.
Io gli voglio tanto bene
“Come posso fare capire a mio marito che lo stimo, lo apprezzo, lo amo e che desidero ricevere da lui parole di amore e segni di tenerezza?”
Il mio post della settimana scorsa ha “svegliato” l’interesse di diverse donne, per sapere perché il loro marito non dice loro mai “Ti amo” (se non l’hai letto, puoi leggerlo subito, cliccando qui).
Il fatto è che, secondo gli studiosi dei rapporti nel matrimonio, vi sono diverse “lingue” con cui si può esprimere l’amore al proprio coniuge, ma, purtroppo, sono spesso ignorate e questa mancanza complica moltissimo la comprensione fra gli sposi nella vita quotidiana matrimoniale.
Dio ci ha creati come esseri incompleti (anche nei giorni migliori) e questa incompletezza esisteva già prima della caduta nel peccato. Per questo motivo, Dio ha detto: “Non è bene che l’uomo (Adamo) sia solo” .
Abbiamo tutti bisogno costantemente non solo della presenza e della comunicazione con un’altra persona, ma di un flusso continuo, come la corrente elettrica, che ci stimola, ci conferma, ci trasmette fiducia, tranquillità, speranza e, in una sola parola, amore.
Tu trasmetti continuamente a tuo marito una conferma del tuo amore? Tu, marito, trasmetti continuamente a tua moglie una conferma del tuo amore?
La risposta inevitabile è “No, non trasmetto continuamente una conferma del mio amore”. No, perché, a volte, è vero, sei stanca/stanco, preoccupata/preoccupato, presa/ preso da altri impegni. Nulla di strano. Ma, allora, quanto è importante che tu trasmetta, quando è possibile, nella giornata, messaggi così potenti che continuino a creare un senso del calore del tuo amore anche quando non sei presente.
Uno dei segni più forti, che un marito può dare alla moglie, non gli costa nulla, non gli prende più di 30 secondi e vale mille dollari. È un forte abbraccio, un bacio e le parole: “Ti voglio bene”, possibilmente prima di uscire di casa. È un messaggio che manda una corrente elettrica che continua a fare effetto per almeno otto ore (se non avete litigato proprio cinque minuti prima).
E come si fa a ritrasmettere la stessa carica elettrica a tuo marito? Non costa nulla, prende solo 40 secondi e vale duemila dollari. Lo stringi forte, gli dai un bel bacio e gli dici: “Non sai quanto mi sembri forte quando mi baci. Mi manchi tutto il tempo che sei fuori!”
“È tutto lì?” mi domandi. Beh, quasi.
Cioè, è tutto lì se quei 30-40 secondi riflettono più o meno bene il tipo di atmosfera che cercate di creare e mantenere anche in altri momenti in cui siete insieme. Non dico che è l’atmosfera in cui vivete “sempre”, perché non siamo ancora già pronti per il cielo e possiamo sempre imparare di più.
In quel breve saluto mattutino, avete tutti e due usato un “linguaggio” importante, il linguaggio che l’altro capisce. Vi siete procurati un piacere reciproco, che, se praticato nel tempo, vi porterà sempre più vicini e vi farà imparare (e godere) sempre più la lingua che parla l’altro.
Anzi, la settimana prossima vi spiegherò proprio come quella lingua funziona, sia per l’uomo sia per la donna. È un tesoro che il Signore ha creato per rallegrare la nostra vita insieme.
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martedì 27 aprile 2010
martedì 20 aprile 2010
Non dice mai “Ti amo!”
.Perché non ci capiamo?
Ecco la lettera di una moglie che si firma “Insoddisfatta”. Ma ha ragione o è solo una che si lamenta sempre?
Caro Guglielmo, Io sono una di quelle mogli insoddisfatte del loro matrimonio di cui si parla, ma cosa devo fare per migliorarlo?
Siamo sposati da sette anni e mio marito è un brav’uomo, uno che lavora, che pensa alla famiglia e a ciò che ci serve. È anche attivo in chiesa e apprezzato.
Ma il mio problema è molto personale. Io vorrei almeno una volta sentirlgli dire: «Ti amo!».
Vorrei che mi desse un abbraccio e un bacio per farmi capire che mi ama, mi apprezza come donna e mi vuole bene.
Ma basta? Per me, no. “Insoddisfatta”.
