martedì 23 giugno 2009

Il bluff della nuova fobia

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Ne pensano sempre una nuova

Dimmi la verità: se sei uomo, hai avuto una paura irragionevole dell’uomo che hai visto ieri al supermercato? Se sei donna, senti sempre una paura irragionevole della tua parucchiera, quando vai da lei?

Come sappiamo tutti, “fobia” viene dal greco e vuol dire paura. Particolarmente una paura irragionevole e oppressiva. C’è la agorafobia, ovvero la paura di attraversare una piazza affollata, l’acrofobia, che è la paura di stare in luoghi alti, la claustrofobia, cioè la paura di trovarsi in luoghi chiusi e tante altre.

E, secondo Riforma, (Anno XII – numero 19 – 15 maggio 2009), il periodico delle Chiese battiste, metodiste e valdesi, in Italia, il 17 maggio è stata osservata la quarta giornata mondiale contro la “omofobia”.

Cos’è questa nuova fobia? Il prefisso omo vuol dire “uguale, dello stesso tipo”. Perciò, a rigore di logica, l’omofobia sarebbe una paura irragionevole e ossessiva da parte degli omosessuali contro altri omosessuali, cioè di “qualcuno come te, uguale a te”. Ma… esiste una fobia simile?

Il Parlamento europeo è intervenuto per chiarire la questione. In una risoluzione approvata il 18/1/06, paragrafo A, afferma: “L'omofobia può essere definita come una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e dei gay, delle lesbiche, dei bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo.”

In altre parole, l’omofobia non vuol dire che tu hai una paura irrazionale di tutti gli uomini, se tu sei uomo, o hai la stessa paura di tutte le donne, se tu sei donna. Questa sarebbe la definizione giusta della parola omofobia. Invece, gli omosessuali hanno deciso che la parola omofobia vuol dire avere una paura irrazionale e ossessiva di loro. E siccome hanno una forte influenza in molti ambienti, possono definire la parola come vogliono loro.

E, come si comportano le persone pericolose afflitte dall’omofobia? Il Parlamento europeo l’ha spiegato così: “L'omofobia si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza.”

E questo tipo di omofobia sarebbe un pericolo perché si trasmette nelle chiese evangeliche?

Per la grazia di Dio, io frequento delle chiese evangeliche da oltre settanta anni, sia in quasi tutti i paesi dell’Europa e tutti gli stati degli Stati Uniti. Non mi pare di avere mai sentito in queste chiese, neanche una volta, un “discorso intriso di odio e istigazione alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzione e omicidio, ecc.” contro gli omosessuali. Dall’altra parte, lo ammetto, nelle chiese che ho frequentate io, non mi ricordo di avere mai sentito un discorso a favore dell’omosessualità.

A me sembra che attaccare le chiese o i credenti come malati di omofobia sia una forma violenta di straightofobia (Questa parola l’ho inventata io e vuol descrivere chi soffre a causa di una fobia, cioè una paura irragionevole e ossessiva, delle persone non omosessuali, ovvero straight).

L’articolo apparso sul giornale delle chiese battiste-metodiste-valdesi, sembra agitarsi contro la diffusione, o anche l’esistenza, dell’omofobia nelle chiese, che chiama “spia dei crampi religiosi che con i loro affanni impediscono la libera crescita di una fede serena, responsabile e matura”.

Mi ha sempre sorpreso il fatto che un certo segmento del movimento di “gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT)”, desidera essere considerato per forza un movimento cristiano o evangelico. Mi sorprende questa fissazione per ottenere l’approvazione religiosa del loro comportmento, perché sono loro, in generale, che, per difendere la loro posizione, cercano di smontare in qualche modo il messaggio della Bibbia.

L’articolo su Riforma, riferendosi a passi biblici che non parlano affatto bene dell’omosessualità, si domanda: “Come facciamo a dire con certezza che sono Parola di Dio?” Aggiunge poi che gli evangelici che non approvano l’omosessualità onorano “prescrizioni religiose dall’origine divina quantomeno dubbia e problematica”. In altre parole, sanno che vi sono passi biblici che addirittura vietano e condannano gli atti omosessuali, ma concludono, secondo loro, che non è possibile sapere se questi passi siano davvero parola di Dio e, anzi, che si farebbe bene a classificarli come “di origine dubbia e problematica”.

In altre parole, se la Bibbia parla male dell’omosessualità, è meglio non considerare queste affermazioni come Parola di Dio.

Ma, di questo scriverò la prossima volta.
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