martedì 21 febbraio 2012

L’indifferenza uccide


L’amore che spesso manca

È il nostro ultimo giorno negli Stati Uniti; domani partiamo per Roma e per casa nostra.  Domenica abbiamo salutato molti dei nuovi amici credenti che ci siamo fatti in queste settimane.  Niente di nuovo, ma ci è sembrata, la loro, una chiesa molto disposta all’amicizia o, per dirlo meglio, all’amore fraterno.

L’amore fraterno è un sentimento che dovrebbe fare una grande differenza fra l’amicizia fra fratelli (e, ovviamente, anche sorelle) in fede e le relazioni fra altre persone.  Nel mondo in cui abitiamo e che va sempre di corsa, non è per sfuggire e neanche per bisogno che ci si saluta con due parole e non si aspetta neanche una risposta.  Perfino salutare le persone diventa, a volte, un fastidio.

Infondo, si tratta di due cose: la prima è l’abitudine.  Ci si saluta perché si è abituati a farlo e sarebbe maleducato non farlo. La seconda è una malattia che abbiamo assorbita dagli altri: non azzardarti a interessarti di nessuno, perché non sai quali  domande, richieste o maldicenze ti potrebbe proporre.

Chissà se penserà che sto per chiedergli qualcosa, se mi fermo per salutarla?  Chissà se non mi saluta perché domenica scorsa non l’ho salutato io?  Quanto sono noiosi i saluti, quando cominciano a parlarti dei fatti loro o, magari, dei malanni loro.  Scappiamo, c’è quel vecchietto che ti ripete sempre le stesse cose!

Allora, qual è la malattia a cui ho accennato più sopra?  Per chiamarla col nome che proprio si merita, si chiama“egoismo”.  Penso ai fatti miei, non ai problemi degli altri.  Infondo, che cosa mi importa di quello che mi direbbero?   
Ho già i miei guai.  E ho anche i miei piccoli piaceri e le mie esigenze.  Interessarmi degli altri non fa parte di come sono fatto.  Chi mi paga per fare lo psicologo, ascoltando la vita degli altri?

Certo, Gesù la pensava diversamente.  Mai e poi mai è passato oltre a qualcuno che lo chiamava. Mai e poi mai ha rifiutato l’aiuto che poteva dare a chi non aveva nessun altro che si interessasse di lui.  Anche gli apostoli sapevano che l’amore fraterno era la vita della chiesa locale.

“Del resto, fratelli, rallegratevi, procacciate la perfezione, siate consolati, abbiate un medesimo sentimento, vivete in pace; e l’Iddio dell’amore e della pace sarà con voi”  (2 Corinzi 13:11).

“Quanto all’amor fraterno, siate pieni d’affezione gli uni per gli altri; quanto all’onore, prevenitevi gli uni gli altri; quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nell’afflizione, perseveranti nella preghiera;  provvedete alle necessità dei santi, esercitate con premura l’ospitalità.  Benedite quelli che vi perseguitano; benedite e non maledite” (Romani 12:10-14).

“Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono.  Abbiate fra voi un medesimo sentimento; non abbiate l’animo alle cose alte, ma lasciatevi attirare dalle umili. Non vi stimate savi da voi stessi” (Romani 12:15,16).

Quando noi credenti ci comporteremo così, la nostra testimonianza sarà veramente come una luce che risplende nelle tenebre dell’indifferenza, dell’orgoglio e dell’egoismo che ci circondano, ma che non devono trovare posto nell’assemblea dei “santi”.
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