martedì 20 dicembre 2011

Ma non è un mito sdolcinato


Un giorno di storia in Israele

“Una volta, tanto, tanto tempo fa…”
 “Oggi?”
 “No, non oggi!  Nel principio del tempo, tanto, tanto tempo fa…”
 “Oggi?”
 “No, non oggi! Una volta, tanto, tanto tempo fa, quando non c’era nessuno a 
vederlo…”
 “Oggi?”

Secondo la “spiritualità” dei nostri tempi, ognuno crede, crea, aggiusta, sceglie i “fatti” della sua religione come gli pare.  Soprattutto, anche chiamandosi, magari, cristiano, butta tutto ciò che non gli piace, non lo soddisfa, non gli sembra giusto. È difficile trovare qualcuno che creda a qualcosa che si può esaminare, indagare, confrontare.

Chiedere se una cosa della Bibbia è veramente successa, quando e dove, sembra meschino, terreno, antireligioso.  La religione, si dice, deve essere un sentimento, una sensazione, che ti riscalda e ti consola.  Riguarda l’invisibile, ciò che è fuori del tempo e della logica.  “Imprigionarla”, si pensa, dentro date e luoghi, persone e avvenimenti, ucciderebbe il sentimento della spiritualità.

Perciò, mi sono meravigliato di nuovo davanti al racconto della nascita di Gesù, come mi accade tutti gli anni.  Nel racconto dell’evangelista Luca, un angelo (sì, è qualcosa di straordinario e spirituale), disse ai semplici pastori:

“Oggi…” Non “tanto tempo fa”, ma in una data precisa, che i pastori potevano facilmente controllare.  E dovevano controllare!

“Nella città di Davide…” Non in “un paese lontano, lontano…” che nessuno conosce.

“È nato…” Non “è apparso un mago, uno spirito, un dio”, ma è nato, in carne e ossa, un bambino che somiglia a tutti gli altri.

La nascita di Gesù non è un “fatto spirituale”, ma un fatto storico, avvenuto in una data del calendario, in una città che aveva la sua storia e la sua collocazione geografica e politica, da una giovane di cui si conoscevano la parentela e la città natale.

E così è stata tutta la vita di Gesù, una vita vissuta davanti a parenti e compaesani, fatta di lavoro faticoso e di viaggi limitati ad un paese piccolo e soggetto ai potenti Romani.  In quel paese ha camminato, si è stancato, si è trovato in pericolo e si è salvato, ha insegnato come facevano tanti altri rabbini.

I suoi insegnamenti hanno suscitato la fede in alcuni e l’odio di altri.  Alla fine, tradito da un suo discepolo, è stato arrestato e giustiziato dai Romani, in base alle accuse false dei suoi correligionari.

Certo, ci sono i suoi miracoli e la sua resurrezione.  Ma, inseriti nella vita comune a tutti i mortali che egli ha vissuta, non rendono quella vita mistica e irreale. Piuttosto, la sua umanità e normalità servono a rendere i suoi miracoli dei fatti storici, che neanche i suoi nemici hanno tentato di negare.

Chi oggi professa di essere cristiano, ma nega o dubita della storicità della vita di Gesù, come vero uomo che ha dimostrato le caratteristiche spirituali del vero Dio, che è morto per pagare il debito degli uomini peccatori e portarli a Dio, sta barando e professa una fede che storicamente non può esistere.

NOTA: Questi pensieri, espressi più completamente, sono a tua disposizione sul sito internet: www.Chiesaberea.org come sermone dal titolo “Il giorno che cambiò la storia”. Puoi ascoltarlo cliccando QUI.
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