martedì 31 agosto 2010

Risparmiare o donare?

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Non siamo farfalle


Mi domando se cercare di risparmiare sulle spese, e mettere via dei soldi sia giusto per un credente. Se stai sempre a pensare al futuro con paura, non sembra un segno di poca fede? Tu, che ne pensi?

Come usare bene i soldi che uno ha è un argomento su cui molti credenti non vanno d’accordo. Forse è perché non si spiegano bene. O non ragionano bene!

Gesù ha insegnato chiaramente che il credente non dovrebbe vivere nell’ansia di ciò che mangerà o di cui si vestirà domani. Ha spiegato che Dio riveste i fiori con grande cura e bellezza e che dà da mangiare agli uccelli che non costruiscono depositi di cibi per il futuro. Perciò, si può capire che certamente non si dimenticherà di provvedere per i suoi figli.

Anzi, le preoccupazioni e la ricerca affannosa di risparmiare e di accumulare tesori è una forma di idolatria. Significa che uno sta dando un’importanza esagerata alle cose materiali, che hanno un significato e un valore soltanto per questa vita terrestre.

Difatti, Gesù ha anche detto che “sono i pagani che ricercano tutte queste cose”, cioè l’abbondanza per oggi e la garanzia per domani.

Possiamo giustamente domandarci: “Perché i pagani ricercano queste cose con tanto impegno e perché i ricchi non smettono mai di ammassare soldi quando già ne hanno a sufficienza per il resto della loro vita?”

La risposta è facile. Non hanno nessuna speranza o pensiero o fiducia in una vita oltre la morte. Per loro, questa vita è tutto ciò che esiste e perciò la loro importanza, la loro intelligenza, la loro furbizia sono tutte calcolate in base a quanti soldi, case, gioielli, macchine possono accumulare. Oppure, se hanno altri interessi, possono calcolare il loro valore, il loro successo, dai films che hanno fatto, i dischi che hanno venduto, i libri che hanno scritto, la posizione che hanno occupata nella politica, la cultura, la finanza, lo sport, la medicina o la scienza.

Gira e rigira, il loro destino è qui sulla terra e devono riuscire a godere più che possono. L’iddio che adorano e davanti a cui si prostrano è roba che bisogna sudare per ottenerla e che sempre potrebbe scivolare via fra le dita e perdersi se facessero dei passi falsi.

Un credente, che è figlio di Dio e erede dell’eternità, si rivelerebbe “uno stolto”, come lo descrive il libro biblico dei Proverbi, se avesse le stesse mete e le stesse preoccupazioni del “pagano”.

Ma, purtroppo, anche fra i credenti c’è pure un’abbondanza di stolti, o di aspiranti stolti, che sono tentati dalle stesse mete, gli stessi dei, gli stessi specchietti per le allodole che attirano i pagani. Davanti a Dio, lo stolto non è misurato da quanto ha, ma da quanto è pronto a sacrificare per averlo. Perciò, un povero può essere tanto stolto quanto un riccone.

È questo il motivo per cui Gesù ha incoraggiato il credente a non preoccuparsi del domani, ma occuparsi, piuttosto, delle mete spirituali. Nel suo discorso ricordato nel vangelo di Matteo, 6:24-34, ciò è più che chiaro. È un passo bellissimo e molto confortante.

Ma, allora, è vero che il credente non deve cercare di risparmiare nelle sue spese e, magari, non preoccuparsi di mettere via qualcosa per il domani?

Di questo parleremo la prossima volta. Nel frattempo, ne puoi parlare con i tuoi amici.
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martedì 24 agosto 2010

Andiamo con gli amici

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Che spasso ci aspetta
“Veramente, dopo la morte preferisco andare all’inferno, perché penso che la maggioranza di miei amici sarà là.”

È una battuta che ho sentito e letto più di una volta, ma è possibile che qualcuno lo dica sul serio?

Direi di sì.

Ecco perché.

Molta gente preferisce la battuta ad una conversazione seria, che sia sull’aldilà, sulla salvezza dell’anima o sulla religione.

Molta gente professa di non credere all’inferno, perciò la battuta le serve per dimostrare scherzosamente ad altri la sua incredulità.

