martedì 26 ottobre 2010

Pensarci è da matti?

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Potrebbe dare anche gioia

Pensi mai alla tua morte? Probabilmente, no. Però…

Non passa giorno che i giornali, la TV, la radio non parlino di morti. Morti ammazzati, violentati, strangolati, sparati, suicidati con l’aiuto della droga, dell’alcool e della velocità.

Per non parlare poi di morti per tumore, che sembra il male dilagante anche nel nostro secolo, infarto, icthus, diabete, e, se la malattia non ti prende, c’è sempre la malasanità che ci potrebbe pensare.

Nonostante questo, sembra che tutti abitiamo su un altro pianeta. Nessuno pensa che potrebbe morire proprio lui o lei, quando meno l’aspetta. E quando uno muore, amici e parenti dicono: “Ma chi l’avrebbe mai immaginato?”.

Il termine tecnico per questo blocco mentale è “rimozione”. Noi esseri umani tendiamo a “rimuovere” dalla nostra mente, senza neanche rendercene conto, tutte le cose che non vorremmo affrontare, che potrebbero avvelenare il nostro pensiero e toglierci la tranquillità.

D’altra parte, se qualcuno è così indelicato di parlare della morte come di una realtà, di un’esperienza che tutti devono provare, lo si accusa di morbosità, cioè di una tendenza che sa di malattia mentale.

Allora, che razza di strambetto era quell’apostolo che ha affermato: “Per me il vivere è Cristo e il morire guadagno”!? Per dirlo chiaramente, ha affermato: “Ho il desiderio di partire (cioè di morire) e d’esser con Cristo, perché è cosa di gran lunga migliore”.

Mentre la stragrande maggioranza della gente fa di tutto per NON morire o per riuscire a scacciare del tutto il pensiero dalla sua mente, ecco un uomo che, per quanto se ne sa, non era malato, ma che preferiva morire!

Si potrebbe pensare o che l’apostolo Paolo fosse matto o che aveva fatto una scoperta che gli altri non conoscevano.

Il segreto era, secondo le sue proprie parole, che era sicuro che, immediatamente dopo la morte, si sarebbe trovato alla presenza di Cristo. In altre parole, credeva che stare fisicamente nella presenza del Cristo risorto fosse molto meglio che rimanere in un mondo di malattie, pericoli e malvagità. E chi potrebbe dire che avesse torto?

In lui, non c’era nessun dubbio di non essere destinato alla salvezza eterna. Nessuna paura di giudizio divino o di andare all’ inferno.

Non solo! Era anche convinto che al momento della sua morte sarebbe passato direttamente alla presenza di Dio. Ma non basta: era certo che lo aspettava un premio. Ha scritto: “Mi è riservata la corona della giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno”. Una bella certezza! A cui, poi, ha aggiunto queste parole che ci riguardono: “e [l’assegnerà] non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione”, a quelli cioè che avranno aspettato di incontrare Cristo con la stessa gioia e la stessa certezza che aveva lui.

Pensare alla morte in questo modo e con questa certezza non mi sembra affatto un motivo per non pensarci. Anzi.
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