Penso che sai che i non-udenti hanno un linguaggio speciale, fatto di gesti, per comunicare. Siccome le parole che qualcuno vorrebbe dire loro non sono comprese, se dette a voce, è importante che chi vuole comunicare con loro sappia che non possono sentire le sue parole, ma che, con un po’ di impegno da parte sua, potrebbe lui imparare dei gesti utili per farsi capire. Nessuno pensa che quest’impegno per comunicare sia strano o umiliante. Anzi, è un segno di amore verso il non-udente.
Allo stesso modo, Dio ha fatto l’uomo e la donna in modo che abbiano la possibilità di comprendere e adoperare più di un solo linguaggio. Certamente, il linguaggo delle parole dette è importante, come anche il linguaggio delle azioni compiute, che è quello che comprende meglio tuo marito. Ma, c’è anche un linguaggio degli sguardi, un altro dei movimenti delle mani, un altro delle parole particolari che hanno un significato importante nel matrimonio.
Forse tuo marito non ha mai capito l’importanza di questi altri linguaggi. Forse tu non ti sei resa completamente conto dei linguaggi che lui parla, oltre a quello delle sue parole.
È un fatto assolutamente sicuro che, nel matrimonio, e nella vita, ognuno di noi ha bisogno di essere compreso, accettato, apprezzato, stimato e amato, e che queste realtà devono essere comunicate con un linguaggio che l’altro può comprendere. Quando nessuno ci fa vedere l’amore (con un linguaggio che noi comprendiamo), quando siamo sempre in dubbio se i “segni” che riceviamo dall’altro veramente significhino stima, apprezzamento e amore, siamo insoddisfatti, insicuri, e spesso tristi o depressi.
Allora, posso darti ragione. La maggioranza delle donne ha bisogno di un linguaggio dell’amore fatto di certe parole, fra cui le due più importanti sono: “Ti amo” oppure “Ti voglio bene”, dette nel momento e con il tono di chi sta affermando un suo sentimento profondo. Poi, ci sono anche tante altre parole che fanno molto bene. Ma oltre alle parole c’è il linguaggio dei gesti. Come hai accennato tu, un abbraccio, un bacio, anche solo un tocco sulla spalla o su punti più sensibili, solo una carezza sulla guancia, un camminare o sedersi vicini mano nella mano, sono un linguaggio che di solito fa di più per confermare l’amore delle sole parole.
Ma, devi capire che queste parole e gesti NON sono un linguaggio di solito conosciuto e praticato dai maschi. Anzi non apprezzano questo linguaggio perché sembra loro troppo sciropposo e dolciastro, troppo finto, troppo… femminile! Perciò, qualcuno deve aiutarli ad imparare questo linguaggio essenziale all’amore di coppia. E quel “qualcuno” può essere un amico che l’ha capito, ma spesso è proprio la moglie. Però, con cautela e saggezza.
Comunque, permettimi di dirti che c’è anche un linguaggio speciale che i maschi capiscono e che è spesso sconosciuto o trascurato dalle loro mogli. Senza l’uso di quel linguaggio, i mariti riescono con difficoltà a credere che la moglie li ami davvero.
Di questo, dovrò parlare la prossima volta.Ma quando qualche volta gli ho fatto capire che mi sento trascurata come donna, si è molto dispiaciuto, anzi arrabbiato, e mi ha detto che non capisco nulla, se non lo vedo tutti i giorni e se ormai non lo so che mi ama.Forse questa insoddisfazione ti fa sorridere, quando ti dico che lui è molto corretto nel pensare ai bisogni materiali della famiglia e anche a me. Non ci manca nulla. Non è uno che bisogna pregare se qualcosa ci serve.
Ecco la lettera di una moglie che si firma “Insoddisfatta”. Ma ha ragione o è solo una che si lamenta sempre?
Caro Guglielmo, Io sono una di quelle mogli insoddisfatte del loro matrimonio di cui si parla, ma cosa devo fare per migliorarlo?
Siamo sposati da sette anni e mio marito è un brav’uomo, uno che lavora, che pensa alla famiglia e a ciò che ci serve. È anche attivo in chiesa e apprezzato.
Ma il mio problema è molto personale. Io vorrei almeno una volta sentirlgli dire: «Ti amo!».
Vorrei che mi desse un abbraccio e un bacio per farmi capire che mi ama, mi apprezza come donna e mi vuole bene.
Ma basta? Per me, no. “Insoddisfatta”.
Penso che sai che i non-udenti hanno un linguaggio speciale, fatto di gesti, per comunicare. Siccome le parole che qualcuno vorrebbe dire loro non sono comprese, se dette a voce, è importante che chi vuole comunicare con loro sappia che non possono sentire le sue parole, ma che, con un po’ di impegno da parte sua, potrebbe lui imparare dei gesti utili per farsi capire. Nessuno pensa che quest’impegno per comunicare sia strano o umiliante. Anzi, è un segno di amore verso il non-udente.
