martedì 19 maggio 2009

È utile pregare?

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La scienza può “provare” che Dio esaudisce la preghiera?

Un gruppo di scienziati, sotto il patrocinio della Facoltà di Medicina dell’Università di Harvard (USA), ha studiato per dieci anni i risultati della preghiera nella guarigione di quasi duemila persone operate al cuore.

I risultati sono stati pubblicati dall’Università col titolo, “Study of the Therapeutic Effects of Intercessory Prayer” (Studio sugli effetti terapeutici della preghiera intercessoria).

I pazienti operati erano divisi in tre gruppi, uno dei quali sapeva che vi erano persone che pregavano per la loro guarigione. Altre persone pregavano anche per la guarigione del secondo gruppo di pazienti, ma questi non lo sapevano. Per il terzo gruppo di pazienti, invece, non era stabilito nessun gruppo di preghiera.

Che risultati ha portato questa ricerca scientifica, organizzata con tanta precisione e tante precauzioni? Ovviamente, qualsiasi risultato avrebbe causato sorpresa fra gli scienziati, che non aspettavano assolutamente nessuna differenza nella guarigione post-operatoria fra i membri dei tre gruppi. Invece, la differenza c’era!

Infatti, il primo gruppo di pazienti (quelli informati che un gruppo di cristiani pregava per loro) ha avuto più problemi nella guarigione dei membri degli altri due gruppi. Il secondo gruppo, per cui si pregava senza che lo sapessero, ha avuto anche esso un numero di complicanze piuttosto alto.

Il gruppo di pazienti che è riuscito meglio nella convalescenza era il gruppo per cui non era previsto nessun gruppo di preghiera.

Se questa ricerca ha avuto un risultato “scientifico”, bisogna ammettere che la preghiera sia nociva per chi è stato operato di cuore.

Per il credente che è sicuro che la preghiera per gli ammalati è ascoltata dal Signore, una prima domanda si impone: chi erano le persone che pregavano? Secondo il resoconto della ricerca, erano “cristiani sinceri con esperienza nella preghiera per gli ammalati”. Senza cercare e voler trovare il pelo nell’uovo, quei “cristiani sinceri” erano veramente persone “nate di nuovo” e perciò diventate figli o figlie di Dio per mezzo di un’opera sovrannaturale nella loro vita? E si domanda ancora, cosa significa “con esperienza nella preghiera per gli ammalati”? Esistono dei credenti che, a motivo della loro esperienza o pratica della preghiera, sono più preparati e più efficaci nella preghiera dei semplici credenti che non pretendono possedere questa speciale qualifica?

Giacomo, nella sua Epistola, al capitolo 5, nei versetti 13-16, parla di un’ usanza nella chiesa primitiva, in cui si incoraggiava un malato che era “fra di voi”, cioè nella comunione della chiesa locale, a chiamare gli anziani, cioè gli uomini responsabili della guida e dell’insegnamento nella chiesa, perché pregassero per lui. Questi prima ungevano il malato d’olio, il che era considerato una pratica curativa (vedi Luca 10:34) e, se il malato stesso confessava i suoi peccati a Dio e riceveva il suo perdono, era “ristabilito” e il suo peccato perdonato.

Ovviamente, questa pratica apostolica primitiva è lontana anni luce dalla ricerca dell’Università di Harvard.

Ma forse la questione più importante suscitata da questa ricerca è la seguente: la preghiera del credente richiede e riceve sempre un esaudimento “positivo”? Ovviamente, la risposta è “no”. Perfino, Gesù, figlio di Dio, disse a suo Padre: “Non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (vedi Matteo 26:39). Non può esistere nessun rapporto “scientifico” fra il numero di preghiere offerte, o neanche fra la qualità della persona che prega, e la garanzia che ogni preghiera di chi si definisce, o che è considerato un “cristiano sincero” riceverà solo e sempre un esaudimento positivo.

Gesù, quando fu tentato da Satana, citò il versetto dell’Antico Testamento perfettamente adatto a qualificare la ricerca citata: “Non tentare (o mettere alla prova) il Signore Dio tuo” (Luca 4:12).

Davanti ad una prova sperimentale della potenza di Dio, creata dagli uomini increduli soltanto per soddisfare una curiosità, Dio ha risposto esattamente come avrebbe dovuto e come ha promesso.

Noi non possiamo mettere alla prova Dio, ma è Lui che può mettere alla prova ciò che noi diciamo di credere e ciò che noi crediamo di essere.
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