mercoledì 26 ottobre 2011

Il pianto e il cordoglio


Un tempo per ballare

Più si penetra nel pensiero dell’autore del libro dell’Ecclesiaste e più comprende quanto il mondo sia pieno di emozioni e delle esperienze più varie possibili. E sono tutte utili per noi, per farci rallegrare o per farci rendere conto della tristezza che così spesso regna oggi nel mondo.

La settimana scorsa, abbiamo visto che c’è un tempo sia per piangere sia per ridere, due esperienze e due situazioni totalmente diverse. Certamente nella tua vita hai provato sia il piangere che il ridere di gioia.

Nello stesso versetto 4, del capitolo 3 del libro biblico dell’Ecclesiaste, si trovano due attività che si adattano a questi due sentimenti contrastanti. Ecco di che si tratta e cosa vogliono dire.

“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo,… un tempo per fare cordoglio e un tempo per ballare” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,4b).

Non si potrebbero facilmente immaginare due momenti più distanti l’uno dall’altro: fare cordoglio e ballare.

Il cordoglio è composto dal pianto e dal dolore causati dalla morte di una persona amata. Il cordoglio è una reazione logica alla realtà della morte e la Bibbia certamente non lo condanna. Specifica, però, che vi sono due tipi di cordoglio. Uno è il pianto disperato della persona che non ha una fede che possa confortarla in presenza della morte, né una speranza ben fondata riguardo a ciò che avviene dopo la morte. Questo non vuol dire che questa persona non abbia qualche tipo di speranza, spesso basata soltanto sulle false promesse di qualche religione o superstizioni del tipo “il tuo caro papà è ancora molto vicino a te e avrà una cura speciale di te, ora che è andato dall’altra parte”, oppure: “il tuo bambino, o la tua sorellina, ora è un angelo che ti proteggerà sempre”.

Queste false speranze sono fondate su voci popolari e frasi convenzionali, prive di qualsiasi base biblica e cristiana.

D’altra parte, l’apostolo Paolo ha scritto della speranza viva, fondata sulla risurrezione di Cristo e sul fatto che i credenti partecipano alla sua vittoria sulla morte, per cui è possibile per loro “non essere tristi come gli altri che non hanno speranza” (1.a lettera ai Tessalonicesi 4:13). E continua dicendo queste parole confortanti: “Questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore… Il Signore stesso… scenderà dal cielo e prima risusciteranno i morti in Cristo, poi, noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore” (1.a lettera ai Tessalonicesi 4:16,17).

Gesù ha detto ai suoi discepoli, riguardo alla sua morte: “In verità, vi dico che voi piangerete e farete cordoglio… Sarete rattristati, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia… voi siete ora nel dolore, ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia” (Vangelo di Giovanni 16:20,22).

Il “tempo per il cordoglio” di cui ha scritto l’Ecclesiaste è il tempo breve in cui anche il credente piange per la separazione da una persona amata, ma “il tempo per ballare” è il tempo dell’esultanza, della gioia illimitata di quando i credenti saranno alla presenza del loro Signore e saranno circondati dai loro famigliari credenti, per tutta l’eternità. La gioia sperimentata nella vita attuale è molto bella, ma spesso si appiattisce nelle prove e nei dolori della vita. La danza è quell’espressione di gioia umana e spirituale, per cui le parole non bastano a descriverla e che non ha nulla a che fare con il ballo attuale, basato a volte su sentimenti nobili, ma più spesso spinto da desideri e pulsioni meramente carnali.

Il “tempo per ballare” che il Predicatore del libro dell’Ecclesiaste proclama, sarà quella gioia pura che si sperimenterà finalmente nella vita eterna futura.

Tu hai dei motivi sicuri per credere che sarai presente al tempo di quel ballo?
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