l’arroganza, la via del male e la bocca perversa” (Proverbi 8:13).

L’uomo che ama Dio e vive per Dio non è un robot che non ha sentimenti o emozioni e che cammina in un mondo suo nella completa indifferenza.  Al contrario, è una persona piena di buon senso e di qualità e emozioni che lo identificano come uno che ama Dio.  Gesù, quando è stato interrogato riguardo a quale sia il primo comandamento a cui l’uomo dovrebbe ubbidire, ha detto: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Vangelo di Matteo 22:37).

Merita, perciò, un autoesame profondo e preciso la tua risposta a questa domanda:  “Ami tu ciò che Dio ama e odi ciò che Dio odia?”.
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martedì 29 novembre 2011

È meglio che tu stia zitto


Ma è bene anche parlare

Parole, parole, parole.

Parole vere, parole false.  Parole sincere, parole false.  Parole belle, parole false.  Parole gridate, parole false.  Parole sussurrate, parole false.

Quante ne senti in una giornata?  E quante ne senti in una vita?  Milioni, centinaia di milioni.  Vale la pena ascoltarle?

E quante ne dici tu in una vita?  Parole vere, parole false?  Anche tu?

Alcuni hanno pensato che bisogna scappare dalle parole, dalle parole ripugnanti, puzzolenti, disgustose.  Ma dove andare?  Diventare eremiti persi in un deserto senza compagni, senza un'altra voce umana?

Come ha detto l’Ecclesiaste: “Per tutto v’è il suo tempo, vi è il suo momento per ogni cosa sotto il sole. …un tempo per tacere e un tempo per parlare”(Libro dell’Ecclesiaste 3:1,7b).

Capire questa piccola frase dell’Ecclesiaste farebbe di tutti noi delle persone intelligenti e sagge.  Se soltanto potessimo capire davvero quando conviene tacere e quando no, quando è giusto parlare e quando no.

Sono sicuro che, se prendessimo sul serio questo avvertimento, parleremmo molto di meno, taceremmo molto di più. Combineremmo meno guai, offenderemmo meno persone, ci dimostreremmo meno sciocchi!

Forse tacciamo per paura o per imbarazzo quando dovremmo, invece,dire forte e chiaro, ciò che crediamo e come valutiamo le cose che altri ci dicono, cercando la nostra approvazione.  Dire che non siamo d’accordo non è facile, ma è un atto coraggioso e, in fondo, un aiuto a chi sbaglia.

Ma esistono altri momenti in cui il silenzio è il migliore e più giusto commento.  Se evitassimo di dare il nostro parere su tutto e tutti, se tenessimo la bocca chiusa quando, in effetti, non abbiamo nulla da dire, eviteremmo tantissime brutte figure.

Il grande Re Davide lo aveva imparato, forse proprio dai suoi sbagli.  “Siano grate nel tuo cospetto le parole della mia bocca e la meditazione del cuor mio” ha scritto (Salmo 19:14), e, un’altra volta: “O Eterno, poni una guardia dinanzi alla mia bocca, guarda l’uscio delle mie labbra” (Salmo 141:3).

Chi non medita e mette in pratica le parole dell’Ecclesiaste è uno sciocco perfetto (se ne esistono di perfetti!).
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martedì 22 novembre 2011

S-t-r-r-r-a-a-a-p-p-o?


Scegli un bellissimo “cucito”