Allo stesso modo, Dio ha fatto l’uomo e la donna in modo che abbiano la possibilità di comprendere e adoperare più di un solo linguaggio. Certamente, il linguaggo delle parole dette è importante, come anche il linguaggio delle azioni compiute, che è quello che comprende meglio tuo marito. Ma, c’è anche un linguaggio degli sguardi, un altro dei movimenti delle mani, un altro delle parole particolari che hanno un significato importante nel matrimonio.
Forse tuo marito non ha mai capito l’importanza di questi altri linguaggi. Forse tu non ti sei resa completamente conto dei linguaggi che lui parla, oltre a quello delle sue parole.
È un fatto assolutamente sicuro che, nel matrimonio, e nella vita, ognuno di noi ha bisogno di essere compreso, accettato, apprezzato, stimato e amato, e che queste realtà devono essere comunicate con un linguaggio che l’altro può comprendere. Quando nessuno ci fa vedere l’amore (con un linguaggio che noi comprendiamo), quando siamo sempre in dubbio se i “segni” che riceviamo dall’altro veramente significhino stima, apprezzamento e amore, siamo insoddisfatti, insicuri, e spesso tristi o depressi.
Allora, posso darti ragione. La maggioranza delle donne ha bisogno di un linguaggio dell’amore fatto di certe parole, fra cui le due più importanti sono: “Ti amo” oppure “Ti voglio bene”, dette nel momento e con il tono di chi sta affermando un suo sentimento profondo. Poi, ci sono anche tante altre parole che fanno molto bene. Ma oltre alle parole c’è il linguaggio dei gesti. Come hai accennato tu, un abbraccio, un bacio, anche solo un tocco sulla spalla o su punti più sensibili, solo una carezza sulla guancia, un camminare o sedersi vicini mano nella mano, sono un linguaggio che di solito fa di più per confermare l’amore delle sole parole.
Ma, devi capire che queste parole e gesti NON sono un linguaggio di solito conosciuto e praticato dai maschi. Anzi non apprezzano questo linguaggio perché sembra loro troppo sciropposo e dolciastro, troppo finto, troppo… femminile! Perciò, qualcuno deve aiutarli ad imparare questo linguaggio essenziale all’amore di coppia. E quel “qualcuno” può essere un amico che l’ha capito, ma spesso è proprio la moglie. Però, con cautela e saggezza.
Comunque, permettimi di dirti che c’è anche un linguaggio speciale che i maschi capiscono e che è spesso sconosciuto o trascurato dalle loro mogli. Senza l’uso di quel linguaggio, i mariti riescono con difficoltà a credere che la moglie li ami davvero.
Di questo, dovrò parlare la prossima volta.Ma quando qualche volta gli ho fatto capire che mi sento trascurata come donna, si è molto dispiaciuto, anzi arrabbiato, e mi ha detto che non capisco nulla, se non lo vedo tutti i giorni e se ormai non lo so che mi ama.Forse questa insoddisfazione ti fa sorridere, quando ti dico che lui è molto corretto nel pensare ai bisogni materiali della famiglia e anche a me. Non ci manca nulla. Non è uno che bisogna pregare se qualcosa ci serve.
martedì 13 aprile 2010
La guerra in casa
.
Un vecchio guaio rovina il mondo
La bambina di quattro anni e sua madre erano arrivate quasi alla guerra. Stavano l’una davanti all’altra, le facce rosse, guardandosi negli occhi con un’aria di sfida.
“Ubbidisci!”
“No, ubbidisci tu!”
“No, sei tu che devi ubbidire a me e basta!”
“E perché ti dovrei ubbidire?”
“Perché tu sei mia madre e qui comando io!”
Era una di quelle battaglie che succedono tutti i giorni. In questo mondo, oramai, sono i bambini che comandano e le mamme che devono ubbidire.
“Ubbidire”, che brutta parola. Sono secoli che alcuni comandano, cercano di comandare, credono di comandare. E gli altri ubbidiscono, fingono di ubbidire o rifiutano di ubbidire.
I bambini rifiutano di ubbidire, i ragazzi rifiutano di ubbidire, i giovani rifiutano di ubbidire, gli operai e gli impiegati rifiutano di ubbidire, i mariti e le mogli rifiutano di ubbidire. Rifiutano di ubbidire tutti!
