martedì 29 novembre 2011

È meglio che tu stia zitto


Ma è bene anche parlare

Parole, parole, parole.

Parole vere, parole false.  Parole sincere, parole false.  Parole belle, parole false.  Parole gridate, parole false.  Parole sussurrate, parole false.

Quante ne senti in una giornata?  E quante ne senti in una vita?  Milioni, centinaia di milioni.  Vale la pena ascoltarle?

E quante ne dici tu in una vita?  Parole vere, parole false?  Anche tu?

Alcuni hanno pensato che bisogna scappare dalle parole, dalle parole ripugnanti, puzzolenti, disgustose.  Ma dove andare?  Diventare eremiti persi in un deserto senza compagni, senza un'altra voce umana?

Come ha detto l’Ecclesiaste: “Per tutto v’è il suo tempo, vi è il suo momento per ogni cosa sotto il sole. …un tempo per tacere e un tempo per parlare”(Libro dell’Ecclesiaste 3:1,7b).

Capire questa piccola frase dell’Ecclesiaste farebbe di tutti noi delle persone intelligenti e sagge.  Se soltanto potessimo capire davvero quando conviene tacere e quando no, quando è giusto parlare e quando no.

Sono sicuro che, se prendessimo sul serio questo avvertimento, parleremmo molto di meno, taceremmo molto di più. Combineremmo meno guai, offenderemmo meno persone, ci dimostreremmo meno sciocchi!

Forse tacciamo per paura o per imbarazzo quando dovremmo, invece,dire forte e chiaro, ciò che crediamo e come valutiamo le cose che altri ci dicono, cercando la nostra approvazione.  Dire che non siamo d’accordo non è facile, ma è un atto coraggioso e, in fondo, un aiuto a chi sbaglia.

Ma esistono altri momenti in cui il silenzio è il migliore e più giusto commento.  Se evitassimo di dare il nostro parere su tutto e tutti, se tenessimo la bocca chiusa quando, in effetti, non abbiamo nulla da dire, eviteremmo tantissime brutte figure.

Il grande Re Davide lo aveva imparato, forse proprio dai suoi sbagli.  “Siano grate nel tuo cospetto le parole della mia bocca e la meditazione del cuor mio” ha scritto (Salmo 19:14), e, un’altra volta: “O Eterno, poni una guardia dinanzi alla mia bocca, guarda l’uscio delle mie labbra” (Salmo 141:3).

Chi non medita e mette in pratica le parole dell’Ecclesiaste è uno sciocco perfetto (se ne esistono di perfetti!).
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martedì 22 novembre 2011

S-t-r-r-r-a-a-a-p-p-o?


Scegli un bellissimo “cucito”