Amici, amicizia, divertimento, star bene, condividere esperienze e emozioni, godere la vita. Che male c’è?
Dipende.
Forse, bisognerebbe domandarsi: “Chi sono gli amici?”. E: “Quali sono le esperienze e le emozioni che condividete?”.
Non ci vuole una quantità smisurata di sale nella zucca per capire che non tutte le esperienze e emozioni fanno del bene e che certi amici ti tirano e attraggono in direzioni molto diverse dalla tua vita normale.
Ma, lasciare o evitare gli amici che sembrano più divertenti, più pronti alle avventure emozianti, non è facile. E perché farlo?
Uno degli scrittori più intelligenti di tutti i tempi scrisse: “Figlio mio, se i peccatori ti vogliono sviare, non dare loro retta. … Tu però, figlio mio, non t’incamminare con loro; trattieni il tuo piede lontano dal loro sentiero. … Chi mi ascolta starà al sicuro, vivrà tranquillo, senza paura di nessun male” (Proverbi del Re Salomone 1:10,15,33).
Questo problema delle amicizie è una grossa tentazione per molti giovani e anche per molti adulti, uomini e donne. Si comincia per divertirsi. Si arriva a chiedersi e dubitare se si fa bene e se non sarebbe meglio cambiare vita e amici. Ma, poi, vi è l’inevitabile reazione: cosa penseranno di me? Mi prenderanno in giro? Posso sopportare il loro disprezzo e giudizio sprezzante? Non sono ormai già “uno di loro”?
E qui interviene il consiglio dell’Ecclesiaste: “Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo. …un tempo per strappare e un tempo per cucire” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,7a).
“Strappare” è difficile e può risultare anche doloroso. Ma può essere la ricetta di Dio per la situazione in cui ti trovi. È molto più facile lasciare correre, sperare che, se necessario, troverai più tardi un modo più facile per svincolarti dagli amici sbagliati. Sfortunatamente, quel momento “facile” non arriva mai. Anzi, più tempo passa, più difficile e costoso diventa lo strappo.
Non solo le amicizie, ma anche certi fidanzamenti hanno bisogno di uno strappo coraggioso. Unirsi per una vita alla persona sbagliata (non dare retta al consiglio stupido che “si può sempre divorziare”, che costa una somma immensa di sofferenza e di umiliazione): soltanto perché si ha vergogna o paura di “strappare”, non è una sciocchezza: è un errore spaventevole.
Comunque, non si deve rimanere una persona “strappata”, senza risorse e senza amicizie. Può essere difficile, ma è possibile scoprire il “tempo per cucire”, entrare in nuovi gruppi di persone simpatiche, fare conoscenza di persone che saranno sincere con te e diventeranno fedeli amici, con cui costruire una vita sana, felice e appagante. Per cucire ci vuole il suo tempo, ma chi può preferire una vita di solitudine solo perché si è stati bruciati una volta?
Anche le stoffe strappate possono riapparire come meravigliose opere di cucito, se fatte dalla mano di un maestro, se quel Maestro è il Signore Gesù, l’amico migliore mai conosciuto.
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mercoledì 16 novembre 2011

La pulizia richiede delle scelte

Pensa bene a cosa vuoi buttare via


“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo, …un tempo per conservare e un tempo per buttar via” (Ecclesiaste 3:1,6a).


Cosa vorresti “conservare” e cosa “buttar via”? Hai capito: sono due azioni totalmente contrarie, ma tutte e due sono utili. Quanti guai possiamo tirarci addosso proprio invertendo le cose: conservando ciò che andrebbe buttato via e buttando via le cose che dovremmo conservare.


Ecco le parole di uno degli uomini più intelligenti che siano mai vissuti, riguardo alle “cose” da conservare con tutta la tua forza:


“Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento, e il tuo cuore osservi i miei comandamenti, perché ti procureranno lunghi giorni, anni di vita e di prosperità.

“Bontà e verità non ti abbandonino; legatele al collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore; troverai così grazia e buon senso agli occhi di Dio e degli uomini.

“Confida nel Signore con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie ed Egli appianerà i tuoi sentieri. Non ti stimare saggio da te stesso; temi il Signore e allontanati dal male; questo sarà la salute del tuo corpo e un refrigerio alle tue ossa” (Proverbi di Salomone, 3:1-8).


In un tempo di stupidità circolare, dai politici agli impiegati degli uffici pubblici, dai professori agli studenti, dagli psicologi ai loro pazienti, è importante NON credere agli annunci, alle proteste, alle proclamazioni di verità “nuove”. Come disse bene il noto predicatore di qualche secolo fa, C.T. Spurgeon: “Se qualcuno ti annunzia una verità nuova, lascialo perdere. Le verità ‘nuove’ sono tutte bugie”. Cosa intendeva dire? Rimanere nell’ignoranza e nella confusione del mondo vecchio? Niente affatto. Ma sapeva che le verità fondamentali che riguardano la vita e la morte, lo scopo della vita e come vivere nella pace e nella gioia, sono quelle verità che Dio ha rivelate nella Sacra Bibbia molto tempo fa.


Non buttare via gli unici tesori che non appassiscono, le verità della Bibbia, per diventare succube di qualche inganno vecchio (anche gli inganni e le truffe non sono mai “nuovi”, neanche quando cercano di farti credere che si tratta dell’“ultima scoperta della scienza” o dell’ultima idea geniale di qualche “esperto”).


Allora, rimane la domanda: “Cosa buttar via?” Butta via tutta la letteratura che ricevi o che hai messo da parte che sostiene la teoria assurda che Dio non esiste, o che ti incoraggia a vivere la tua vita, occupandoti soltanto di ciò che piace e pare a te, perché, intanto, nessuno sa e “nessuno ti può dire cosa sia giusto o sbagliato”.


Chi butta via ciò che va buttato via e conserva ciò che merita essere conservato è una persona saggia, che Dio benedirà.
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mercoledì 9 novembre 2011

Gli abbracci che fanno male


I rimproveri che fanno bene

Ti pare, a volte, di essere circondato dall’ipocrisia e dalla falsità?  Capita un po’ a tutti, perché, più volte che no, la realtà è questa.

Ipocrisia significa portare una maschera, forse la bella maschera di una faccia sorridente, mentre, dietro la maschera, si piange.  Oppure portare una maschera di sincera amicizia, mentre, dietro la maschera, qualcuno ti sta ingannando o cercando di approfittarsi di te.

