martedì 5 gennaio 2010

Che tutti siano uno – Come?

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Il nostro compito non è facile

La preghiera di Gesù, che tutti suoi discepoli siano uniti, anzi, che “siano uno”, non sarà mai esaudita per mezzo di sforzi umani nel creare delle organizzazioni sempre più grandi per dimostrare agli increduli quanto siamo numerosi.

Il progetto è destinato a fallire perché la mèta è impossibile. Come ha detto bene qualcuno: “Se leghi insieme la coda di un cane e la coda di un gatto, che cosa hai realizzato? Sono «uniti» dalla corda, ma non sono diventati «uno» e te lo faranno vedere molto presto”.

Non c’è un solo passo nella Bibbia che dica che i credenti devono sforzarsi a diventare “uno”. O sono già uno perché uniti dallo Spirito Santo e non lo saranno mai.

L’esortazione dell’apostolo Paolo, in una frase di un versetto del quarto capitolo della sua lettera agli Efesini, spiega il compito estremamente difficile che Dio ha dato ai credenti riguardo all’unità. Nel versetto 3, del capitolo 4, Paolo ha scritto: “sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace”.

I credenti non devono creare l’unità, ma conservarla! La loro posizione spirituale è di persone incollate l’una all’altra per l’opera divina dello Spirito Santo. Quando diventano figli di Dio, per grazia mediante la fede, essi sono tutti “battezzati” spiritualmente ed inseriti sovrannaturalmente nel corpo di Cristo, come Paolo ha scritto nella sua prima lettera ai Corinzi, capitolo 12, versetti 12 e 13.

Il nostro compito, da quel momento in avanti, è quello di conservare, preservare, l’unità in cui siamo stati inseriti, vivendo in pace con i nostri fratelli.
Ciò significa, in primo luogo, vivere in pace con i fratelli e le sorelle della nostra comunità locale. È un fatto scandaloso e ridicolo vedere dei giovani o degli adulti che si mettono in viaggio, cercando di conoscere e esprimere l’unità fraterna in conferenze, campeggi e incontri vari con credenti di altre chiese, quando non sono in pace neanche con i loro fratelli più vicini. A volte non sono in pace neanche con i loro familiari che sono credenti come loro.

L’unità spirituale dei veri credenti di tutto il mondo, nonostante i nomi religiosi che possono portare, è già una realtà donata da Dio. Non è una mèta per la quale noi poveri esseri umani dobbiamo lottare.

Noi dobbiamo cercare sinceramente e umilmente di mantenere e dimostrare quest‘unità, vivendo in pace con altri credenti. Questi credenti possono essere immaturi e dimostrarsi a volte antipatici, orgogliosi, carnali o pignoli, rendendo la via della pace difficile e ostruita da incomprensioni e offese, o da differenze di opinioni, convinzioni e usanze.

Dovremmo usare tutta l’umiltà, la mansuetudine e la pazienza di cui Paolo ha scritto in questi stessi versetti, e tutta la sopportazione che lo Spirito Santo ci fornisce, nel tentativo di mantenere l’unità che Dio ci ha donata. Ma è proprio questo compito che ci fa crescere spiritualmente, vincendo non soltanto le trappole causate dai difetti degli altri, ma ancora di più quelle che dipendono dai nostri difetti.

Amare i nostri fratelli, perdonare i nostri fratelli, onorare i nostri fratelli, servire i nostri fratelli è la dimostrazione più grande che possiamo offrire dell’unità dello Spirito in seno al corpo di Cristo e produrrà molto più frutto di tutte le grandi assemblee oceaniche e spettacolari promosse da chi è abbagliato da un concetto ecumenico umano dell’unità del corpo di Cristo.

La preghiera di Cristo, “che tutti siano uno” è già una realtà spirituale nella vera chiesa; la sua preghiera è già esaudita completamente. Quell’unità si manifesta dovunque dei veri fratelli si amano reciprocamente, e sarà manifestata perfettamente quando tutta la chiesa si troverà alla presenza di Gesù per l’eternità.

Lodiamo Dio perché la preghiera di Cristo, “che tutti siano uno”, è stata perfettamente esaudita, e continua a esserlo, come ognuna delle sue preghiere, e noi abbiamo il beneficio di vivere ogni giorno uniti a Lui.
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