venerdì 27 febbraio 2009

Rispondo alla nota di un giovane sacerdote su Facebook

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QUALI LIBRI FANNO PARTE DELLA BIBBIA?

Ha scritto:

Carissimi fratelli, rispondo alle numerose mail di chiarimento sul numero dei libri biblici: sono 66 come dicono i protestanti o 73 come dicono i cattolici? Dico subito che questi 7 libri in più sono: Giuditta, Tobia, Primo libro dei Maccabei, Secondo libro dei Maccabei, Sapienza e Siracide per l'AT; e la Lettera di Giacomo per il NT.

Non sono libri "apocrifi" (cioè "scartati"), ma si chiamano "deuterocanonici" (cioè "aggiunti in un secondo momento nel canone") perché sono libri scritti in greco e non in ebraico. Gli ebrei e i protestanti non li considerano Parola di Dio perché non sono stati scritti in ebraico.

I cattolici invece sì, perché non è importante tanto la lingua, ma il fatto che erano libri usati dagli ebrei al tempo di Gesù, e dunque erano ritenuti ispirati dagli apostoli e dallo stesso Gesù! Ci sarebbe altro da dire, ma purtroppo lo spazio è limitato. Cmq, cresciamo sempre alla scuola della Parola. Dio ci benedica.


Caro Matteo, ho letto i tuoi commenti sulla pagina “Bibbia” di Facebook riguardo alle differenze fra la “Bibbia Cattolica” e la “Bibbia Protestante”. Certo, il tuo desiderio di informare chi non capisce le cose è buono, ma è importante informare correttamente e mi pare che tu non sia pienamente informato su questo argomento. Mi riferisco in primo luogo alla tua nota del 19 febbraio.

I nomi “apocrifi” e “deuterocanonici” sono stati usati da secoli in riferimento a libri, scritti più o meno ai tempi biblici, e che alcuni hanno cercato di fare passare per testi biblici. Il fatto che, al Concilio di Trento, nel 1566 d.C., la Chiesa romana abbia voluto definire il canone biblico, confermando come canonici, anzi deuterocanonici, i libri di cui tu parli come facenti parte dell’Antico Testamento, è sospetto per almeno due o tre motivi.

1) La Chiesa romana ha trascurato il problema senza intervenire per parecchi secoli, dai tempi apostolici e della formazione del canone del Nuovo Testamento, e poi, dopo più di un millennio e mezzo, decide di agire. Come mai?

2) La Chiesa romana è intervenuta proprio nel periodo in cui il riformatore, Martin Lutero, già noto studioso biblico nella Chiesa romana, ha definito il canone dell’Antico Testamento in modo preciso, chiamando non canonici i libri che, in seguito, il Concilio di Trento ha, invece, inclusi come facenti parte dell’Antico Testamento. Poi la Chiesa romana ha pronunciato un’anatema su chi leggesse la Bibbia “falsificata” di Lutero. Il sospetto che il Concilio di Trento abbia voluto cercare un motivo apparentemente giustificato per vietare la lettura della Bibbia tradotta e diffusa da Lutero non sembra infondato.

3) Il fatto è, come tu certamente sai, che i libri che la Chiesa romana ha dichiarati deuterocanonici e, perciò, pienamente degni di inserimento nel canone dell’Antico Testamento, erano, invece, libri che gli Ebrei, per i quali l’Antico Testamento è il libro divinamente ispirato e sacro, non hanno mai, dico mai, considerati canonici. E sembra più che giusto che i cristiani, se credono bene accettare il libro sacro degli Ebrei come libro sacro anche per loro, non abbiano l’arroganza di rimaneggiarlo. Anzi, non è stato forse l’apostolo Paolo, padre della chiesa, a dire che Dio ha affidato agli Ebrei ta logia, cioè le manifestazioni storiche della sua Parola, Romani 3:2? Allora, come si fa a aggiungere al canone dell’Antico Testamento, come fa la Chiesa romana, e non i Protestanti, altri libri mai riconosciuti o accettati da coloro a cui Dio ne aveva affidato la protezione e l’integrità?

Tu affermi che gli Ebrei e i Protestanti non hanno voluto accettare questi apocrifi o deuterocanonici perché erano scritti in greco e non in ebraico. La Chiesa romana, invece, non ha pregiudizi e accetta pure libri da inserire nell’Antico Testamento se scritti in greco. Ma non ho mai trovato in nessun testo questo ragionamento. Gli Ebrei e i Protestanti non li hanno accettati unicamente perché sia per la lora provenienza dubbia, sia per il loro contenuto, non li hanno potuti riconoscere come ispirati da Dio nello stesso senso di quelli canonici. Certamente la benevolenza della Chiesa romana verso testi in lingua greca non c’entra.