Impariamo abbastanza presto a non fidarci troppo della gente, particolarmente della gente che non conosciamo.  Poi, di alcuni colleghi, compagni di lavoro o di studio. Di venditori e rappresentanti, non ne parliamo neppure.  Il peggio è quando, per un certo tempo, ci siamo fidati di qualcuno e poi, patatrac, scopriamo di essere stati ingannati e, forse, danneggiati.

Perché la gente fa così?  Perché prende piacere nel fare del male?  Spesso è perché anche loro si sono trovati ingannati e pensano di vendicarsi col primo che capita.  In fondo, siamo tutti egoisti e impariamo che, secondo la società che ci circonda, bisogna sempre pensare prima ai propri interessi perché gli altri certamente lo stanno facendo.  Detto biblicamente, nel mondo regna il peccato e il fondamento del peccato è l’egoismo che inquina tutto.

Per grazia di Dio, non è sempre e dappertutto così!  Esiste anche l’amore, l’amore umano e, soprattutto, l’amore di Dio, che trasforma le persone e anche le relazioni fra le persone. Con la sua vita, mentre era sulla terra, Gesù espresse al massimo grado l’amore che pensa prima al bene dell’altro, ed è pronto a sacrificarsi, e a rinunziare perfino ai propri diritti, per il bene dell’altro.  L’apostolo Paolo ha scritto che Gesù ha dato la sua vita proprio per i suoi nemici, perché essi non avevano alcuna speranza, senza l’intervento del suo amore.

Nel libro biblico che stiamo meditando, il libro dell’Ecclesiaste, l’autore insiste che, nel piano di Dio, e nella vita umana, “Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo,…un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,5b).

Uno dei casi in cui è vero questo detto proverbiale è proprio quando dobbiamo renderci conto della gente con cui abbiamo a che fare.  È facile dire: “Abbraccia i tuoi amici e non abbracciare chi ti vuole fare del male”, ma ciò richiede saggezza e giudizio.  In altre parole, non ti lasciare coinvolgere in gruppi o situazioni in cui potresti cadere vittima di chi fa finta di esserti amico, ma lo fa solo per il proprio tornaconto.

Un altro modo di dirlo è: “Impara bene chi sono i tuoi veri amici e fidati di loro.”  È molto triste vedere un giovane che si fida delle persone sbagliate (e succede a migliaia di ragazzi come lui!) e poi rimane invischiato nella rete pericolosa della droga, della piccola criminalità o dell’immoralità e la sua reputazione, e forse anche la sua vita, rimane segnata per sempre.

Non ti lasciare ingannare.  Non credere mai a tutti i sorrisi e ai complimenti che gli altri ti fanno quando non li conosci bene.  Non credere a chi ti fa sognare lidi di benessere, piaceri sconosciuti e compagnia allegra, particolarmente quando ti promettono che farlo “non ti costerà nulla, tanto, ci pensiamo noi”.

C’è un tempo per gli abbracci, certamente; ma è solo quando ti trovi con persone che conosci bene e che ti hanno provato la loro serietà e la loro amicizia, anche se, a volte, ti hanno anche rimproverato o sgridato.  Quelli erano i segni che ti volevano bene.

Ma non ti lasciare andare agli abbracci affrettati e alle attrazioni scintillanti che, alla fine, ti porteranno solo dolore e delusione.
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mercoledì 2 novembre 2011

Dolore senza rimedio


Una soluzione c’è

Un grave lutto ha colpito una famiglia di fratelli in fede a cui vogliamo bene da tanti anni e mi sono trovato a cercare nella Bibbia, che è la Parola di Dio, una bellissima affermazione di come Dio ci aiuta ad affrontare e superare un fatto simile. 

Molta gente, non sostenuta dalla fede, si mette a inveire contro la cattiva fortuna, contro la cattiveria umana e perfino contro Dio.  Si capisce che queste reazioni “naturali” non aiutano in nessun modo a rendere più sopportabile o accettabile la loro disgrazia.  Infatti, la gente è, e rimane, senza speranza e senza conforto.

Il passo che mi ha colpito in questo momento è di Paolo Apostolo: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione” (2.a lettera di Paolo Apostolo ai Corinzi 1:3).

La misericordia è un tipo particolare di amore, di cui noi siamo capaci solo in piccola parte.  Ricordi quando eri piccolo e avevi fatto qualcosa, forse un disegno, col desiderio di fare un grande regalo a tuo papà o a tua  mamma?  Purtroppo, forse avevi colorato fuori delle righe, forse la forma della casa o dell’animale che volevi disegnare era quasi impossibile da riconoscere, forse hai passato per sbaglio sul colore con la mano e fatto un brutto sbaffo… Se, come penso,  tuo Papà o tua Mamma ti hanno fatto un bel sorriso e ti hanno detto: “Che bel disegno, mi piace moltissimo!”, il loro è stato un piccolo esempio di amore misericordioso.