Molta gente crede, o professa di credere, che i concetti di peccato, punizione, cielo e inferno siano rimanenze dell’ignoranza di almeno un secolo fa, mentre loro si considerano liberati da quelle paure antiche.

Probabilmente, ci sarà qualcuno che crede, o quasi crede, all’aldilà, ma che pensa sul serio che i suoi amici più intelligenti e divertenti finiranno all’inferno e che, perciò, ci sarà da divertirsi anche dopo la morte fra gente così.

Bisognerebbe dire a questa gente che la loro posizione non è una dimostrazione di grande intelligenza o di un sottile senso di umorismo. È, piuttosto, da cretini.

Se si parla di ciò che succede dopo la morte, e se loro non sono ancora morti, che ne sanno dell’aldilà? Hanno, forse, degli amici che hanno fatto il biglietto di andata e ritorno? Qualcuno ha mandato loro delle foto dell’ambiente e della gente gaudente? Hanno, forse, guardato un video, o un documentario in TV, che ha dato loro una spiegazione dei divertimenti e passatempi che troveranno nell’aldilà?

Il fatto è che Gesù Cristo non è stato, e non è, uno sprovveduto e che ha parlato più volte dell’aldilà in termini spaventevoli. Le sue parole sono state raccolte e incluse nel Nuovo Testamento e non sono mai state smentite da nessuno che ne sapeva più di lui sull’aldilà. Egli ha parlato di pianto, di tenebre, di stridore di denti, che non sono segni di gioia o di divertimento.

Il quadro che la Bibbia fa della fine degli increduli, dei burloni e dei peccatori mai ravveduti è quella di un luogo in cui nessuna persona umana, sana di mente, vorrebbe mai trovarsi, neanche in visita. E tanto meno eternamente. Il buio parla di solitudine e isolamento, non di felici incontri fra amiconi, il pianto parla di tristezza, rabbia, rimorso e non di divertimento e allegria, il fuoco e lo stridore di denti parlano di sofferenza fisica così insopportabile che non si ha più la forza di pensare ad altro.

Non ci saranno delle persone che racconteranno barzellette per fare ridere tutti, che ricorderanno con piacere e soddisfazione i loro peccati, o che inventeranno nuovi divertimenti e feste per spassarsela.

Può anche darsi che gli amici migliori di molte persone finiranno all’inferno. Però, questo certamente non sarà motivo di gioia, ma piuttosto di dolore, non di risate, ma di lacrime, non di nottate divertenti, ma di secoli di sofferenze insopportabili.

Sei anche tu fra quelli che preferiscono non pensarci? O liberarsi del pensiero con una battuta?
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martedì 17 agosto 2010

Cani e maiali

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Una giovane nella giungla

Uno “spirito malvagio” ha rapito una 29enne e per il suo riscatto richiede un bue selvatico, un maiale, un pollo e quattro boccali di vino. O, per lo meno, così racconta un indovino vietnamita, il quale accetterebbe di buon cuore per conto dello spirito il riscatto richiesto.

Rocham, così si chiama la giovane, era scomparsa la prima volta quando aveva solo otto anni, mentre pascolava dei bufali nella giungla non lontano da casa sua. È stata ritrovata la prima volta, solo dopo 18 anni. Viveva nuda nella giungla, camminava a carponi e non era capace di comunicare.

Riconosciuta dal padre, è stata riportata in famiglia, ma non ci è rimasta volentieri. Più volte ha cercato di scappare di nuovo nella giunga e ora, sembra, ci sia riuscita.

Ti fa meraviglia che un essere umano possa abbandonare con piacere la civiltà, con i suoi vantaggi, per vivere in uno stato praticamente animalesco? Secondo la Bibbia, ce ne sono molti che lo fanno e forse qualcuno vive anche vicino a te. O nella tua famiglia.

È l’apostolo Pietro che ne parla, nella sua seconda lettera, che fa parte del Nuovo Testamento. Egli era molto disturbato dal fatto che dei falsi predicatori del cristianesimo stessero ingannando la gente, insegnando che il comportamento morale non importava a Dio e che, perciò, non esisteva nessun motivo per evitare tutti i piaceri ed eccessi peccaminosi praticati dai non-cristiani.

