martedì 11 dicembre 2012

Rallegriamoci di quanto siamo bravi



Dopotutto, siamo noi i capi che meritano gli onori!


“Io mi sento a posto. La mia coscienza sta bene. Anche se Dio mi dovesse giudicare, non troverebbe che ho mai ucciso qualcuno, rubato qualcosa, fatto male ad una mosca. Che mi può chiedere di più?”


Che parole stupide! Spero che tu non le abbia mai dette.


Come fa una persona a sentirsi a posto con Dio se non sa neppure cosa Dio gli chiede e vuole? Parole come queste non fanno altro che dimostrare l’ignoranza e l’orgoglio della razza umana. E della persona che le ha dette.


Certamente, Dio non vuole che gli uomini vadano in giro ammazzandosi a vicenda, o rubando a man bassa, come sembra che tanti facciano. Ma Lui aspetta dall’uomo molto di più del non comportarsi da criminale. Se uno leggesse la Bibbia, non direbbe delle sciocchezze simili.


Quando l’apostolo Paolo arriva al “dunque”, nella sua accusa dell’uomo per il suo peccato, parla di qualcosa di molto più ovvio e di qualcosa da cui nessun essere umano può onestamente tirarsi fuori.


Egli scrive così: Davanti a Dio gli uomini sono tutti colpevoli perché “non l’hanno glorificato come Dio né l’hanno ringraziato” (Lettera ai Romani, capitolo 1, versetto 21). Hai capito?


La colpa maggiore dell’uomo non è che si comporta da criminale, ma da stupido, accecato dal proprio orgoglio e dal suo rifiuto di quel tanto di conoscenza di Dio che Dio gli ha data.


Non basta che si metta comodamente seduto nella sua poltrona e dica: “Vedi quanto sono bravo e intelligente e quanto sono riuscito a fare, più e meglio degli altri!


“Sono io che ho fatto quest’industria, fondato questo partito, che sono diventato capo di questa religione, che ho fatto tanto bene a tanta gente. Che peccato che gli altri non mi rendano l’onore che mi è dovuto e non mi ringrazino per la vita comoda che fanno, dato che sono io che gliel’ho fatta fare!


“Certo, qualche sgambetto a qualcuno l’ho fatto, ma solo perché, se non glielo facevo io, lo faceva lui a me. E, poi, se qualcuno alzava troppo la cresta, ho dovuto metterlo al posto che meritava. Ma queste non sono vere colpe. Sono dimostrazioni che sono fatto per essere un capo!”.


E l’apostolo Paolo scrive al riguardo: “Dio chiede: ma chi sono questi uomini che non mi riconoscono, non mi onorano, non mi ringraziano, pur avendo occhi per vedere le bellezze dell’universo, per capire che la sua creazione è ben altra cosa rispetto alle cose piccole e imperfette che essi hanno messe insieme, usando la materia che io ho creata e l’intelligenza che io gli ho data?”.


Invece di darsi delle pacche sulle spalle, vantandosi di non essere criminali, gli uomini avrebbero il dovere di inginocchiarsi nella polvere per meravigliarsi dell’intelligenza incommensurabile che ha inventato l’universo e tutto ciò che esso contiene e piegarsi davanti alla potenza infinita che l’ha potuto creare dal nulla.


Allora potrebbero conoscere il loro Creatore e godere della loro provenienza da Lui e della sua amorevole cura e provvidenza verso di loro.


Invece, hanno inventato le armi e condotto guerre in tutta la terra, uccidendo milioni dei loro simili, hanno stabilito governi e istituzioni che permettono loro di sfruttarsi a vicenda, arrampicandosi sulle spalle dei loro vicini, hanno inventato corruzioni e perversioni capaci di trasformare ogni loro buona qualità in male.


Eppure, Dio li ama e ha mandato loro un Salvatore, che è l’unica cosa di cui hanno veramente bisogno. È questa la verità meravigliosa che si ricorda a Natale, che non è un mito o una leggenda da raccontare ai bambini.


Ma i capi non se ne preoccupano, a meno che non possano trasformarla in soldi. In più, continuano a congratularsi per la loro bontà e generosità.
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