La misericordia è la qualità divina per cui Dio, che ci conosce a fondo e sa esattamente come siamo, che capisce totalmente i nostri limiti umani e spirituali, malgrado i nostri difetti o azioni che non sono all’altezza di ciò noi avremmo desiderato, continua ad amarci totalmente.  Egli ci circonda col suo amore e la sua benedizione, ci tiene vicini a sé col calore del suo amore senza alcun limite.  Questo è ciò che Paolo vuole dire con le parole “il Padre misericordioso”.

Paolo lo chiama anche “il Dio di ogni consolazione”.  La piccola parola, “ogni”, messa accanto a “consolazione”, esprime delle possibilità infinite.  Quando l’Iddio onnipotente consola una persona, non esiste limite al tipo di problema che, nella nostra vita, richiede consolazione.  Forse si tratta, come nel caso menzionato all’inizio di questo post, di un lutto improvviso e devastante, capace di fare facilmente cadere le nostre difese, di suscitare domande senza risposta, di insinuare dubbi impensabili sulla capacità di Dio di controllare le circostanze, di proteggere noi e i nostri cari, di mantenere le promesse su cui poggia la nostra vita.  Sì, “ogni consolazione” significa che Dio ci consola in ogni possibile situazione che mai incontreremo.

Sono proprio le circostanze del nostro dolore, proprio le possibili domande sulla potenza di Dio, l’amore di Dio, le promesse di Dio, le intenzioni di Dio, che potrebbero insidiare le certezze della nostra fede e, perciò, spingerci a dubitare della sua consolazione.  Ma le parole “ogni consolazione” significano che Dio ha previsto proprio questi limiti umani, nella sua perfetta misericordia, e che provvederà senza limiti la sua consolazione.

La parola “consolazione” ci ricorda il nome dato da Gesù a quel sostituto che avrebbe continuato la sua opera, dopo il suo ritorno in cielo.  Egli ha detto che suo Padre avrebbe mandato, al posto suo, “un altro Consolatore”, cioè lo Spirito Santo.  Le origini della parola, consolatore, indicano uno che sta accanto a noi e prende sulle sue spalle il peso che non riusciamo a sollevare.

Il Consolatore sta vicino a noi, accanto a noi, per confortarci e consolarci, portando i pesi umanamente al di là di ogni resistenza o sforzo umano.

Forse il peso che tu porti non è la perdita di una persona cara, forse si tratta di problemi di salute, di lavoro, di famiglia, di circostanze che sembrano insopportabili.

Quale gioia sapere che tu, come figlio di Dio, provato e tentato oltre ogni possibile sopportazione umana, hai accanto a te Dio stesso, il quale ti consola e che, che tu lo capisca o no, porta con te i tuoi pesi.  Fidati di Lui, l’Onnipotente.
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mercoledì 26 ottobre 2011

Il pianto e il cordoglio


Un tempo per ballare

Più si penetra nel pensiero dell’autore del libro dell’Ecclesiaste e più comprende quanto il mondo sia pieno di emozioni e delle esperienze più varie possibili. E sono tutte utili per noi, per farci rallegrare o per farci rendere conto della tristezza che così spesso regna oggi nel mondo.

La settimana scorsa, abbiamo visto che c’è un tempo sia per piangere sia per ridere, due esperienze e due situazioni totalmente diverse. Certamente nella tua vita hai provato sia il piangere che il ridere di gioia.

Nello stesso versetto 4, del capitolo 3 del libro biblico dell’Ecclesiaste, si trovano due attività che si adattano a questi due sentimenti contrastanti. Ecco di che si tratta e cosa vogliono dire.

“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo,… un tempo per fare cordoglio e un tempo per ballare” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,4b).

Non si potrebbero facilmente immaginare due momenti più distanti l’uno dall’altro: fare cordoglio e ballare.

Il cordoglio è composto dal pianto e dal dolore causati dalla morte di una persona amata. Il cordoglio è una reazione logica alla realtà della morte e la Bibbia certamente non lo condanna. Specifica, però, che vi sono due tipi di cordoglio. Uno è il pianto disperato della persona che non ha una fede che possa confortarla in presenza della morte, né una speranza ben fondata riguardo a ciò che avviene dopo la morte. Questo non vuol dire che questa persona non abbia qualche tipo di speranza, spesso basata soltanto sulle false promesse di qualche religione o superstizioni del tipo “il tuo caro papà è ancora molto vicino a te e avrà una cura speciale di te, ora che è andato dall’altra parte”, oppure: “il tuo bambino, o la tua sorellina, ora è un angelo che ti proteggerà sempre”.

Queste false speranze sono fondate su voci popolari e frasi convenzionali, prive di qualsiasi base biblica e cristiana.

