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Il grande problema della depressione
Decine di migliaia di italiani sono considerati ammalati di depressione. Ma la depressione è una malattia? È un male fisico, mentale, emotivo o spirituale? In effetti, la difficoltà nel definire la depressione è che può essere un po’ dell’uno e un po’ dell’altro.
La depressione non è, ovviamente, soltanto una giornata che ti va storta. E non è neanche la tristezza che senti, giustamente, per un decesso in famiglia o un contrattempo personale. Questo tipo di tristezza può durare una settimana o un mese, ma, poi, passa.
La vera depressione, invece, attacca le abitudini e la salute. Non si vuole più uscire o frequentare le persone e i luoghi di prima. È causa di cambiamenti nel mangiare, troppo o troppo poco, nel dormire, troppo o troppo poco, nel movimento, spesso troppo poco.
Oggi, nella nostra società frenetica, neanche gli psicologi della mutua hanno il tempo per ascoltare e capire chi si presenta loro depresso. Una ricetta, calmanti o antidepressivi, e avanti il prossimo. Le medicine non guariscono, ma “curano”, facendo sentire il paziente meno depresso, nella speranza che, col tempo, la depressione passi. E, spesso, ciò basta. Tante depressioni, infatti, passano, con o senza medici, psicologi e medicine.
E il credente? Puo essere depresso? Certamente. Dopo tutto, è un essere umano, con sentimenti, emozioni, scoraggiamenti, possibili squilibri ormonali o altro, esattamente come il suo vicino non credente. Perciò, non diciamo al fratello o alla sorella in fede depressi: “Su, su, il Signore è con te! Rallegrati nel Signore”.
Le cose non sono così facili. E non è un peccato, o un segno di poca spiritualità, cadere nella depressione.
Ti ricordi l’esperienza del profeta Elia, che ebbe una grande vittoria spirituale contro i profeti di Baal, ma poi fuggì impaurito dalle minacce della regina e finì nel deserto, in uno stato evidente di depressione, esclamando a Dio: “I figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto. Sono rimasto io solo e cercano di togliermi la vita!”
Dio gli ha offerto una cura adatta e, nelle circostanze, miracolosa. Dio l’ha fatto dormire (era esausto), gli ha dato da mangiare e da bere (era certamente affamato e disidratato) e, poi, gli ha fatto capire e sperimentare la sua presenza e la sua potenza. Elia era di nuovo pronto a ripartire per servire il Signore. La cura di Dio fu molto pratica, sia dal punto di vista materiale che da quello spirituale.
Purtroppo, uno dei sintomi più crudeli della depressione è proprio quello sperimentato da Elia. Si tende a guardare solo a se stessi, con un’attenzione quasi morbosa alle proprie debolezze, ai propri fallimenti e alle minacce o ingiustizie subite. Si hanno delle paure infondate e si interpreta tutto in senso negativo.
Perciò, è giusto vedere il problema anche come psicologico e emotivo.
Però, per il credente, si può trattare anche di un problema spirituale. Si perde, infatti, fiducia nel Signore, guardando ai propri problemi. Si vedono ingigantite le difficoltà e gli ostacoli, e si rimpicciolisce Dio e la sua capacità (e anche, forse, la sua volontà) di intervenire.
Ricordo una ragazza universitaria che, poco tempo fa, è riuscita male in un esame e, poi, ne ha saltati altri. Alla fine, aveva paura di presentarsi agli esami e ha smesso anche di studiare, proprio per dimostrare che non ce la faceva a continuare gli studi. Che sconfitta paurosa per una nuova credente! Era proprio depressa.
Grazie a Dio, ha accettato la sfida a rimettersi a studiare più forte possibile (anche se le sue emozioni le dicevano che era tutto inutile) e a presentarsi al prossimo esame, anche se credeva di fallire spaventevolmente. Che bello! È riuscita bene, proprio ai livelli di prima. Ed era sicura che era stato Dio ad aiutarla ad avere calma e a ricordare la materia. E anch’io sono convinto che aveva ragione.
Ne riparliamo la prossima volta. Se tu sei depresso o conosci chi lo è, affidati al Signore nella preghiera e Dio potrà intervenire.
martedì 17 marzo 2009
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