Tanti gridano: “Giustizia! Vogliamo giustizia!”. Non
sopportano più le tante ingiustizie, o che siano loro quelli che le soffrono o altri.
Non c’è che dire: il mondo è pieno di ingiustizie e, se
abbiamo una briciola di giustizia in noi, vorremmo che tutti quelli che sono trattati
ingiustamente, e spesso forzati a soffrire per le ingiustizie inflitte loro, potessero
essere liberati. E che i loro aguzzini fossero puniti.
La settimana scorsa, ho scritto che le tante ingiustizie commesse
giornalmente nel mondo, e che vanno avanti da secoli, meriterebbero una
giustizia giusta e inevitabile.
Ma siamo sicuri che lo crediamo? Non ci piacerebbe anche
un po’ di ingiustizia? O, almeno, di una giustizia diversa da quella solita.
Dopo tutto, nel mio post della settimana scorsa, ho
citato alcune brevi frasi dagli scritti dell’apostolo Paolo, nella sua lettera
ai Romani. Una delle frasi era questa: “Tutti hanno peccato…” Come
dovrebbe trattare Dio le persone nominate in questa frase? Cioè, quei “tutti”,
fra i quali ci siamo anche tu ed io?
Se gridiamo a pieni polmoni che vogliamo giustizia, cosa
stiamo chiedendo?
Se leggiamo un po’ più avanti nella stessa lettera
dell’apostolo Paolo, troviamo scritto: “Lo stipendio del peccato è la morte”.
Vogliamo giustizia! Vogliamo il nostro giusto stipendio! Vogliamo, cioè, la
morte?!
Aspetta un momento, un piccolissimo momento. Se io sono
un peccatore e se lo stipendio del mio peccato è la mia morte, forse ripenserò
un momento al problema.
Io sono uno che proclama con molta sicurezza che credo a
tutta la Bibbia. Che è tutta Parola di Dio. Che è l’assoluta verità, l’unica
verità di cui fidarsi.
E questa Bibbia dichiara che io ho meritato, cioè
guadagnato, il mio stipendio, che è la morte. E mica parla soltanto di morte
fisica. Parla di quella morte che è il giudizio finale di Dio, che la Bibbia chiama “la
seconda morte”, l’eternità nell’inferno.
Fermiamoci! Non è quello lo stipendio che voglio! D’altra
parte, il problema non è ciò che io voglio, ma ciò che Dio promette. Egli
promette al peccatore (a me) lo stipendio che ho meritato ovvero la morte
nell’inferno eterno.
Se questa è la giustizia, allora mi convinco che NON la voglio!
Vorrei, piuttosto, la misericordia. Ma, l’ho meritata? Assolutamente no! Nessuno
può “meritare” la misericordia, perché essa è una concessione a chi non la
merita. Come la “grazia”, che significa “immeritato favore”.
L’apostolo Paolo ha chiarito il problema scrivendo: ”Ora,
a chi opera (a chi, cioè, crede di riuscire a fare delle opere buone
che Dio dovrebbe apprezzare e, perciò, desidera lo stipendio di ogni sua opera
“buona”), il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito, mentre a
chi NON opera, ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in
conto di giustizia” (Romani 4:4,5).
Il senso di questo versetto biblico è chiaro: se tu
desideri “operare” per piacere a Dio, quelle tue opere saranno considerate
soltanto come un debito che stai cercando di pagare, ma che non riuscirai mai a
pagare completamente. Mentre, invece, la persona che non pretende di fare delle
opere meritorie, ma soltanto crede a Cristo, che è morto per donare la sua
giustizia gratuitamente al peccatore, la sua stessa fede è contata da Dio come
“giustizia”, la giustizia di Cristo che gli è messa in conto.
In altre parole, la tua salvezza eterna non potrà mai
dipendere dalle opere pie o buone che tu fai, perché non basterebbero mai a
pagare il debito causato dai tuoi peccati. Soltanto la grazia di Dio, che non
dipende per nulla dalle opere tue, può salvarti.
Paolo ha scritto: “Ma, se è per grazia, non è più per opere;
altrimenti la grazia non è più grazia.” (Romani 11:6).
La conclusione sconcertante del discorso è questa: chi
vuole pagare per i suoi peccati con le sue buone opere è automaticamente escluso
dalla grazia di Dio. Chi, invece, si basa per fede sulla grazia di Dio per la
sua salvezza, non deve cercare di aggiungervi qualche sua opera, perché ciò
dimostrerebbe che non si sta fidando completamente della grazia di Dio.
Chiaro, no?
La persona che grida: “Voglio la giustizia” si sta
tagliando la terra da sotto i piedi. La giustizia per i suoi peccati porta
sempre la morte, la condanna. Solo chi dice sinceramente a Dio: “Voglio la
grazia che tu mi doni perché mi affido a te, (non voglio la giustizia)” sarà
salvato.
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