D’altra parte, l’apostolo Paolo ha scritto della speranza viva, fondata sulla risurrezione di Cristo e sul fatto che i credenti partecipano alla sua vittoria sulla morte, per cui è possibile per loro “non essere tristi come gli altri che non hanno speranza” (1.a lettera ai Tessalonicesi 4:13). E continua dicendo queste parole confortanti: “Questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore… Il Signore stesso… scenderà dal cielo e prima risusciteranno i morti in Cristo, poi, noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore” (1.a lettera ai Tessalonicesi 4:16,17).

Gesù ha detto ai suoi discepoli, riguardo alla sua morte: “In verità, vi dico che voi piangerete e farete cordoglio… Sarete rattristati, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia… voi siete ora nel dolore, ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia” (Vangelo di Giovanni 16:20,22).

Il “tempo per il cordoglio” di cui ha scritto l’Ecclesiaste è il tempo breve in cui anche il credente piange per la separazione da una persona amata, ma “il tempo per ballare” è il tempo dell’esultanza, della gioia illimitata di quando i credenti saranno alla presenza del loro Signore e saranno circondati dai loro famigliari credenti, per tutta l’eternità. La gioia sperimentata nella vita attuale è molto bella, ma spesso si appiattisce nelle prove e nei dolori della vita. La danza è quell’espressione di gioia umana e spirituale, per cui le parole non bastano a descriverla e che non ha nulla a che fare con il ballo attuale, basato a volte su sentimenti nobili, ma più spesso spinto da desideri e pulsioni meramente carnali.

Il “tempo per ballare” che il Predicatore del libro dell’Ecclesiaste proclama, sarà quella gioia pura che si sperimenterà finalmente nella vita eterna futura.

Tu hai dei motivi sicuri per credere che sarai presente al tempo di quel ballo?
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martedì 18 ottobre 2011

Ora c’è un tempo per piangere


Ma poi non si piangerà più

L’immagine popolare di Dio, visto da alcuni come un essere solenne e irraggiungibile e da altri come un vecchietto crudele e imprevedibile, è completamente smentita dai brevi passi che abbiamo trovato nel libro biblico, praticamente sconosciuto, dell’Ecclesiaste.  Qualunque concetto che tu abbia di Dio è, ovviamente, falso o estremamente incompleto.

Nella mente e nel piano di Dio, vi è tempo per tutto, e “l’Ecclesiaste” (spesso tradotto con “il Predicatore”) elenca almeno 14 attività contrarie, per cui, sorprendentemente, vi è non solo tempo, ma addirittura “un tempo” preciso.

“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il sole… un tempo per piangere e un tempo per ridere…” (Ecclesiaste 3:1,4a).

“Un tempo per piangere…” non c’è nessuno che non abbia pianto. Anche Gesù, quando era sulla terra in forma umana, ha pianto.  Il pianto è, comunque, un risultato della caduta nel peccato da parte dell’uomo e dal risultato del peccato, che è la morte.

Siccome il mondo è ormai avvelenato dal peccato e dalla morte, altri prodotti tristi, e spesso commoventi, del peccato sono la malattia, la sofferenza, l’odio, la gelosia, l’inganno, il tradimento, la crudeltà, le guerre e tanti altri sentimenti e situazioni.

Perciò, l’Ecclesiaste trova un motivo ragionato e universale per dire che vi è un tempo per piangere.  Tu piangi, i tuoi amici e vicini piangono, anche i popoli e le persone in condizioni totalmente diverse dalle tue piangono.  Senza rendercene conto, stiamo piangendo per il male che esiste sulla terra e per i risultati del male che viviamo o vediamo intorno a noi.

Però, Dio, nella sua bontà infinita e nel suo amore per le sue creature, ci ha lasciato ancora la capacità di ridere e anche crea delle circostanze in cui proviamo la gioia o la felicità e anche un senso del ridicolo, dell’assurdo e del buffo, per cui la nostra vita è allietata da risate.

La persona che non può ridere o che non può piangere ha perso una parte della sua umanità e della sua partecipazione all’ambiente in cui vive.  Molte volte un copioso pianto o un tempo di sonore risate scaricano i nostri nervi e risollevano i nostri spiriti.  Hai mai pensato a queste due attività come doni di Dio?   Veramente lo sono.

In questa nostra vita umana, la Bibbia dice giustamente che vi è un tempo per piangere e un tempo per ridere.

Ma la Bibbia va oltre.  Afferma che vi sarà un tempo in cui il peccato, la morte, il pianto e la malattia saranno allontanati per sempre.  Come ha scritto l’apostolo Giovanni, in quanto credenti nella Bibbia e nell’opera di amore e di salvezza che Cristo ha compiuto per noi, ci aspettiamo di vedere il pianto, la sofferenza e la morte eliminati dalla realtà delle miriadi di persone che vivranno eternamente con il Signore.  Questo è solamente uno fra i tanti meravigliosi e incredibili risultati della salvezza eterna che Dio ora ci offre.  In quel tempo, però il pianto sarà ancora un’esperienza terribile per chi ha rifiutato di riconoscersi peccatore e bisognoso del perdono e del dono di una vita nuova.
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martedì 11 ottobre 2011

Un tempo per demolire


Giusto ciò che ti serve!

