martedì 26 giugno 2012

Solo gli intelligenti sono atei


Vediamo le prove

Bisogna essere intelligenti per essere atei?  O, detto diversamente: bisogna che uno sia ateo per essere intelligente?

Ovviamente un gruppo abbastanza numeroso di persone, particolarmente quelle che si interessano di scienza, ma non solo, direbbero:  “L’uomo veramente intelligente non può essere altro che ateo”.  Sono convinti che l’intelligenza porti alla conclusione che Dio non esiste.

È molto interessante che, già duemila anni fa, la Bibbia prevedeva questo atteggiamento e ha dato la sua risposta alla domanda.  Essa dice, in effetti, che chi diventa ateo molto probabilmente dirà che ciò è avvenuto perché è molto intelligente.  L’apostolo Paolo scrisse, infatti, di questi uomini: “si dichiarono sapienti…”  Ci vuole, penso io, una buona dose di orgoglio per autodefinirsi e dichiararsi da soli, per conto proprio, sapienti.  Ma, lo sappiamo tutti, molti lo fanno.

Il ragionamento, molto semplificato, è questo: “Siccome tutto ciò che esiste può essere studiato, esaminato, osservato, pesato, misurato e classificato, l’idea che esista un dio che ci ha creati e che dirige l’universo è una teoria da bambini, simile alla credenza negli spiriti, nelle fate, o in esseri immateriali,o nei santi, che passano attraverso le mura, volano nello spazio, portano bene o male secondo i meriti”.

“Una persona adulta abbandona queste fantasie.  Una persona intelligente comprende che le leggende che ne parlano sono il frutto di sogni, desideri nascosti, paure irrazionali.  La maturità e l’intelligenza ci fanno distinguere fra la realtà e i sogni e, alla fine, ci convincono che siamo soli nell’universo e che dobbiamo aiutarci fra noi, senza aspettare, contare, pregare che ci siano interventi miracolosi di esseri superiori.”

Perciò, gli atei e i loro seguaci non solo credono di essere intelligenti e sapienti, ma anche superiori a chi, per trovare la felicità, deve inventarsi improbabili realtà sovrannaturali.

L’apostolo Paolo, invece, presenta la verità come il contrario esatto di queste teorie contrabbandate come scoperte nuove o conclusioni scientifiche.

Nel primo capitolo della sua lettera ai Romani, Paolo afferma che chi chiede delle prove dell’esistenza di Dio le ha già davanti ai suoi occhi, perché Dio stesso ha rivelato alcune delle sue qualità innegabili, che non possono essere scambiate per qualità umane, né le sue opere per manufatti dell’uomo.

L’universo, i pianeti e i loro movimenti, il sole, la luna e le stelle esistono. Infatti si vedono! Non ti fanno comprendere, per forza, che l’uomo non li ha fatti, e che chi li ha fatti dev’essere superiore a noi in potenza e in capacità inventiva e prospettiva?  Paolo scrive che l’uomo,per un naturale processo di ragionamento, vede in queste realtà la potenza e la divinità (cioè una natura superiore alla nostra) di Dio.

Stranamente, l’uomo primitivo o, anche oggi, l’uomo non complicato, vede queste cose e non ha difficoltà ad attribuirle a Dio. Soltanto l’uomo che, come Paolo ha scritto, “si dichiara sapiente”, ha la capacità di dire: “No, no, non c’è Dio, queste cose si sono formate tutte per caso, senza che uno le abbia disegnate. Sono il risultato di impulsi naturali, e combinazioni fortuite”.

La conclusione della frase di Paolo è questa: “Benché si dichiarino sapienti¸ sono diventati stolti”.

Rifacciamo la domanda con cui abbiamo cominciato: “Bisogna essere atei per essere intelligenti, o intelligenti per essere atei?” Non sembra.
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