Vediamo le prove
Bisogna
essere intelligenti per essere atei? O,
detto diversamente: bisogna che uno sia ateo per essere intelligente?
Ovviamente
un gruppo abbastanza numeroso di persone, particolarmente quelle che si
interessano di scienza, ma non solo, direbbero:
“L’uomo veramente intelligente non può essere altro che ateo”. Sono convinti che l’intelligenza porti alla
conclusione che Dio non esiste.
È molto
interessante che, già duemila anni fa, la Bibbia prevedeva questo atteggiamento
e ha dato la sua risposta alla domanda.
Essa dice, in effetti, che chi diventa ateo molto probabilmente dirà che
ciò è avvenuto perché è molto intelligente.
L’apostolo Paolo scrisse, infatti, di questi uomini: “si dichiarono sapienti…” Ci vuole, penso io, una buona dose di orgoglio
per autodefinirsi e dichiararsi da soli, per conto proprio, sapienti. Ma, lo sappiamo tutti, molti lo fanno.
Il
ragionamento, molto semplificato, è questo: “Siccome tutto ciò che esiste può
essere studiato, esaminato, osservato, pesato, misurato e classificato, l’idea
che esista un dio che ci ha creati e che dirige l’universo è una teoria da
bambini, simile alla credenza negli spiriti, nelle fate, o in esseri
immateriali,o nei santi, che passano attraverso le mura, volano nello spazio,
portano bene o male secondo i meriti”.
“Una
persona adulta abbandona queste fantasie.
Una persona intelligente comprende che le leggende che ne parlano sono
il frutto di sogni, desideri nascosti, paure irrazionali. La maturità e l’intelligenza ci fanno
distinguere fra la realtà e i sogni e, alla fine, ci convincono che siamo soli
nell’universo e che dobbiamo aiutarci fra noi, senza aspettare, contare,
pregare che ci siano interventi miracolosi di esseri superiori.”
Perciò, gli
atei e i loro seguaci non solo credono di essere intelligenti e sapienti, ma
anche superiori a chi, per trovare la felicità, deve inventarsi improbabili
realtà sovrannaturali.
L’apostolo
Paolo, invece, presenta la verità come il contrario esatto di queste teorie
contrabbandate come scoperte nuove o conclusioni scientifiche.
Nel primo
capitolo della sua lettera ai Romani, Paolo afferma che chi chiede delle prove
dell’esistenza di Dio le ha già davanti ai suoi occhi, perché Dio stesso ha
rivelato alcune delle sue qualità innegabili, che non possono essere scambiate
per qualità umane, né le sue opere per manufatti dell’uomo.
L’universo,
i pianeti e i loro movimenti, il sole, la luna e le stelle esistono. Infatti si
vedono! Non ti fanno comprendere, per forza, che l’uomo non li ha fatti, e che
chi li ha fatti dev’essere superiore a noi in potenza e in capacità inventiva e
prospettiva? Paolo scrive che l’uomo,per
un naturale processo di ragionamento, vede in queste realtà la potenza e la
divinità (cioè una natura superiore alla nostra) di Dio.
Stranamente,
l’uomo primitivo o, anche oggi, l’uomo non complicato, vede queste cose e non
ha difficoltà ad attribuirle a Dio. Soltanto l’uomo che, come Paolo ha scritto,
“si dichiara sapiente”, ha la capacità di dire: “No, no, non c’è Dio, queste
cose si sono formate tutte per caso, senza che uno le abbia disegnate. Sono il
risultato di impulsi naturali, e combinazioni fortuite”.
La
conclusione della frase di Paolo è questa: “Benché
si dichiarino sapienti¸ sono diventati stolti”.
Rifacciamo
la domanda con cui abbiamo cominciato: “Bisogna essere atei per essere
intelligenti, o intelligenti per essere atei?” Non sembra.