Ormai abbiamo capito che all’Ecclesiaste piacciono i contrasti e che ne scrive e parla con facilità, ma anche con profondità.

“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo… un tempo per demolire e un tempo per costruire” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,3b).

Non è possibile costruire un bel palazzo su un terreno dove esiste già un allevamento di maiali.  Non basterebbe scrivere su un cartello: “Questo è il sito dei nuovi uffici generali delle Assicurazioni Copritutto”.  Neppure basterebbe mettere sul cartello il disegno di un modernissimo palazzo.

Fino al momento in cui qualcuno non arriverà con un badile, o con la scavatrice, e non si darà da fare, i passanti non vedranno altro che un brutto e maleodorante campo coperto di fango in cui i maiali sguazzano felicemente.

La frase del saggio Ecclesiaste mette in ordine logico le cose da fare: prima demolire, poi costruire.

Ma il senso di questo consiglio basilare sfugge a tanta gente che vive intorno a te.  E, forse, sfugge perfino anche a te!

Molte volte hai pensato che faresti bene a cambiare vita in qualche senso. Forse perdere peso, o fare ginnastica, o imparare una lingua o suonare uno strumento.  Questi proponimenti sono ridicoli e valgono poco, se non decidi di fare le cose per ordine.  Prima demolire e poi costruire.

Che cosa devi “demolire”?  Se vuoi dimagrire, dovrai cominciare a demolire le tue abitudini di mangiare troppo, di muoverti troppo poco e di consumare cibi ricchi di calorie.  O demolire le cose sbagliate che già esistono o scordarsi di dimagrire.  Ogni nuovo proponimento, ogni nuovo impegno richiede assolutamente una “demolizione” di ciò che impedisce la sua realizzazione.

Un campo che ritengo veramente importante, in cui abbiamo tutti bisogno di “demolire” per riuscire a “costruire”, è quello del nostro rapporto con Dio per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo.  Tutti i credenti dicono che “non hanno tempo” per leggere, meditare e studiare la Bibbia per conto proprio?  Tutti descrivono il loro impegno nella preghiera come scadente e deludente? Come mai c’è questo lamento universale?

Perché la “costruzione” è impossibile senza la “demolizione”. Pensa seriamente a ciò che dovresti demolire per trovare il tempo di leggere e studiare la Bibbia, o per pregare.  Nella tua vita attuale, quali occupazioni e quali abitudini ti impediscono di trovare il tempo, l’energia, la voglia di fare ciò che sai che dovresti fare, per crescere spiritualmente, e per fare ciò che spesso dici che “vorresti” fare?  La risposta non è un mistero.  Migliaia dei tuoi fratelli e sorelle in fede l’hanno scoperta prima di te.

Ecco alcuni meravigliosi modi di “demolire” le tue scuse o i tuoi impedimenti reali.
  1. Alzati la mattina almeno mezzora prima di quando ti alzi ora.
  2.  Potrebbe essere un buon lavoro di demolizione di vecchie abitudini decidere di andare a letto una mezzora prima la sera.  (Che cosa fai di tanto importante che ti tiene alzato fino a tardi la sera?)
  3. Cerca di tenere insieme, in un posto preciso, la tua Bibbia, quaderno e biro, per non perdere tempo a cercarli la mattina.
  4. Scegli un posto comodo e possibilmente appartato in cui puoi dedicarti ogni mattina alla lettura della Bibbia e alla preghiera.
  5. Scegli un metodo o un piano di lettura della Bibbia, per non dovere cercare ogni mattina cosa vorresti leggere.
  6. Decidi di condividere ogni giorno con un familiare, o con un amico, un pensiero biblico che, nella tua lettura mattutina, ti ha colpito, benedetto o fatto pensare a cosa devi cambiare nella tua vita.

Ricorda: Non puoi costruire se prima non demolisci. 
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martedì 27 settembre 2011

C’è un tempo per uccidere


Ma non è quello che pensi

La Sacra Bibbia è un libro straordinario, anche senza fare riferimento alla questione della sua ispirazione divina.  Essa adopera parole forti e si esprime con tutta la saggezza e l’arte di un grande autore.

Tu aspetteresti, per esempio, di trovare nella Bibbia la frase: “C’è un tempo per uccidere…”?  Ovviamente esistono dei nemici della Bibbia che cercano di trovare in essa tutti i difetti possibili e impossibili.  Quando pensano di riuscirci, la accusano anche di follia e asseriscono con strafottenza che il Dio che descrive è un tiranno sanguinario e crudele. Ma la realtà è che la frase citata è sostenuta dalla scienza moderna e dal buon senso.