Tu scrivi che questi libri in più erano “usati” dagli Ebrei ai tempi di Gesù e perciò ritenuti ispirati sia dagli apostoli sia da Gesù. Ma, è mai possibile che gli apostoli e Gesù li considerassero ispirati se i loro fratelli israeliti non li consideravano tali? La debolezza di questo ragionamento è ovvio. Come erano “usati” dagli Ebrei? Ovviamente e certamente non come libri ispirati e canonici. Su questo tutti sono d’accordo. Anche se fossero citati, per un riferimento storico o per una frase bella, dagli Ebrei, non avevano nessuna autorità religiosa.

Tanto meno si può dedurre che erano accettati da Gesù e dagli apostoli come libri sacri, ispirati da Dio. Nessuno apostolo, e neanche Gesù, fa mai, in tutto il Nuovo Testamento, un riferimento a uno di questi libri, mentre Gesù e gli apostoli citavano spesso e volentieri l’Antico Testamento. Alcuni studiosi si riferiscono a due frasi generiche, nell’Epistola agli Ebrei, come a possibili riferimenti a fatti riferiti nel secondo libro dei Maccabei, ma non si tratta di citazioni e non conferiscono nessun’autorità o importanza a questo libro non canonico.

Mi stupisce la tua inclusione dell’Epistola di Giacomo fra i libri “deuterocanonici”, che sarebbero inclusi nella Bibbia Cattolica e non in quella Protestante. Prima di tutto, mi risulta che questa epistola sia inclusa in tutte le varie edizioni e traduzioni della Bibbia di uso non-cattolico e non mi risulta che alcun Protestante l’abbia mai chiamata deuterocanonica. È vero che Lutero l’ha qualificata, in un suo elenco di libri del Nuovo Testamento, come “dubbiosa”, ma l’ha inclusa come canonica nella sua traduzione della Bibbia.

In un’altra tua nota su “Bibbia”, parli del suo intento ecumenico. Spero bene che la Bibbia sia riconosciuta come vera e utile per tutto il mondo abitato e per tutti i suoi abitanti, secondo il significato della parola “ecumenico”. Ma spero che tu sia d’accordo con me che non bisogna cercare di piegare la Bibbia per accomodare nessuna religione o movimento meramente umano.

martedì 24 febbraio 2009

Non amo più mia moglie – 4.a parte

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LA SOLUZIONE PEGGIORE: IL DIVORZIO IN CASA

Molti coniugi che non hanno più nulla da dirsi, che vedono l’amore come un ricordo distante e il loro matrimonio un fallimento, rifiutano il divorzio e decidono di continuare la convivenza malgrado tutto.

I loro motivi sono tanti, il loro ragionamento corrisponde ai fatti, il loro cuore è vuoto e la speranza è soffocata dalla rinunzia. Ognuno fa la propria vita, passano meno tempo possibile insieme, non si parlano e non si toccano. È vivere questo?

Questo è il divorzio in casa, che gli “sposi” spesso cercano di nascondere ai parenti, ai vicini e agli amici.

È possibile che, sotto le ceneri di un matrimonio bruciato, che non riscalda più, vi sia ancora qualche scintilla nascosta e trascurata? In generale, gli sposi divorziati in casa non lo credono e anche l’idea dà loro fastidio, perché preferiscono non pensarci, non sperare, non ferirsi di nuovo. Ma io, nei miei tanti anni di consulenza matrimoniale e spirituale, ho imparato che è quasi impossibile che non ci sia ancora qualche scintilla che, giustamente scoperta e curata, potrebbe riaccendere una vita matrimoniale matura, felice e molto migliore di quella giovanile che è fallita.

Per tentare il ricupero, sarebbe molto importante che tutti e due i coniugi lo desiderassero, pur avendo forse dei dubbi sulla riuscita. Comunque, a volte, può bastare che uno solo ci creda e si impegni, senza aspettare o insistere che l’altro faccia dei passi che non è pronto a fare.

Scoprire come è possibile amare sinceramente e nella pratica un coniuge, che ci ha offeso e emotivamente abbandonato, è molto importante. Si tratta non di illusioni o di sogni futili, ma soltanto di imparare cos’è il vero amore e come si manifesta.