Amici, amicizia, divertimento, star bene, condividere esperienze e emozioni, godere la vita. Che male c’è?
Dipende.
Forse, bisognerebbe domandarsi: “Chi sono gli amici?”. E: “Quali sono le esperienze e le emozioni che condividete?”.
Non ci vuole una quantità smisurata di sale nella zucca per capire che non tutte le esperienze e emozioni fanno del bene e che certi amici ti tirano e attraggono in direzioni molto diverse dalla tua vita normale.
Ma, lasciare o evitare gli amici che sembrano più divertenti, più pronti alle avventure emozianti, non è facile. E perché farlo?
Uno degli scrittori più intelligenti di tutti i tempi scrisse: “Figlio mio, se i peccatori ti vogliono sviare, non dare loro retta. … Tu però, figlio mio, non t’incamminare con loro; trattieni il tuo piede lontano dal loro sentiero. … Chi mi ascolta starà al sicuro, vivrà tranquillo, senza paura di nessun male” (Proverbi del Re Salomone 1:10,15,33).
Questo problema delle amicizie è una grossa tentazione per molti giovani e anche per molti adulti, uomini e donne. Si comincia per divertirsi. Si arriva a chiedersi e dubitare se si fa bene e se non sarebbe meglio cambiare vita e amici. Ma, poi, vi è l’inevitabile reazione: cosa penseranno di me? Mi prenderanno in giro? Posso sopportare il loro disprezzo e giudizio sprezzante? Non sono ormai già “uno di loro”?
E qui interviene il consiglio dell’Ecclesiaste: “Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo. …un tempo per strappare e un tempo per cucire” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,7a).
“Strappare” è difficile e può risultare anche doloroso. Ma può essere la ricetta di Dio per la situazione in cui ti trovi. È molto più facile lasciare correre, sperare che, se necessario, troverai più tardi un modo più facile per svincolarti dagli amici sbagliati. Sfortunatamente, quel momento “facile” non arriva mai. Anzi, più tempo passa, più difficile e costoso diventa lo strappo.
Non solo le amicizie, ma anche certi fidanzamenti hanno bisogno di uno strappo coraggioso. Unirsi per una vita alla persona sbagliata (non dare retta al consiglio stupido che “si può sempre divorziare”, che costa una somma immensa di sofferenza e di umiliazione): soltanto perché si ha vergogna o paura di “strappare”, non è una sciocchezza: è un errore spaventevole.
Comunque, non si deve rimanere una persona “strappata”, senza risorse e senza amicizie. Può essere difficile, ma è possibile scoprire il “tempo per cucire”, entrare in nuovi gruppi di persone simpatiche, fare conoscenza di persone che saranno sincere con te e diventeranno fedeli amici, con cui costruire una vita sana, felice e appagante. Per cucire ci vuole il suo tempo, ma chi può preferire una vita di solitudine solo perché si è stati bruciati una volta?
Anche le stoffe strappate possono riapparire come meravigliose opere di cucito, se fatte dalla mano di un maestro, se quel Maestro è il Signore Gesù, l’amico migliore mai conosciuto.
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mercoledì 16 novembre 2011

La pulizia richiede delle scelte

Pensa bene a cosa vuoi buttare via


“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo, …un tempo per conservare e un tempo per buttar via” (Ecclesiaste 3:1,6a).


Cosa vorresti “conservare” e cosa “buttar via”? Hai capito: sono due azioni totalmente contrarie, ma tutte e due sono utili. Quanti guai possiamo tirarci addosso proprio invertendo le cose: conservando ciò che andrebbe buttato via e buttando via le cose che dovremmo conservare.


Ecco le parole di uno degli uomini più intelligenti che siano mai vissuti, riguardo alle “cose” da conservare con tutta la tua forza:


“Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento, e il tuo cuore osservi i miei comandamenti, perché ti procureranno lunghi giorni, anni di vita e di prosperità.

“Bontà e verità non ti abbandonino; legatele al collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore; troverai così grazia e buon senso agli occhi di Dio e degli uomini.

“Confida nel Signore con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie ed Egli appianerà i tuoi sentieri. Non ti stimare saggio da te stesso; temi il Signore e allontanati dal male; questo sarà la salute del tuo corpo e un refrigerio alle tue ossa” (Proverbi di Salomone, 3:1-8).


In un tempo di stupidità circolare, dai politici agli impiegati degli uffici pubblici, dai professori agli studenti, dagli psicologi ai loro pazienti, è importante NON credere agli annunci, alle proteste, alle proclamazioni di verità “nuove”. Come disse bene il noto predicatore di qualche secolo fa, C.T. Spurgeon: “Se qualcuno ti annunzia una verità nuova, lascialo perdere. Le verità ‘nuove’ sono tutte bugie”. Cosa intendeva dire? Rimanere nell’ignoranza e nella confusione del mondo vecchio? Niente affatto. Ma sapeva che le verità fondamentali che riguardano la vita e la morte, lo scopo della vita e come vivere nella pace e nella gioia, sono quelle verità che Dio ha rivelate nella Sacra Bibbia molto tempo fa.


Non buttare via gli unici tesori che non appassiscono, le verità della Bibbia, per diventare succube di qualche inganno vecchio (anche gli inganni e le truffe non sono mai “nuovi”, neanche quando cercano di farti credere che si tratta dell’“ultima scoperta della scienza” o dell’ultima idea geniale di qualche “esperto”).


Allora, rimane la domanda: “Cosa buttar via?” Butta via tutta la letteratura che ricevi o che hai messo da parte che sostiene la teoria assurda che Dio non esiste, o che ti incoraggia a vivere la tua vita, occupandoti soltanto di ciò che piace e pare a te, perché, intanto, nessuno sa e “nessuno ti può dire cosa sia giusto o sbagliato”.