Non esiste alcun motivo per saltare alla conclusione assurda che, quando la Bibbia afferma che c’è un tempo per “uccidere”, stia parlando dell’omicidio, della guerra o di una vendetta personale.

Come descriveresti tu i metodi scientifici studiati e applicati oggi per combattere il tumore?  I medici lo attaccano con la chemioterapia, con le radiazioni o con il bisturi, e se tu domandassi loro cosa cercano di fare, risponderebbero: “Stiamo eliminando, distruggendo, cioè, uccidendo, il cancro”.   
Ci sono migliaia di microbi, di malattie, di piante velenose, di insetti e di animali che normalmente vanno “uccisi” proprio per il bene tuo e quello della società.  Il “tempo per uccidere” esiste davvero.

La Bibbia dice, per esempio, che il peccato, cioè il male, fa del male non solo a te, ma anche alle persone che ti sono vicine, e alla stessa umanità. È un nemico che deve essere messo a morte.  La crudeltà, l’odio, la malvagità, l’egoismo sono così potenti e così pericolosi che il mondo non potrà stare bene finche non saranno “uccisi”, cioè eliminati.

L’Ecclesiaste ha scritto, per esempio, che “Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il sole… un tempo per uccidere e un tempo per guarire… (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,3).

Nella tua vita, il peccato, e la tentazione a peccare, sono pericoli che tu non puoi controllare, e sono mortiferi.  L’apostolo Paolo ha scritto in una sua lettera: “Il salario del peccato è la morte” (Lettera ai Romani, 6:23).  In altre parole, ogni persona che pecca è di conseguenza condannata a morte.  Questa rivelazione biblica sorprende molta gente, che non vorrebbe crederci.  Ma è un’affermazione innegabile.

L’Ecclesiaste aveva detto che c’è anche “un tempo per guarire”. Difatti, Dio non è per nulla un crudele tiranno che gode nel fare del male alle sue creature.  Egli le vuole guarire dal male che le condanna, offrendo loro in dono, senza alcun merito da parte loro, la guarigione.

Dio ha sovranamente stabilito il tempo per “uccidere”, o distruggere, il peccato e la morte, attraverso la vittoria di Gesù Cristo, che ha accettato di buon grado di morire  per poter dimostrare con la sua risurrezione che la morte non è un nemico invincibile.  Anzi, ha dimostrato di avere il potere di distruggerla.

Quel “tempo per uccidere” contiene il segreto del “tempo per guarire”, affinché tu possa guarire dal tuo peccato e dalla sua inevitabile conseguenza: la morte.

Gesù stesso ha detto: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita (Vangelo di Giovanni 5:24).  La salvezza dalla morte è una certezza per ognuno che crede in Gesù come Figlio di Dio e Salvatore.

E se tu sei già credente, la Bibbia dice che è tuo compito vivere una vita in cui il peccato è identificato, odiato, evitato e vinto.  Per compiere questo, Dio ti ha dato la sua Parola da leggere e meditare, il suo Spirito per convincerti di peccato e per guidarti al pentimento e Gesù stesso per guarirti, perdonarti e confortarti con il suo amore.

Tu puoi felicemente “uccidere”, contrastare e vincere il peccato giorno per giorno.
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mercoledì 21 settembre 2011

Hai creato delle belle piante


Ora non le vorresti sradicare

Vedi del progresso nella tua vita? O hai paura di riuscire solo a stare fermo, quando addirittura non vai indietro?

Vorremmo tutti andare avanti, realizzare delle cose nuove e utili, che ci ricompensino della nostra fatica.

Ti voglio ricordare le parole che ho citate la settimana scorsa e poi raccontarti una cosa che mi è successa anni fa.

“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il momento per ogni cosa sotto il sole… un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato” (Libro dell’Ecclesiaste 5:1,2b).  Sradicare?  Perché si vorrebbe sradicare ciò che si è piantato?

Molte volte, attraversando in macchina le grandi pianure degli Stati Uniti, ho notato dei campi immensi in cui erano sparse dappertutto delle piante che avevano portato il loro frutto e che erano state sradicate per permettere una nuova seminagione.  Purtroppo, anche una pianta che ha portato un grande raccolto dev’essere sradicata e bruciata per preparare il terreno per ripetere con nuove piante il miracolo della produzione di grandi quantità di cibi per sfamare molta gente.  Non sradicare significherebbe non produrre nulla di più, rinunziare alla potenzialità di quei terreni di immenso valore.

Così, nella vita umana, a volte non è possibile fare alcun progresso se non si accetta anche lo sradicamento, con tutte le paure e il dolore che questo comporta.

Molti anni fa, una giovane donna simpatica e brava lavoratrice ha accettato da me l’offerta del suo primo impiego, un lavoro semplice e vario nel nostro ufficio.  Ha lavorato per qualche anno, con piacere e sua e nostra soddisfazione.