Coniugi che non comunicano più, anzi, che non hanno mai sperimentato una vera, profonda e soddisfacente comunicazione, possono cambiare, se lo desiderano, e imparare come ascoltare e incoraggiare l’altro.

Le offese peggiori, il tradimento fisico e emotivo, la perdita di rispetto e la paura di finire peggio possono essere superati con l’applicazione di un semplice, ma difficile, principio che è alla base della convivenza umana e sociale.

Di questo e di molto altro parlo nel mio libro, “Liberami, Signore, dal divorzio nascosto!”, che propone 16 soluzioni ai 16 problemi più difficili e pericolosi del matrimonio. Ovviamente, non propongo soluzioni miracolose a chi non ne vuole sapere, ma insisto che i matrimoni infelici e apparentemente finiti possono essere guariti e migliorati se uno lo desidera ed è pronto a fare i passi necessari. Passi che chiunque può fare.

Clicca qui accanto, sulla copertina del libro dal titolo “Liberami, Signore, dal divorzo nascosto!” e potrai decidere se lo vuoi leggere per capire di più.

Il matrimonio riuscito è il più grande tesoro che la vita umana ci possa offrire e vale la pena lavorarci per renderlo sempre più appagante e felice. Dopo quasi 53 anni di matrimonio (con Maria Teresa, di cui puoi leggere il blog, dal titolo “langolodimariateresa” a blogspot.com), posso garantire che chi segue i principi fondamentali descritti nella Sacra Bibbia potrà godere un matrimonio che diventa sempre più felice e soddisfacente col passare del tempo.

martedì 17 febbraio 2009

Non l'amo più! Che ci posso fare? — 3a parte

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VUOI IMPARARE AD AMARE?

Amare come Gesù amò è l’unica soluzione per trasformare tanti matrimoni da disastri in tesori incalcolabili. Anche il tuo matrimonio può essere cambiato, se tu sei pronto a cambiare.

Primo punto, Gesù disse con grande franchezza e chiarezza: “Senza di me non potete fare nulla” (Leggi il vangelo di Giovanni, capitolo 15, versetti 1-13). Siccome siamo per natura egoisti, l’amore normale è egoista e manipolatore. Noi vogliamo “essere amati” e faremo praticamente qualsiasi cosa per riuscirci. Quanti matrimoni sono costruiti sulle bugie, sia prima che dopo la cerimonia? Riescono bene.. alla fine? Mai!

L’amore di Gesù era basato sul donare, non sul donare né regali né soluzioni facili, ma come egli ha detto più volte, e come gli apostoli hanno ripetuto, egli è venuto per dare la sua vita. Ed è ciò che l’apostolo Paolo ha scritto ai mariti: “Mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato la sua vita per essa”.

Il suo amore non era mai un calcolo: io ti darò tot se tu mi darai tot. Come fanno, invece, tanti coniugi, “Ti amerò se mi farai sentire importante”, o “Io ti amerò se tu farai quello che voglio io”. O, peggio, “Non ti amo più perché tu non mi hai…”

Gesù ha dimostrato che l’amore non sono parole né emozione, ma fatti visibili e costosi.
Amare “come Gesù” significa fare ciò che all’altro fa piacere, o, ancora più essenziale, dare ciò di cui l’altro ha bisogno. Spesso si tratta di “dare” comprensione, sostegno, approvazione, lode, affetto, pazienza e, soprattutto, il perdono.

Spesso mi meraviglio a quanto siano non solo insensibili ,ma assolutamente folli gli sposi nel trascurare lo sviluppo e la cura del valore più alto che una persona possa godere in questa vita. Sono pronti a sgobbare, sacrificarsi, sopportare rinunzi e insulti per fare carriera, guadagnare di più, possedere macchine, orologi, vestiti di prestigio, o fare vacanze nel posto più rinnomato. Ciò è necessario, dicono, perché ne godranno i vantaggi e le soddisfazioni.

Ma non si rendono conto che, nel corso della vita, il valore, il tesoro più ricco che potranno mai possedere è una vita di comunione, di aiuto e sostegno, di accettazione e affetto, che duri fino alla morte, che rallegra e sorprende nella gioventù e che conforta e dà pace nella vecchiaia? È una vita che, attraverso le esperienze difficili e gioiose, si costruisce e si approfondisce, aggiungendo sempre più valore e più significato alla propria vita mentre si raccoglie soddisfazioni e “interessi” sull’investimento, che nessun guadagno materiale può lontanamente offrire.