Sembra che questi predicatori fossero molto apprezzati e che molta gente, che aveva cominciato a seguire le pratiche morali dei cristiani, senza avere sperimentato una vera conversione del cuore, stesse tornando alla sua vecchia vita senza limitazioni morali.

Purtroppo, in Italia vivono milioni di persone che si credono “cristiane” e che osservano alcune pratiche religiose, come è stato loro insegnato, ma che non hanno mai abbandonato i peccati e i vizi troppo comuni nella società. Infatti a volte scoprono che anche i loro leaders fanno lo stesso.

Pietro scrive: “Meglio sarebbe stato per loro non avere conosciuta la via della giustizia che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento ch’era loro stato dato” (2 Pietro 2:21).

Secondo l’Apostolo, queste persone, che negano la loro fede con le loro azioni, stanno molto peggio della ragazza che ha abbandonato la civiltà per vivere come un animale.

“È avvenuto di loro” scrive Pietro, “quel che dice con verità il proverbio: Il cane è tornato al suo vomito, e: La troia lavata è tornata a voltolarsi nel fango” (2 Pietro 2:22).

Rotolarsi nel peccato che allontana per sempre da Dio è certamente peggio che abbandonare la civiltà per vivere nella giungla, perché gli effetti sono eterni. Ma l’apostolo Giovanni ha scritto, riguardo alle persone che non hanno intenzione di cambiare il loro stile di vita: “Il giudizio è questo: che la luce (Gesù Cristo) è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvage. Chiunque fa cose malvage odia la luce e non viene alla luce, perché le sue opere non siano riprovate” (Giovanni 3:19,20).

La storia della ragazza che preferisce vivere nella giungla ci fa meraviglia. La realtà di migliaia di persone che scelgono di vivere rotolandosi nel fango ci fa rabbrividire.
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martedì 10 agosto 2010

Mancano le bambine

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100.000 uccise

Il titolo, “Generecidio – la guerra mondiale su bambine” è apparso sul giornale inglese, The Economist, del 6 marzo 2010.

Si riferisce al fatto che molti genitori preferiscono di avere figli anzliché figlie. Questo fatto corrisponde alla credenza che I figli possono essere di valore economico alla famiglia, mentre le ragazze portano solo debiti.

Il famoso economista Amartya Sen, Premio Nobel indiano, ha scritto nel 1990: “100 milioni di bambine sono scomparse”. Egli parlava della pratica, usata particolarmente in Cina e in India, dell’aborto di feti feminili, o addirittura della loro uccisione dopo il parto. Secondo i suoi calcoli, 100 milioni di bambine sono state abortite o uccise, già prima del 1990 d.C.

In Cina, nei prossimi anni, milioni di giovani raggiungeranno l’età in cui sposarsi, ma troveranno impossibile sposarsi e crearsi una famiglia, per mancanza di ragazze della loro età, uccise prime di nascere. Studiosi di economia dicono che questo eccesso di giovani che non possono sposarsi porterà gravi problemi alla Cina e pericoli per la società.

Ma è possibile che milioni di bambine siano uccise solo per le preferenze dei genitori? Sì, è possibile. Ma dietro alla loro decisione ci sono state anche le leggi dello stato che non permettevano alle famiglie di avere più di un bambino.

Puoi capire in che razza di mondo viviamo, quando l’infanticidio, o, meglio, il generecidio, cioè l’uccisione delle bambine, diventa una pratica comune e il governo, che la Bibbia dice che esiste per premiare chi fa bene e per condannare chi fa male, in qualche modo è il responsabile?

La Bibbia dice che il nemico di Dio, il Diavolo, è padre della menzogna ed omicida.

Uomini e donne che uccidono i loro propri figli, spesso prima che nascano, non possono in alcun modo attribuire la loro azione a Dio, né dire che questo tipo di omicidio sia legittimo, neanche se le leggi dello stato sono complici e lo permettono.