Ma lo sai dov’è cominciata questa battaglia? Quando Adamo ed Eva hanno disubbidito a Dio. O addirittura quando Lucifero ha rifiutato di sottomettersi a suo Creatore.
E, stranamente, l’esempio perfetto di ubbidienza non è un essere umano, ma Dio stesso. Sì, proprio Dio. Gesù Cristo, che era Dio incarnato come uomo, disse: “Io sono venuto per fare la volontà di mio Padre, che mi ha mandato.”
E tu ed io? Ubbidiamo? Ci dispiace dovere ubbidire? Evitiamo di ubbidire? Anche a Dio?
La scelta è molto chiara. Chi sceglie di non ubbidire, cioè disubbidisce a chi ha il diritto di comandare sulla sua vita, ovviamente segue sulle tracce di Satana. Chi sceglie di ubbidire, anche quando gli costa qualcosa, (a Gesù è costato sputi in faccia, maltrattamenti, la morte di un criminale), chi sceglie di ubbidire, ubbidire secondo gli insegnamenti biblici, dico, dimostra che ha in sé lo spirito di Cristo.
Una cosa buffa del mondo in cui viviamo, comunque, è che perfino le persono che, secondo il piano di Dio, avrebbero non solo il diritto di comandare, ma anche il dovere di comandare, preferiscono spesso a rinunciare.
Ovviamente, Dio non ha nominato comandanti assoluti, perché l’essere umano fa troppo presto a manipolare le cose per portare l’acqua al proprio mulino.
Però, un mondo in cui nessuno comanda, nessuno dice che esiste la legge, e nessuno fa capire e rispettare la legge, è il caos. È proprio quel caos in cui rischiamo di vivere.
Scommetto che tu conosci almeno cinque genitori che non pretendono l’ubbidienza dai loro figli. Scommetto che conosci cinque coppie in cui si litiga costantemente perché né marito né moglie hanno nessuna intenzione di cedere all’altro.
Scommetto che tu conosci cinque chiese in cui gli anziani non insistono sulla sottomissione alla legge di Dio perché hanno troppi scheletri (disubbidienze) che tengono nascoste nel loro ripostiglio.
Scommetto che tu conosci i nomi di cinque politici che sono sotto processo perché non hanno ubbidito alle leggi che dovrebbero fare rispettare. E, forse, per ogni cinque sotto processo ce ne sono cinquanta altri che non sono stati ancora scoperti.
Allora, domandiamoci sinceramente: come possiamo vivere felicemente in un mondo basato sulla disubbidienza, la ribellione, l’assenza di principi e leggi a cui la gente si sottomette?
Com’è possibile vivere in famiglie felici quando i figli sono in lite con i genitori, perché non vogliono ubbidire, e i coniugi sono sempre in lite perché accusano l’altro di abuso dei propri diritti?
Dio disse (in una rivelazione al profeta Isaia): “Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese; ma se rifiutate e siete ribelli, sarete divorati dalla spada” (Isaia 1:19,20).
Tu (ed io) siamo “disposti” (pronti, disponibili, intenzionati) a “ubbidire”?
Un vecchio guaio rovina il mondo
La bambina di quattro anni e sua madre erano arrivate quasi alla guerra. Stavano l’una davanti all’altra, le facce rosse, guardandosi negli occhi con un’aria di sfida.
“Ubbidisci!”
“No, ubbidisci tu!”
“No, sei tu che devi ubbidire a me e basta!”
“E perché ti dovrei ubbidire?”
“Perché tu sei mia madre e qui comando io!”
Era una di quelle battaglie che succedono tutti i giorni. In questo mondo, oramai, sono i bambini che comandano e le mamme che devono ubbidire.
“Ubbidire”, che brutta parola. Sono secoli che alcuni comandano, cercano di comandare, credono di comandare. E gli altri ubbidiscono, fingono di ubbidire o rifiutano di ubbidire.
I bambini rifiutano di ubbidire, i ragazzi rifiutano di ubbidire, i giovani rifiutano di ubbidire, gli operai e gli impiegati rifiutano di ubbidire, i mariti e le mogli rifiutano di ubbidire. Rifiutano di ubbidire tutti!
Ma lo sai dov’è cominciata questa battaglia? Quando Adamo ed Eva hanno disubbidito a Dio. O addirittura quando Lucifero ha rifiutato di sottomettersi a suo Creatore.
E, stranamente, l’esempio perfetto di ubbidienza non è un essere umano, ma Dio stesso. Sì, proprio Dio. Gesù Cristo, che era Dio incarnato come uomo, disse: “Io sono venuto per fare la volontà di mio Padre, che mi ha mandato.”
