martedì 15 giugno 2010

Normale, ma diverso

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Aspettare la domanda

Il “vero” credente è “normale”, ma anche diverso, nella sua posizione e testimonianza, dovunque si trova.

È normale perché la sua vita non cambia per ciò che riguarda il suo lavoro o i suoi studi. Se era sposato prima, è sposato anche dopo avere donato cuore, mente e corpo a Gesù. Se era studente, è ancora studente, se lavorava, ancora lavora. Abita ancora nella stessa casa. Insomma, il credente affronta e si impegna in tutti i doveri, le responsabilità, le relazioni che aveva “prima”. È normale come sono normali gli altri.

Guai se fa finta di essere un altro, se cambia il tono della voce per sembrare più santo, se fa sempre un sorriso un po’ scemo, perché vuol fare capire che tutto gli va bene. Se non è “normale”, non può che fare ridere gli altri dietro alle sue spalle, e tutti lo eviteranno, considerandolo un po’ fissato.

Però, è anche diverso da prima e guai se non lo è. Per esempio, non racconta cose sporche né ride quando altri le raccontano. Non dice più le bugie per coprire ciò che fa o ciò che ha fatto. Non si lamenta più delle cose difficili nella sua vita, né si arrabbia facilmente se subisce un torto.

È diverso perché non cerca più di scaricare le sue responsabilità su altri, anzi, al contrario, è diverso perché nota chi ha un problema ed è pronto ad aiutare chi ha bisogno di lui. È diverso perché non è egoisticamente concentrato su se stesso come sono di solito gli altri e come era anche lui “prima”.

Se non è “diverso” dagli altri, e da come era prima, non spingerà gli altri a domandarsi, con meraviglia e curiosità: “Ma cosa gli è successo? È proprio cambiato da come era prima. Cosa sarà che lo ha fatto diventare diverso?”

Il “diverso”, nella vita di chi segue Cristo, dev’essere qualcosa che gli altri ammirano e che, col tempo, li sorprende e anche spinge a domandare proprio al loro amico o amica “diversi”, come mai si comportano così.

Quando Gesù incontrò la donna samaritana, Lui era “normale”: aveva sete e desiderava un po’ di acqua. La sua richiesta di un po’ di acqua non l’ha spaventata. Però, in Lui vi era qualcosa di “diverso” perché parlava cortesemente con una donna evitata da tutti. Lei lo ha trovato “diverso”, ma interessante e piacevole.

Quando lei, poi, gli ha domandato come mai Lui, che era un Ebreo, parlasse con lei, Gesù non ha cominciato a farle un sermone: “Vedi, io non sono come gli altri Ebrei ipocriti e orgogliosi, che fanno finta di conoscere Dio. Io stesso sono Dio e tu, con tutto il tuo peccato, hai bisogno di me.”

Se il tuo comportamento diverso spinge qualcuno a chiederti: “Come mai parli sempre guardando con gli occhi rivolti al soffitto?” sarà difficile convincerli che sei “normale”.

Ma, se ti domanderanno: “Come mai non ti arrabbi mai?” o “Cosa ti è successo che sei così cambiato?”, allora niente prediche, ma una risposta sincera e normale, tipo: “Poco tempo fa, ho conosciuto una persona che mi ha fatto cambiare tanto. Se vuoi, una volta te lo spiegherò. Non ci vogliono più di cinque minuti”.

Se il tuo collega o compagno dice: “Dai, lo voglio sapere”, prometti che alla fine della giornata di lavoro o le lezioni a scuola, glielo spiegherai. Non fare il misterioso, ma neanche la figura di chi è pronto a saltare addosso a chi gli fa una domanda.

Se, invece, il tuo amico o collega non dice nulla di più, non lo fare neanche tu. Aspetta la prossima domanda, che può venire dopo un giorno o dopo un mese.

Nel frattempo, mentre aspetti, prega per le persone che frequenti. Forse, alla fine, la persona che veramente vuole sapere cosa ti è successo non sarà quella che te lo ha chiesto per prima, ma un’altra che ti sta ancora osservando.
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