Chi butta via ciò che va buttato via e conserva ciò che merita essere conservato è una persona saggia, che Dio benedirà.
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mercoledì 9 novembre 2011

Gli abbracci che fanno male


I rimproveri che fanno bene

Ti pare, a volte, di essere circondato dall’ipocrisia e dalla falsità?  Capita un po’ a tutti, perché, più volte che no, la realtà è questa.

Ipocrisia significa portare una maschera, forse la bella maschera di una faccia sorridente, mentre, dietro la maschera, si piange.  Oppure portare una maschera di sincera amicizia, mentre, dietro la maschera, qualcuno ti sta ingannando o cercando di approfittarsi di te.

Impariamo abbastanza presto a non fidarci troppo della gente, particolarmente della gente che non conosciamo.  Poi, di alcuni colleghi, compagni di lavoro o di studio. Di venditori e rappresentanti, non ne parliamo neppure.  Il peggio è quando, per un certo tempo, ci siamo fidati di qualcuno e poi, patatrac, scopriamo di essere stati ingannati e, forse, danneggiati.

Perché la gente fa così?  Perché prende piacere nel fare del male?  Spesso è perché anche loro si sono trovati ingannati e pensano di vendicarsi col primo che capita.  In fondo, siamo tutti egoisti e impariamo che, secondo la società che ci circonda, bisogna sempre pensare prima ai propri interessi perché gli altri certamente lo stanno facendo.  Detto biblicamente, nel mondo regna il peccato e il fondamento del peccato è l’egoismo che inquina tutto.

Per grazia di Dio, non è sempre e dappertutto così!  Esiste anche l’amore, l’amore umano e, soprattutto, l’amore di Dio, che trasforma le persone e anche le relazioni fra le persone. Con la sua vita, mentre era sulla terra, Gesù espresse al massimo grado l’amore che pensa prima al bene dell’altro, ed è pronto a sacrificarsi, e a rinunziare perfino ai propri diritti, per il bene dell’altro.  L’apostolo Paolo ha scritto che Gesù ha dato la sua vita proprio per i suoi nemici, perché essi non avevano alcuna speranza, senza l’intervento del suo amore.

Nel libro biblico che stiamo meditando, il libro dell’Ecclesiaste, l’autore insiste che, nel piano di Dio, e nella vita umana, “Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo,…un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci” (Libro dell’Ecclesiaste 3:1,5b).

Uno dei casi in cui è vero questo detto proverbiale è proprio quando dobbiamo renderci conto della gente con cui abbiamo a che fare.  È facile dire: “Abbraccia i tuoi amici e non abbracciare chi ti vuole fare del male”, ma ciò richiede saggezza e giudizio.  In altre parole, non ti lasciare coinvolgere in gruppi o situazioni in cui potresti cadere vittima di chi fa finta di esserti amico, ma lo fa solo per il proprio tornaconto.

Un altro modo di dirlo è: “Impara bene chi sono i tuoi veri amici e fidati di loro.”  È molto triste vedere un giovane che si fida delle persone sbagliate (e succede a migliaia di ragazzi come lui!) e poi rimane invischiato nella rete pericolosa della droga, della piccola criminalità o dell’immoralità e la sua reputazione, e forse anche la sua vita, rimane segnata per sempre.

Non ti lasciare ingannare.  Non credere mai a tutti i sorrisi e ai complimenti che gli altri ti fanno quando non li conosci bene.  Non credere a chi ti fa sognare lidi di benessere, piaceri sconosciuti e compagnia allegra, particolarmente quando ti promettono che farlo “non ti costerà nulla, tanto, ci pensiamo noi”.

C’è un tempo per gli abbracci, certamente; ma è solo quando ti trovi con persone che conosci bene e che ti hanno provato la loro serietà e la loro amicizia, anche se, a volte, ti hanno anche rimproverato o sgridato.  Quelli erano i segni che ti volevano bene.

Ma non ti lasciare andare agli abbracci affrettati e alle attrazioni scintillanti che, alla fine, ti porteranno solo dolore e delusione.
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mercoledì 2 novembre 2011

Dolore senza rimedio


Una soluzione c’è

Un grave lutto ha colpito una famiglia di fratelli in fede a cui vogliamo bene da tanti anni e mi sono trovato a cercare nella Bibbia, che è la Parola di Dio, una bellissima affermazione di come Dio ci aiuta ad affrontare e superare un fatto simile. 