E tu ed io? Ubbidiamo? Ci dispiace dovere ubbidire? Evitiamo di ubbidire? Anche a Dio?
La scelta è molto chiara. Chi sceglie di non ubbidire, cioè disubbidisce a chi ha il diritto di comandare sulla sua vita, ovviamente segue sulle tracce di Satana. Chi sceglie di ubbidire, anche quando gli costa qualcosa, (a Gesù è costato sputi in faccia, maltrattamenti, la morte di un criminale), chi sceglie di ubbidire, ubbidire secondo gli insegnamenti biblici, dico, dimostra che ha in sé lo spirito di Cristo.
Una cosa buffa del mondo in cui viviamo, comunque, è che perfino le persono che, secondo il piano di Dio, avrebbero non solo il diritto di comandare, ma anche il dovere di comandare, preferiscono spesso a rinunciare.
Ovviamente, Dio non ha nominato comandanti assoluti, perché l’essere umano fa troppo presto a manipolare le cose per portare l’acqua al proprio mulino.
Però, un mondo in cui nessuno comanda, nessuno dice che esiste la legge, e nessuno fa capire e rispettare la legge, è il caos. È proprio quel caos in cui rischiamo di vivere.
Scommetto che tu conosci almeno cinque genitori che non pretendono l’ubbidienza dai loro figli. Scommetto che conosci cinque coppie in cui si litiga costantemente perché né marito né moglie hanno nessuna intenzione di cedere all’altro.
Scommetto che tu conosci cinque chiese in cui gli anziani non insistono sulla sottomissione alla legge di Dio perché hanno troppi scheletri (disubbidienze) che tengono nascoste nel loro ripostiglio.
Scommetto che tu conosci i nomi di cinque politici che sono sotto processo perché non hanno ubbidito alle leggi che dovrebbero fare rispettare. E, forse, per ogni cinque sotto processo ce ne sono cinquanta altri che non sono stati ancora scoperti.
Allora, domandiamoci sinceramente: come possiamo vivere felicemente in un mondo basato sulla disubbidienza, la ribellione, l’assenza di principi e leggi a cui la gente si sottomette?
Com’è possibile vivere in famiglie felici quando i figli sono in lite con i genitori, perché non vogliono ubbidire, e i coniugi sono sempre in lite perché accusano l’altro di abuso dei propri diritti?
Dio disse (in una rivelazione al profeta Isaia): “Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese; ma se rifiutate e siete ribelli, sarete divorati dalla spada” (Isaia 1:19,20).
Tu (ed io) siamo “disposti” (pronti, disponibili, intenzionati) a “ubbidire”?
martedì 6 aprile 2010
Hai perso la fiducia?
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Sono pochi a cui puoi credere
A chi credere? È una domanda a cui rispondere diventa sempre più difficile.
In America, un’indagine che confronta, ogni dieci anni, il livello di fiducia della gente comune nelle istituzioni, registra un crollo generale.
I capi delle grandi industrie, i membri del Congresso, i finanzieri, gli atleti, la Chiesa cattolica, tutti hanno perso una parte importante della loro credibilità secondo ciò che dice la persona comune. La gente pensa che tutti si siano rivelati o corrotti o incompetenti o che abbiano tutti e due questi difetti.
Non mi sorprenderei se un’indagine simile, fatta in Italia, rivelasse la stessa perdita di fiducia nelle istituzioni che, una volta, sembravano capaci di guidare la società verso mete più alte, un benessere condiviso da tutti, un’istruzione pubblica disponibile a tutti, un lavoro per tutti, un più alto livello nella collaborazione per raggiungere progressi nella scienza, nella medicina, nell’uso del tempo libero, nella longevità vissuta in buona salute.
Oggi non si sente parlare che di scandali che riguardano ogni professione, ogni tipo di persona. Le chiese non aiutano più a scoprire la verità né a vivere più moralmente. Gli atleti si drogano, i chimici ci avvelenano, gli educatori ci incretiniscono, il benessere distrugge la famiglia, i religiosi insieme con gli psicologi ci offrono il paradiso della soddisfazione di nostri desideri e bisogni, mentre loro stessi si dimostrano inaffidabili e insoddisfatti.
Due domande se le pongono le persone serie:
1) È sempre stato così, o sta succedendo qualcosa di brutto nel mondo?
2) È vero che tutti, o la maggioranza, sono così o ci sono anche delle felici eccezioni?
