martedì 10 marzo 2009

Può essere l’ingresso alla depressione

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DI CHI SEI VITTIMA?

Il numero di persone che si sentono vittime di qualcosa o di qualcuno è altissimo e pochi sanno che vivere con questo peso sulle spalle può portare alla depressione e al fallimento.

Ma, tu, di che sei vittima? Sei vittima di tuoi genitori? Di tuo marito o tua moglie? Dei tuoi figli, suoceri, parenti, vicini, colleghi, capi? Delle guide della tua chiesa?

C’è, forse, qualcuno che non ti apprezza o che ti disprezza, che ti sottovaluta, che dice che non sei buono a nulla, che sei negato, che non ti interessi degli altri né di te stesso?

C’è qualcuno che parla male di te ogni volta che può? Che ti prende in giro? Che ti accusa di egoismo, di opportunismo, di pigrizia, di poca spiritualità, di incostanza?

Quando ti convinci che l’insegnante, il professore, il capo ufficio, il vicino di casa ce l’ha con te, non ci vuole molto che questo diventi una cappa, un peso che ti deprime costantemente. Ti sembra che non sarà mai possibile stabilire la giustizia e la verità quando “gli altri” ti sono contro.

Ma ho scoperto una cosa stupenda, leggendo la Bibbia. Il vero credente non è vittima di nessuno! Mai!

Prendi ad esempio l’apostolo Paolo. Di gente contro ne aveva parecchia! È stato in prigione per due anni soltanto perché Felice, il governatore, sperava che lui o i suoi amici avrebbero pagato una sostanziosa somma per comprare la sua libertà. La bustarella non è un’invenzione moderna.

Paolo ha descritto la sua vita con queste parole: “disprezzato… ingiuriato…perseguitato… diffamato… la spazzatura del mondo… il rifiuto di tutti”. E, in un altro passo delle sue lettere racconta: “Battuto con le verghe, lapidato, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli, nella fame, nella sete, nel freddo e nella nudità”.

È vero che tu sei una vittima? Hai sofferto di più di Paolo, o anche come e quanto Paolo? No? Allora, dammi retta: non sei una vittima!

“Cosa diremo dunque riguardo a queste cose?” domanda Paolo. “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” Che vittima sei, se non sono le persone quelle che ti controllano, ma se è Dio stesso Colui che ti protegge e ti adopera alla sua gloria? Paolo scrive, subito dopo le parole citate poco fa: “Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui?”.

Quando Gesù è andato alla terribile morte della croce, è stato vittima o vincitore? Oppure crediamo che, per seguire Gesù, Dio deve garantirci una vita comoda, senza opposizione e oppositori?

Paolo parla delle esperienze di tanti credenti, nella storia della chiesa, che hanno sofferto “la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada” e, poi, grida con gioia: “Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati!”.

La vittima, che vive nel suo “vittimismo”, crede che gli altri ce l’abbiano sempre con lui e, per di più, siano così forti da imporre su di lui le sofferenze che hanno inventate.

Paolo, invece, credeva che nessuno avrebbe potuto fargli qualcosa che Dio non avesse permessa. Era anche convinto che Dio controllava la sua vita in ogni particolare, perché risultasse alla sua gloria, mentre viveva con fede serena.

Dopo che Paolo aveva sofferto tanto da parte degli Ebrei, dei pagani, e dei Romani, mentre era prigioniero a Roma, scrisse: “Desidero che voi sappiate, fratelli, che quanto mi è accaduto ha piuttosto contribuito al progresso del vangelo”.

La certezza che il credente in Cristo non è mai vittima gli permette di vivere con la convinzione che tutto contribuisce al bene. Chi crede e gioisce di questo difficilmente può cadere nella depressione.

2 commenti:

  1. GUGLIELMO TI MANDO UNO STRALCIO DELLA BIOGRAFIA DI SPURGEON CHE RACCONTA DELLA SUA DEPRESSIONE
    MI FAREBBE PIACERE AVERE UN TUO COMMENTO ANCHE PERCHE' SOFFRO SPESSO DI QUESTO PROBLEMA

    Nel 1858, all’età di 24 anni,a CH. SPURGEON gli accadde per la prima volta. Egli stesso racconta: “Il mio spirito era così abbattuto che ho pianto come un bambino per più di un’ora, eppure non sapevo per quale ragione stessi piangendo.”
    Non si può ragionare contro questo genere di depressione immotivata; nemmeno l’arpa di Davide può respingerla mediante dolci discorsi. Così è la lotta contro questo genere di disperazione avvolgente, informe, indefinita... Il lucchetto di ferro che così misteriosamente serra la porta della speranza e incatena il nostro spirito nella prigione tenebrosa può essere spezzato solamente dalla mano di Dio.
    Egli considerò la sua depressione come “l’aspetto peggiore di sé”. “Lo scoraggiamento - disse - non è una virtù; credo che sia un vizio. Mi vergogno di me stesso quando vi precipito, ma sono certo che non vi sia alcun altro rimedio contro di esso oltre che una santa fede in Dio.”
    Spurgeon considerò la sua depressione come il disegno di Dio per il bene del suo ministero e la gloria di Cristo. Egli si tenne saldamente legato alla propria fede nella sovranità di Dio ogniqualvolta si presentavano delle afflizioni. Fu proprio questa fede, più di ogni altra cosa, che fece sì che non precipitasse nel sepolcro delle avversità che la sua vita gli aveva scavato. Egli disse:
    Sarebbe per me troppo arduo e insopportabile solamente il pensiero di essere sottoposto ad un’afflizione che non è stato Dio a mandarmi, che l’amaro calice non è stato riempito dalla sua mano, che le mie prove non sono state misurate da lui o che non mi sono state mandate secondo il peso e la quantità che lui ha stabilito.
    UN FRATERNO SALUTO

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  2. Grazie del tuo contributo. Spurgeon è spesso considerato il più grande predicatore di lingua inglese mai esistito, per la potenza e la grande diffusione di suoi messaggi. Eppure è conosciuto anche per le sue battaglie con la depressione.
    Da questo possiamo imparare alcune cose:
    1) Anche i credenti, perfino grandi servitori di Dio, possono soffrire di depressione.
    2) Vi è un senso in cui ogni prova è permessa da Dio e dev'essere considerata così, come un mezzo per cui Egli potrà dimostrare la sua Gloria.
    3) Per il credente, l'attenuazione o la guarigione dalla depressione è sempre un'opera di Dio.
    4) Ai tempi di Spurgeon, non vi erano le conoscenze di oggi sulle diverse possibili cause contribuenti alla depressione e non esistevano le medicine che abbiamo oggi, eppure si guariva fidando nel Signore.
    Nei prossimi blogs parlerò ancora di questo problema.

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