Molta gente, non sostenuta dalla fede, si mette a inveire contro la cattiva fortuna, contro la cattiveria umana e perfino contro Dio.  Si capisce che queste reazioni “naturali” non aiutano in nessun modo a rendere più sopportabile o accettabile la loro disgrazia.  Infatti, la gente è, e rimane, senza speranza e senza conforto.

Il passo che mi ha colpito in questo momento è di Paolo Apostolo: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione” (2.a lettera di Paolo Apostolo ai Corinzi 1:3).

La misericordia è un tipo particolare di amore, di cui noi siamo capaci solo in piccola parte.  Ricordi quando eri piccolo e avevi fatto qualcosa, forse un disegno, col desiderio di fare un grande regalo a tuo papà o a tua  mamma?  Purtroppo, forse avevi colorato fuori delle righe, forse la forma della casa o dell’animale che volevi disegnare era quasi impossibile da riconoscere, forse hai passato per sbaglio sul colore con la mano e fatto un brutto sbaffo… Se, come penso,  tuo Papà o tua Mamma ti hanno fatto un bel sorriso e ti hanno detto: “Che bel disegno, mi piace moltissimo!”, il loro è stato un piccolo esempio di amore misericordioso.

La misericordia è la qualità divina per cui Dio, che ci conosce a fondo e sa esattamente come siamo, che capisce totalmente i nostri limiti umani e spirituali, malgrado i nostri difetti o azioni che non sono all’altezza di ciò noi avremmo desiderato, continua ad amarci totalmente.  Egli ci circonda col suo amore e la sua benedizione, ci tiene vicini a sé col calore del suo amore senza alcun limite.  Questo è ciò che Paolo vuole dire con le parole “il Padre misericordioso”.

Paolo lo chiama anche “il Dio di ogni consolazione”.  La piccola parola, “ogni”, messa accanto a “consolazione”, esprime delle possibilità infinite.  Quando l’Iddio onnipotente consola una persona, non esiste limite al tipo di problema che, nella nostra vita, richiede consolazione.  Forse si tratta, come nel caso menzionato all’inizio di questo post, di un lutto improvviso e devastante, capace di fare facilmente cadere le nostre difese, di suscitare domande senza risposta, di insinuare dubbi impensabili sulla capacità di Dio di controllare le circostanze, di proteggere noi e i nostri cari, di mantenere le promesse su cui poggia la nostra vita.  Sì, “ogni consolazione” significa che Dio ci consola in ogni possibile situazione che mai incontreremo.

Sono proprio le circostanze del nostro dolore, proprio le possibili domande sulla potenza di Dio, l’amore di Dio, le promesse di Dio, le intenzioni di Dio, che potrebbero insidiare le certezze della nostra fede e, perciò, spingerci a dubitare della sua consolazione.  Ma le parole “ogni consolazione” significano che Dio ha previsto proprio questi limiti umani, nella sua perfetta misericordia, e che provvederà senza limiti la sua consolazione.

La parola “consolazione” ci ricorda il nome dato da Gesù a quel sostituto che avrebbe continuato la sua opera, dopo il suo ritorno in cielo.  Egli ha detto che suo Padre avrebbe mandato, al posto suo, “un altro Consolatore”, cioè lo Spirito Santo.  Le origini della parola, consolatore, indicano uno che sta accanto a noi e prende sulle sue spalle il peso che non riusciamo a sollevare.

Il Consolatore sta vicino a noi, accanto a noi, per confortarci e consolarci, portando i pesi umanamente al di là di ogni resistenza o sforzo umano.

Forse il peso che tu porti non è la perdita di una persona cara, forse si tratta di problemi di salute, di lavoro, di famiglia, di circostanze che sembrano insopportabili.

Quale gioia sapere che tu, come figlio di Dio, provato e tentato oltre ogni possibile sopportazione umana, hai accanto a te Dio stesso, il quale ti consola e che, che tu lo capisca o no, porta con te i tuoi pesi.  Fidati di Lui, l’Onnipotente.
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