martedì 16 giugno 2009

Lo sai che sei solo fango?

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Quando le cose ti vanno male…

Nelle case antiche, vi erano molti vasi, di varie forme, alcuni modellati con arte e alcuni fatti di materiali preziosi, oro, argento o vetro.

Ma la stragrande maggioranza era di vasi fatti di fango, cioè di argilla, e cotti nella fornace. Erano vasi che valevano poco, facilmente si scheggiavano, si incrinavano, si rompevano. Ma, dato che valevano poco, erano facilmente rimpiazzati.

L’apostolo Paolo dice che dobbiamo tutti considerarci vasi fatti di fango.

D’altra parte, i vasi di argilla erano molto utili, più utili di quelli di materiali preziosi, perché si potevano adattare a molti usi. In generale, se si mettevano alcuni di questi vasi in un luogo più nascosto o riparato, ciò non dipendeva dal valore del vaso stesso, ma dal valore di ciò che conteneva.

Ecco, allora, se tu sei solo un vaso di terra, cosa contieni?

“Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra” scrisse Paolo, in 2 Corinzi 4:7.

Di quale tesoro si tratta? Nei versetti precedenti, Paolo parla di “Parola di Dio”, “verità”, “vangelo”, “luce” e di “conosocenza della gloria di Dio”. Non c’è da dubitare che si tratta di veri tesori che Dio ha affidato a vasi di terra.

Noi credenti, trasformati e rigenerati dallo Spirito Santo, rimaniamo, purtroppo, vasi di terra, con tutte le debolezze e difetti che questi vasi inevitabilmente portano. E ciò spesso ci spinge a disperare, dubitare, riconoscere il nostro poco valore con dolore o disprezzo. O, altre volte, guardiamo i nostri fratelli e sorelle in Cristo con giudizi, condanna o disprezzo perché ci sembrano talmente deboli, imperfetti e indegni della grazia di Dio.

Difatti, riconoscendosi un debole vaso di terra, Paolo dice che “siamo tribolati in ogni maniera”, “perplessi”, “perseguitati” e “atterrati”.

Penso che tutti noi ci disperiamo spesso per le nostre debolezze, le nostre cadute, la nostra incapacità di vivere la vita cristiana più completamente. D’altra parte, se anche l’apostolo si trovava in questa situazione, bisogna rendersi conto che questo è una parte normale della vita del credente.

Sapere che siamo solo dei vasi di fango o di coccio, ci aiuta a comprendere che viviamo in un mondo imperfetto e che siamo anche noi imperfetti. Non ne siamo contenti, ma questa realtà ci fa desiderare di più di conoscere, un giorno, la realtà perfetta del cielo.

D’altra parte, non possiamo usare la nostra debolezza come scusa per coprire o giustificare le nostre numerose mancanze e non possiamo rilassarci e farci portare dalla corrente.

Però mi pare che veramente ne soffra soltanto il credente che ha un profondo desiderio di essere “santo come Dio è santo”, quando si rende conto continuamente quanto è lontano dalla meta.

Faremmo bene a fare meno attenzione al “vaso” e dedicare il nostro tempo, le nostre forze e la nostra mente a godere e condividere il “tesoro” che Dio, nella sua grazia, ci ha affidato.
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