Ricordo mia suocera, nata nell’800, moglie di un colonnello, quando gli ufficiali erano rispettati da tutti. Quanto si meravigliava e si scandalizzava (e un po’ si arrabbiava con chi osasse dare certe notizie ”ignobili”), quando sentiva alla TV di qualche ufficiale delle forze armate che era accusato di corruzione.
La sua reazione dimostra che NON è sempre stato così com’è oggi, che ognuno, dal capo dello stato al bidello della scuola elementare, è accusato di ogni possibile crimine e nefandezza.
A mio parere, qualcosa di brutto e di spaventevole sta succedendo nel mondo. Gli uomini (e le donne) sono diventati più sfacciati, più aperti nei loro comportamenti immorali e disgustosi, più spaventosamente mancanti di una coscienza funzionante.
E le eccezioni ci sono? Non vorrei eccedere in bontà, ma io credo di sì. Esistono ancora delle persone che hanno il desiderio e l’intenzione sincera di vivere correttamente.
Come è possibile andare contro corrente, a scuola, al lavoro, in famiglia, nella società, anche se bisogna passare per stupidi, fissati, smidollati e, perfino, pervertiti?
Non è facile. Non è “normale”. Non è qualcosa che avviene solo perché alcuni sono “buoni”. Non è il risultato di un “lavaggio di cervello”.
Bisogna avere delle forti convinzioni. Bisogna avere un metro con cui distinguere il bene dal male, il lecito dall’illecito, ciò che è saggio da ciò che è stupido.
Credere solo che esista il bene e che sia giusto farlo non basta.
Ci vuole ciò che io chiamo “una marcia in più”. Una forza più grande della tua, una convinzione più solida della tua, un coraggio più tosto del tuo. Se non ce l’hai, sei fuori controllo, sei soltanto uno della massa, un robot che gira su se stesso.
Dio può darti la marcia in più. Anzi, può essere Lui la forza, la sorgente, l’origine, la luce che ti permette di fare ed essere ciò che gli altri non sanno fare.
Quando Dio entra nella tua vita, poi, agisce dal di dentro, le tue possibilità cambiano, ed anche il tuo coraggio, le tue convinzioni.
Tu diventi, come disse Gesù, una luce accesa in una camera buia, una lampada posta in alto per dare luce a chiunque cammina nelle tenebre. Non risplendi con la tua propria luce, ma rifletti la luce di Gesù, la luce del mondo.
Cosa devi fare per vivere così? Lo spiego nel mio blog dal titolo: “VEDERCI CHIARO”. Clicca qui per leggerlo.
Sono pochi a cui puoi credere
A chi credere? È una domanda a cui rispondere diventa sempre più difficile.
In America, un’indagine che confronta, ogni dieci anni, il livello di fiducia della gente comune nelle istituzioni, registra un crollo generale.
I capi delle grandi industrie, i membri del Congresso, i finanzieri, gli atleti, la Chiesa cattolica, tutti hanno perso una parte importante della loro credibilità secondo ciò che dice la persona comune. La gente pensa che tutti si siano rivelati o corrotti o incompetenti o che abbiano tutti e due questi difetti.
Non mi sorprenderei se un’indagine simile, fatta in Italia, rivelasse la stessa perdita di fiducia nelle istituzioni che, una volta, sembravano capaci di guidare la società verso mete più alte, un benessere condiviso da tutti, un’istruzione pubblica disponibile a tutti, un lavoro per tutti, un più alto livello nella collaborazione per raggiungere progressi nella scienza, nella medicina, nell’uso del tempo libero, nella longevità vissuta in buona salute.
Oggi non si sente parlare che di scandali che riguardano ogni professione, ogni tipo di persona. Le chiese non aiutano più a scoprire la verità né a vivere più moralmente. Gli atleti si drogano, i chimici ci avvelenano, gli educatori ci incretiniscono, il benessere distrugge la famiglia, i religiosi insieme con gli psicologi ci offrono il paradiso della soddisfazione di nostri desideri e bisogni, mentre loro stessi si dimostrano inaffidabili e insoddisfatti.
Due domande se le pongono le persone serie:
1) È sempre stato così, o sta succedendo qualcosa di brutto nel mondo?
2) È vero che tutti, o la maggioranza, sono così o ci sono anche delle felici eccezioni?
Ricordo mia suocera, nata nell’800, moglie di un colonnello, quando gli ufficiali erano rispettati da tutti. Quanto si meravigliava e si scandalizzava (e un po’ si arrabbiava con chi osasse dare certe notizie ”ignobili”), quando sentiva alla TV di qualche ufficiale delle forze armate che era accusato di corruzione.