Ma aveva studiato per essere maestra di asilo e amava lavorare fra i bambini.   Allo stesso tempo, era piuttosto timida e non riusciva a decidere se licenziarsi o no dal lavoro che le avevo offerto.  Così, un giorno, ho deciso di dirle di non venire più ad aiutarci perché non avevamo più bisogno di lei.  Per noi è stato un doloroso “sradicamento”.  Però, lei ha fatto domanda per un posto in asilo, è stata assunta ed ha lavorato con grande impegno e ottimi risultati per molti anni.  Non solo ha insegnato bene le materie prescritte dal programma, ma, con entusiasmo, racconti e illustrazioni, ha insegnato molti racconti biblici (apprezzati dalla maestra di religione), ha dato molti buoni consigli di comportamento (apprezzati dai genitori), ed è stata amata da tutti.

Nei vari campi della tua vita (lavoro, abitudini, amicizie, comportamento), ci sono delle piante, forse nocive, o forse anche utili per un certo tempo, che però tu avresti dovuto già sradicare da tempo, per preparare il tuo terreno per una fioritura e produzione di frutti che fanno parte delle tue potenzialità e dei doni che Dio ti ha dati?   

Certo, non si fanno progressi se prima non ci sia stato anche uno sradicamento, probabilmente doloroso, incompreso da alcuni, e fortemente impegnativo.   

Non permettere che atteggiamenti, affetti o ferite, vittorie o sconfitte del passato, ingombrino tanto il terreno della tua vita da impedirti di progredire, sviluppare e sfruttare i doni e le potenzialità che, fin qua, per amore di quieto vivere, per pigrizia o per paura, hai trascurati.

Secondo il perfetto piano di Dio, esiste un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che hai piantato.  Per te, quel tempo è adesso?
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martedì 13 settembre 2011

Non c’è mai tempo


Ma tutti hanno tempo per morire

“Hai tempo di darmi una mano…?”

“Ho troppo da fare… Dove lo trovo il tempo?”

Se tu non hai problemi di tempo, sei un marziano.  Nessuno ha mai tutto il tempo che gli servirebbe…per riposare e dormire… per completare tutto ciò che ha da fare… per mangiare e digerire con calma… per divertirsi e stare un po’ con gli amici.

Ti manca il tempo perché davvero ti manca oppure è perché hai troppo da fare?  È la gente che si aspetta troppo da te o sei tu un gran disordinato?

Colui che ti ha creato a sua immagine e conosce ogni dettaglio della tua vita ha fatto scrivere molto sul tempo, come usarlo e come non usarlo.  Su come scegliere le cose importanti e lasciare perdere il resto.

Secondo Lui, c’è un tempo per tutto.  “Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire…” (Ecclesiaste 3:1,2).

Per quanto riguarda il nascere, non lo decidi tu.  E per quando morire neanche.  Anche quelli che si organizzano e funzionano come macchine hanno sempre tempo per morire.  E le persone più disordinate e sbadate, anche quelle, hanno sempre tempo per morire.

Forse pensi che quelli che muoiono lentamente per una malattia siano diversi da quelli che muoiono improvvisamente in un incidente d’automobile.  Comunque sia, tutti e due trovano il tempo per morire.

Come mai Dio parla di una questione così macabra?  Penso per due motivi.  Primo, perché tutti quanti preferiamo non pensare alla morte e, senza dirlo a nessuno, viviamo come se fossimo sicuri di non morire mai, o almeno, non presto.  Secondo¸ perché la morte non è la fine per nessuno.  Secondo la Bibbia, la nostra vita è un periodo brevissimo che Dio ci dona per prepararci per la nostra esistenza eterna.  Anche in questo caso, non scegli tu se esistere eternamente o no.  E, ovviamente, il fatto che tu ci creda o no, non cambia nulla.

“È stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio (da questo non  scappa nessuno e nessuno lo può rimandare o evitare. Però la Bibbia continua questa frase con delle parole confortanti) così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza” (Lettera agli Ebrei 9:27,28).

Che Gesù sia morto, lo sanno tutti, ma il centro della realtà biblica è che Gesù è morto per “portare…” (ciò vuol dire che Egli, quando è morto, si è caricato dei peccati umani e li ha pagati, espiati, cancellati, con l’enormità del valore della sua morte) “…i peccati di molti”. Il valore di quella sua morte, subita al nostro posto, è applicato come pagamento pieno per tutti i peccati di tutti coloro che credono in Lui e accettano per fede il fatto che, con il suo sacrificio, Egli ha  voluto diventare il loro Salvatore e Signore.

Ora, nella tua esistenza umana, Dio ti chiama a mettere la tua fede nel suo Figlio Gesù Cristo e nel sacrificio che ha compiuto.  Tu hai, o trovi, tempo per questo?
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