martedì 19 luglio 2011

La pula che svanisce


Una vita senza senso

Un vero poeta, come era in realtà il re Davide, ha la capacità di usare, o inventare, certi paragoni che esprimono perfettamente ciò che vuol dire, in modo che il concetto ti rimanga a lungo nella memoria.
Egli aveva bisogno di qualcosa che potesse fare capire il significato della parola “empio”,  che aveva usata nel quarto versetto del primo salmo per definire l’uomo che vive senza Dio.
Nei primi tre versetti, per descrivere l’uomo che Dio considera “beato”, ha usato l’immagine di un maestoso albero verdeggiante, che aveva grande valore in un ambiente arido, e che portava benedizioni alle persone che si riparavano alla sua ombra.
Ma, allora, come poteva descrivere l’empio, di cui aveva già affermato che era in tutto e per tutto diverso dalla persona beata?
Ha trovato una soluzione meravigliosa!  Ha scritto, riguardo agli empi che “sono come la pula che il vento porta via”.  Nella trebbiatura del grano, particolarmente come era fatta ai tempi di Davide, il grano era separato dalla pula e da tutta la polvere e dagli scarti proprio dal vento.  Si trattava di roba leggerissima, di nessun valore e di nessun possibile impiego.
Al contrario dell’utilità e della bellezza dell’albero di cui aveva parlato prima, la pula non era considerata di nessun valore.  Ovviamente, non stava considerando il valore dell’anima né quello dell’ essere umano.  Descriveva, invece, il valore spirituale che l’empio non ha espresso nella sua vita e i risultati di benedizione spirituale che non ha potuto dare a chi lo ha conosciuto e frequentato.  La valutazione?  Zero, nulla.  Per ciò che era nella vita, è come se non fosse mai esistito.
Non soltanto l’effetto spirituale della vita dell’empio è pari alla nullità della pula, ma anche tutto quello che ha fatto è disseminato dal vento in modo casuale e insignificante. Se ha dato dei consigli a qualcuno, le sue parole sono state portate via dal vento.  Come se non le avesse mai dette!
Se qualcuno ha cercato di seguire il suo esempio o basare la propria vita sulla sua condotta, è stato come un appoggiarsi al nulla, alla pula.
Certamente tu hai pensato più di una volta al valore della tua vita.  Hai cercato di incoraggiare o aiutare altri.  Ti sei sentito un certo calore interiore pensando al bene che hai fatto e a come quelle persone stanno effettivamente meglio?
Se quello che hai detto o fatto non è stato il risultato della tua conoscenza e della tua meditazione della Parola di Dio nella tua vita, lo sai quanto valeva?  Nulla. Se tu non obbedisci alla Parola di Dio, cosa hai da offrire agli altri?  Solo pula, proprio nulla.
Questo importante scritto di Davide che ha fatto lui stesso dei grossi sbagli, ma che si è pentito e ha chiesto il perdono di Dio, merita la nostra meditazione. Infatti, assomigliamo moltissimo a quel Re, almeno nella parte negativa della sua vita.  Abbiamo tutti sbagliato molte volte e abbiamo riconosciuto che la nostra vita, le nostre azioni, non piacevano a Dio.  Però, abbiamo anche cercato come Davide la presenza di Dio per confessare il nostro peccato e per ricevere il suo perdono?
Abbiamo riconosciuto la gravità del peccato e la sua sottile attrazione, come ha fatto l’uomo “beato” descritto nel primo versetto di questo salmo?  Abbiamo già fatto, o vogliamo fare proprio ora, un proponimento di non camminare nelle vie dei peccatori, di non fermarci per passare il nostro tempo dove essi si fermano a godere e soddisfare i loro sensi e appetiti, di non sederci abitualmente dove i beffardi si rallegrano, pensando al peccato e a pianificarlo?
Oppure accettiamo la valutazione di Dio che la nostra vita assomiglia alla pula, che passerà presto via, senza avere lasciato alcuna traccia positiva?  Con la prospettiva di essere separati da Lui eternamente.
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