La sua reazione dimostra che NON è sempre stato così com’è oggi, che ognuno, dal capo dello stato al bidello della scuola elementare, è accusato di ogni possibile crimine e nefandezza.
A mio parere, qualcosa di brutto e di spaventevole sta succedendo nel mondo. Gli uomini (e le donne) sono diventati più sfacciati, più aperti nei loro comportamenti immorali e disgustosi, più spaventosamente mancanti di una coscienza funzionante.
E le eccezioni ci sono? Non vorrei eccedere in bontà, ma io credo di sì. Esistono ancora delle persone che hanno il desiderio e l’intenzione sincera di vivere correttamente.
Come è possibile andare contro corrente, a scuola, al lavoro, in famiglia, nella società, anche se bisogna passare per stupidi, fissati, smidollati e, perfino, pervertiti?
Non è facile. Non è “normale”. Non è qualcosa che avviene solo perché alcuni sono “buoni”. Non è il risultato di un “lavaggio di cervello”.
Bisogna avere delle forti convinzioni. Bisogna avere un metro con cui distinguere il bene dal male, il lecito dall’illecito, ciò che è saggio da ciò che è stupido.
Credere solo che esista il bene e che sia giusto farlo non basta.
Ci vuole ciò che io chiamo “una marcia in più”. Una forza più grande della tua, una convinzione più solida della tua, un coraggio più tosto del tuo. Se non ce l’hai, sei fuori controllo, sei soltanto uno della massa, un robot che gira su se stesso.
Dio può darti la marcia in più. Anzi, può essere Lui la forza, la sorgente, l’origine, la luce che ti permette di fare ed essere ciò che gli altri non sanno fare.
Quando Dio entra nella tua vita, poi, agisce dal di dentro, le tue possibilità cambiano, ed anche il tuo coraggio, le tue convinzioni.
Tu diventi, come disse Gesù, una luce accesa in una camera buia, una lampada posta in alto per dare luce a chiunque cammina nelle tenebre. Non risplendi con la tua propria luce, ma rifletti la luce di Gesù, la luce del mondo.
Cosa devi fare per vivere così? Lo spiego nel mio blog dal titolo: “VEDERCI CHIARO”. Clicca qui per leggerlo.
venerdì 2 aprile 2010
Perché non ci capiamo?
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Io gli voglio tanto bene
“Come posso fare capire a mio marito che lo stimo, lo apprezzo, lo amo e che desidero ricevere da lui parole di amore e segni di tenerezza?”
Il mio post della settimana scorsa ha “svegliato” l’interesse di diverse donne, per sapere perché il loro marito non dice loro mai “Ti amo” (se non l’hai letto, puoi leggerlo subito, cliccando qui).
Il fatto è che, secondo gli studiosi dei rapporti nel matrimonio, vi sono diverse “lingue” con cui si può esprimere l’amore al proprio coniuge, ma, purtroppo, sono spesso ignorate e questa mancanza complica moltissimo la comprensione fra gli sposi nella vita quotidiana matrimoniale.
Dio ci ha creati come esseri incompleti (anche nei giorni migliori) e questa incompletezza esisteva già prima della caduta nel peccato. Per questo motivo, Dio ha detto: “Non è bene che l’uomo (Adamo) sia solo”.
Abbiamo tutti bisogno costantemente non solo della presenza e della comunicazione con un’altra persona, ma di un flusso continuo, come la corrente elettrica, che ci stimola, ci conferma, ci trasmette fiducia, tranquillità, speranza e, in una sola parola, amore.
Tu trasmetti continuamente a tuo marito una conferma del tuo amore? Tu, marito, trasmetti continuamente a tua moglie una conferma del tuo amore?
La risposta inevitabile è “No, non trasmetto continuamente una conferma del mio amore”. No, perché, a volte, è vero, sei stanca/stanco, preoccupata/preoccupato, presa/ preso da altri impegni. Nulla di strano. Ma, allora, quanto è importante che tu trasmetta, quando è possibile, nella giornata, messaggi così potenti che continuino a creare un senso del calore del tuo amore anche quando non sei presente.
Uno dei segni più forti, che un marito può dare alla moglie, non gli costa nulla, non gli prende più di 30 secondi e vale mille dollari. È un forte abbraccio, un bacio e le parole: “Ti voglio bene”, possibilmente prima di uscire di casa. È un messaggio che manda una corrente elettrica che continua a fare effetto per almeno otto ore (se non avete litigato proprio cinque minuti prima).
