martedì 6 luglio 2010

Pedofili per forza?

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Sarebbe meglio fermarli


Lo scandalo dei pedofili fra il clero della chiesa romana non sembra che stia diminuendo. Ed è giusto che sia così. Perché, fino ad ora, che io sappia, la chiesa non ha affrontato e confessato il suo vero problema.

Quanti pedofili sono stati scoperti e denunziati fra i preti e altri religiosi della chiesa romana? Non ho mai visto una statistica precisa, ma certamente alcuni pensano che si tratti di migliaia di persone. Ma il numero conta poco. La vera domanda non è: “Quanti sono stati scoperti e denunziati?” ma, piuttosto: “Quanti sono, quando includi tutti quelli che NON sono stati scoperti e denunziati?”.

A questa domanda non avremo mai la risposta. Si tratta di una domanda per cui la chiesa romana ha sistematicamente agito perché la risposta non fosse mai conosciuta.

La risposta non può essere rivelata perché nessuno la sa. Ma si può pensare che il numero di casi di pedofilia nella chiesa sia molto più alto di quanto non si è ancora detto.

Fra le migliaia di casi già denunziati, non solo i preti sono stati accusati, ma anche alcuni vescovi lo sono stati per avere nascosto le persone colpevoli, trasferendole in altre parocchie o altre dioscesi. E ciò non dovrebbe sorprendere nessuno.

Da tanti anni, più di quanti tu ed io ne abbiamo vissuti, la chiesa romana ha adoperato un sistema per cercare di arginare gli scandali, che si sono determinati al suo interno. Nota bene, non per evitare gli scandali stessi, ma per arginare l’effetto, la risonanza di peccati che, se conosciuti, avrebbero causato scalpore.

In quest’ultima ondata di denunzie riguardo alla pedofilia, si è scoperto che, metodicamente, quando uno scandalo stava per esplodere, nei riguardi di un sacerdote che aveva raggirato e sedotto dei bambini, il vescovo o un altro suo superiore religioso ne aveva disposto il trasferimento in un’altra parocchia o attività.

Il “pensiero” era che, dopo avere ricevuto, forse, una lavata di testa dal suo superiore, il prete errante avrebbe cambiato vita in un nuovo ambiente.

Il risultato era, comunque, diverso. Anzi, era il contrario. Normalmente, il pedofilo non smetteva né diminuiva i suoi abusi, ma li continuava allegramente fra i nuovi ragazzi e ragazze da sedurre.

E non ci vuole un genio per capirlo, o per prevederlo. È possibile che il vescovo che organizzava il trasferimento fosse l’unico a non conoscere i risultati del suo intervento? Chi ci crede è sciocco.

Difatti, è lo stesso stratagemma usato da sempre quando un prete si distingueva per avere sedotto delle giovani o delle mogli dei suoi parrocchiani, o per averne messa incinta qualcuna. Il suo superiore interveniva e quietamente, senza alcun chiasso, il prete si ritrovava il giorno dopo in un’altra parocchia distante dalla prima. Pentito e trasformato? Lascio a te ad indovinare.

Allora, io mi domando, se la prassi era mandare un prete pedofilo in un nuovo luogo in cui cercare la sua preda, chi aveva la maggiore responsabilità morale, il pedofilo che continuava il suo vizio altrove, o l’autorità che provvedeva a nasconderlo e a offrirgli delle nuove vittime?

Scrivo con odio per condannare qualcuno? No, solo con dolore per l’ipocrisia e il danno fatto al nome di Cristo.
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