Il grido d’allarme del giornale inglese e dell’economista indiano dimostrano che non è necessario essere cristiani per odiare e condannare questa catastrofe umana. Comunque è solo la Bibbia che rivela che i comportamenti inumani degli esseri “umani” hanno una causa precisa, il peccato, e che il peccato porta sempre delle conseguenze molto diverse e molto più dannose di quanto la gente possa prevedere.

“Il salario del peccato è la morte” ha scritto l’apostolo Paolo, come sommaria conclusione sugli effetti e il risultato del peccato nella vita di ogni essere umano.

Ed a, poi, aggiunto come sommaria descrizione della “buona novella”, cioè del Vangelo, “ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 6:23).
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martedì 3 agosto 2010

Fa troppo caldo

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Non posso essere contento

Il caldo di luglio ci ha colpiti come un martello che vuole temprare l’acciaio, ma abbiamo resistito. Una volta si lavorava all’aperto per molte ore sotto il sole, senza pensare tanto a quanto caldo avevamo. E, infatti, milioni di persone nel mondo lo fanno ancora.

In fondo, molte delle prove che consideriamo insopportabili sarebbero esperienze normali e quotidiane a molte persone, ma siamo noi che, come si dice, non ci rendiamo conto di quanto oggi abbiamo la vita comoda.

Una volta, per cucinare il pranzo, bisognava raccogliere e portare in cucina la legna per accendere il fuoco, e, poi, curarlo, prima di cucinare. E la temperatura in cucina saliva oltre il sopportabile. E così fanno ancora millioni di donne, che si reputano fortunate, se riescono a trovare la legna sufficiente per cucinare le poche cose che potranno dare ai loro figli per tenerli in vita.

Momento!… Aspettate un momento! Vedo tante persone che, a questo punto, smettono a leggere!

Non ci piace leggere di cose che ci fanno sentire un po’ in colpa (d’altra parte, poi, in colpa per cosa, se Dio ci ha permesso di vivere in un paese dove la vita è più facile?).

Il male non è che ci sentiamo privilegiati e benedetti, ma che ci sentiamo ancora mancanti di tante cose che il mondo offre, che non abbiamo tutto ciò che desidereremmo, come comodità e benessere. Noi siamo abituati a pensare che avremmo bisogno ancora di tante cose, comodità, possibilità che “tutti gli altri hanno”. E non ci passa neppure per la testa di farci un elenco di tutte le “cose” e comodità che noi abbiamo e che “tanti altri NON hanno”.

E, poi, ci sembrano parole offensive gli insegnamenti dell’apostolo Paolo a Timoteo, che diceva ai credenti di Efeso: “Non abbiamo portato nulla nel mondo (quando siamo nati), e neppure possiamo portarne via nulla”.

E allora? “Avendo di che nutrirci e di coprirci, saremo di questo contenti” (1 Timoteo 6:7,8).

Ma, va’ a dirlo a tu’ nonna! Contenti! Contenti… se non possiamo neanche portare i bambini al mare! Contenti… se non possiamo neanche permetterci una sera in pizzeria, come facevamo da giovani?!.

Contenti? Se questo vestito lo porto da tre anni! Contenti… vedi queste scarpe? Ti sembrano di moda? Quelle di moda non solo non posso permettermele; non posso nemmeno permettermi di guardarle!

Come puoi permettere a tua figlia di andare a scuola con quel vecchio telefonino? Tutte le amiche ridono di lei. Pensa, non può neanche fare le foto come i suoi compagni!

Non c’è da meravigliarsi che, nelle chiese, nelle famiglie, fra gli uomini, le donne, i giovani, della chiesa ci sia come una specie di cappa mortale di nebbia velenosa che non permette di vivere la vita cristiana come la Bibbia insegna!

Quante chiese, quante famiglie conosci che si distinguono per una vita vissuta nella quale si verifica ciò che ordinava l’apostolo Paolo: “Parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore; ringraziandolo continuamente per ogni cosa”?

Non è che la mia domanda sia tanto importante. Ciò che conta è la tua risposta. Come pure la tua decisione di portare un cambiamento nella tua chiesa, o nella tua famiglia, a cominciare da te.
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