E come si fa a ritrasmettere la stessa carica elettrica a tuo marito? Non costa nulla, prende solo 40 secondi e vale duemila dollari. Lo stringi forte, gli dai un bel bacio e gli dici: “Non sai quanto mi sembri forte quando mi baci. Mi manchi tutto il tempo che sei fuori!”
“È tutto lì?” mi domandi. Beh, quasi.
Cioè, è tutto lì se quei 30-40 secondi riflettono più o meno bene il tipo di atmosfera che cercate di creare e mantenere anche in altri momenti in cui siete insieme. Non dico che è l’atmosfera in cui vivete “sempre”, perché non siamo ancora già pronti per il cielo e possiamo sempre imparare di più.
In quel breve saluto mattutino, avete tutti e due usato un “linguaggio” importante, il linguaggio che l’altro capisce. Vi siete procurati un piacere reciproco, che, se praticato nel tempo, vi porterà sempre più vicini e vi farà imparare (e godere) sempre più la lingua che parla l’altro.
Anzi, la settimana prossima vi spiegherò proprio come quella lingua funziona, sia per l’uomo sia per la donna. È un tesoro che il Signore ha creato per rallegrare la nostra vita insieme.
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Io gli voglio tanto bene
“Come posso fare capire a mio marito che lo stimo, lo apprezzo, lo amo e che desidero ricevere da lui parole di amore e segni di tenerezza?”
Il mio post della settimana scorsa ha “svegliato” l’interesse di diverse donne, per sapere perché il loro marito non dice loro mai “Ti amo” (se non l’hai letto, puoi leggerlo subito, cliccando qui).
Il fatto è che, secondo gli studiosi dei rapporti nel matrimonio, vi sono diverse “lingue” con cui si può esprimere l’amore al proprio coniuge, ma, purtroppo, sono spesso ignorate e questa mancanza complica moltissimo la comprensione fra gli sposi nella vita quotidiana matrimoniale.
Dio ci ha creati come esseri incompleti (anche nei giorni migliori) e questa incompletezza esisteva già prima della caduta nel peccato. Per questo motivo, Dio ha detto: “Non è bene che l’uomo (Adamo) sia solo”.
Abbiamo tutti bisogno costantemente non solo della presenza e della comunicazione con un’altra persona, ma di un flusso continuo, come la corrente elettrica, che ci stimola, ci conferma, ci trasmette fiducia, tranquillità, speranza e, in una sola parola, amore.
Tu trasmetti continuamente a tuo marito una conferma del tuo amore? Tu, marito, trasmetti continuamente a tua moglie una conferma del tuo amore?
La risposta inevitabile è “No, non trasmetto continuamente una conferma del mio amore”. No, perché, a volte, è vero, sei stanca/stanco, preoccupata/preoccupato, presa/ preso da altri impegni. Nulla di strano. Ma, allora, quanto è importante che tu trasmetta, quando è possibile, nella giornata, messaggi così potenti che continuino a creare un senso del calore del tuo amore anche quando non sei presente.
Uno dei segni più forti, che un marito può dare alla moglie, non gli costa nulla, non gli prende più di 30 secondi e vale mille dollari. È un forte abbraccio, un bacio e le parole: “Ti voglio bene”, possibilmente prima di uscire di casa. È un messaggio che manda una corrente elettrica che continua a fare effetto per almeno otto ore (se non avete litigato proprio cinque minuti prima).
E come si fa a ritrasmettere la stessa carica elettrica a tuo marito? Non costa nulla, prende solo 40 secondi e vale duemila dollari. Lo stringi forte, gli dai un bel bacio e gli dici: “Non sai quanto mi sembri forte quando mi baci. Mi manchi tutto il tempo che sei fuori!”
“È tutto lì?” mi domandi. Beh, quasi.
Cioè, è tutto lì se quei 30-40 secondi riflettono più o meno bene il tipo di atmosfera che cercate di creare e mantenere anche in altri momenti in cui siete insieme. Non dico che è l’atmosfera in cui vivete “sempre”, perché non siamo ancora già pronti per il cielo e possiamo sempre imparare di più.
In quel breve saluto mattutino, avete tutti e due usato un “linguaggio” importante, il linguaggio che l’altro capisce. Vi siete procurati un piacere reciproco, che, se praticato nel tempo, vi porterà sempre più vicini e vi farà imparare (e godere) sempre più la lingua che parla l’altro.
Anzi, la settimana prossima vi spiegherò proprio come quella lingua funziona, sia per l’uomo sia per la donna. È un tesoro che il Signore ha creato per rallegrare la nostra vita insieme.
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