martedì 7 febbraio 2012

Non puoi convincere nessuno di peccato


Puoi, comunque, dire una parola importante
Una delle esperienze “diverse”, che faccio quando vengo negli Stati Uniti, è anche piacevole e utile: assisto come studente a una lezione per adulti con i problemi comuni a tutti i mortali, come sono io, in una Scuola Domenicale, di una chiesa locale.
Un fratello maturo e molto preparato ha fatto una lezione sugli avvertimenti che l’Apostolo Paolo ha scritto nella sua prima lettera inviata al suo amico e collaboratore Timoteo (5:1,2), soffermandosi soprattutto su come bisogna comportarsi quando si deve correggere o ammonire un altro credente, fratello in fede. Il passo della lettera di Paolo dice: “Non riprendere con asprezza l'uomo anziano, ma esortalo come si esorta un padre; i giovani, come fratelli; le donne anziane, come madri; le giovani, come sorelle, in tutta purezza”.
Uno dei presenti ha domandato all’insegnante come si può, però, correggere un fratello, probabilmente uno che Paolo descrive come “giovane fratello”, senza fargli più male che bene, o lasciarsi dietro uno strascico di dispiacere o, peggio ancora, un’offesa.
In sintesi, la risposta biblica e saggia, su come ci si avvicina con amore, e non da maestro, giudice o credente più intelligente, a un fratello che sbaglia o che ha sbagliato, era basata su un caso trattato dallo stesso Apostolo Paolo nella sua lettera ai Galati 6:1-4.  Eccola: “Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato.
“Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo.  Infatti se uno pensa di essere qualcosa pur non essendo nulla, inganna sé stesso.  Ciascuno esamini invece l'opera propria; così avrà modo di vantarsi in rapporto a sé stesso e non perché si paragona agli altri.”
  1. Per prima cosa, bisogna avere la certezza di essere in una giusta relazione con Dio, cioè essere spinti e guidati dallo Spirito Santo.  Se no, si faranno certamente dei guai.
  1. Bisogna avere uno “spirito di mansuetudine”, cioè non l’orgoglio di chi vuol fare da maestro, ma l’umiltà di un fratello, che non vuole offendere, respingere o allontanare chi ha sbagliato, avendo invece lo scopo di riavvicinarlo e riportarlo nella piena comunione della chiesa. “Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato. Infatti se uno pensa di essere qualcosa pur non essendo nulla, inganna se stesso.”
  1. Poi, bisogna chiedere a Dio in preghiera saggezza e umiltà per non usare parole sbagliate e per avvicinare il fratello nel momento in cui potrà essere più disposto ad ascoltare e accettare il consiglio o l’eventuale rimprovero.  Non si tratta di rivolgere una preghiera di circostanza, ma di cercare di capire la volontà, la guida e la benedizione di Dio.  Non bisogna muoversi fino a che non si ha la convinzione che Dio ha dato risposto alla preghiera.
“La preghiera del giusto ha una grande efficacia. Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data” (Giacomo 5:16; 1:5).
  1. Non credere di avere senz’altro capito il problema o i motivi dell’altro prima di averlo ascoltato. Proverbi 18:13 dice che “Chi risponde prima di avere ascoltato, mostra la sua follia, e rimane confuso”.
  1. Ricordare che è solo Dio Colui che può convincere di peccato e cambiare la vita di qualcuno.  Non confidare nelle tue capacità e non insistere quando sembra chiaro che l’altro non stia accettando il rimprovero. “Colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!” (1 Corinzi 3:7).
  1. Infine, non prendersi la gloria se Dio porta a buon fine il nostro desiderio di aiutare un fratello. 
Tutti questi mi sono sembrati dei buoni consigli che potrebbero risolvere molti problemi.
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