Sacrifano la loro vita nel tentativo di accumulare beni e soddisfazioni passeggere che promettono sempre di più di quanto non possono mai appagare, mentre scioccamente e ciecamente rifiutano di investire nell’unico vero tesoro che possa coronare una vita, un matrimonio in cui i coniugi, con sacrifici e rinunzi, coltivano l’amore e ne raccolgono i frutti dolcissimi più vanno avanti negli anni.
La moglie e il marito che mettono in pratica gli insegnamenti o, meglio, i commandamenti, dell’apostolo Paolo nella sua lettera agli Efesini, capitolo 5, versetti 22-33, saranno la meraviglia della loro chiesa e dei loro amici, la gioia dei loro figli e, molto più importante, godranno sempre più la loro relazione fino alla vecchiaia.

Impossibile comportarsi così? Certamente, l’avevo già detto in principio.

Per questo è importante tornare un po’ in dietro dal passo che ho citato, nella lettera agli Efesini, per capire ciò che l’apostolo Paolo ha scritto nel capitolo 5, versetti 1 e 15-21. I veri cristiani (e dico “veri” perché il mondo è pieno di cristiani finti e falsi), quando diventano cristiani cominciano a somigliare a Dio, il loro Padre, e vivono nella potenza dello Spirito Santo (“Siate ricolmi – pieni – di Sprito Santo”, versetto 18).

Non ami tua moglie? Non ami tuo marito? L’amore è una scelta, una decisione, non una “cotta”. Comportarsi con gentilizza, con comprensione, con amore verso il proprio marito o moglie serve per sviluppare e fortificare il vero amore là dove si credeva che fosse già sparito.

Ti auguro ogni benedizione e ogni gioia di Dio.

venerdì 6 febbraio 2009

Non l’amo più, cosa ci posso fare? – 2.a parte

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COSA VUOL DIRE “AMARE”?

Più di una volta, un uomo mi ha detto: “Non amo più mia moglie, mi sono innamorato di un’altra. Non è mica colpa mia. Al cuore non si comanda!”

Molte volte è vero che, dopo dieci o vent’anni di matrimonio, o verso una cinquantina di anni, l’amore frizzante e passionale sembra esaurito. Ed è facile immaginare che un’altra donna risveglierà quei sentimenti di piacere che sembrano morti. Anzi, è probabile che potrebbe anche succedere. Finché i sentimenti frizzanti non si calmeranno di nuovo. Dopo di che, bisognerà cercarne un’altra e, poi, un’altra ancora.

E molte volte, l’uomo, dopo un’altra decina di anni, pensa quanto sarebbe bello ritornare dalla mamma dei suoi figli, dalla donna con cui ha condiviso i primi anni di matrimonio e le difficoltà della vita.

Ma, un uomo così ha capito cos’è l’amore? Ne dubito. Egli sta cercando soltanto ciò che può soddisfare i suoi vari “bisogni” in modo ovviamente egoista.

Quando l’apostolo Paolo ha scritto, nella sua lettera agli Efesini, che l’uomo deve amare sua moglie come Cristo ha amato la chiesa, cosa ha voluto dire? Nella Bibbia, la chiesa, cioè l’insieme di credenti nati di nuovo e diventati “nuove creature” spiritualmente (e non l’istituzione), è spesso chiamata “la sposa di Cristo”.

L’amore di Cristo non fu basato sull’egoismo o il “bisogno”, ma su una scelta totalmente coinvolgente. Infatti l’amore biblico è una scelta, un impegno, una decisione che porta delle gioie che sorpassano la soddisfazione passeggera dei propri desideri. In un altro passo del Nuovo Testamento è scritto che “per la gioia che gli era posta dinanzi”, per quella gioia che Gesù aveva previsto e scelto, “Egli sopportò la croce, disprezzando l’infamia”. Era scontato e previsto che il suo amore, per conquistarsi una sposa, avrebbe avuto un prezzo pesante da pagare. Ma il risultato valeva ogni rinunzia.

Nel matrimonio umano, ovviamente Dio non scarta né sottovaluta l’attrazone fisica, perché è uno degli istinti e doni che ha dato agli esseri umani quando li ha creati. Comunque, essa serve non come base unica della relazione coniugale per tutta la vita, ma è piuttosto un gioioso invito a stabilire una relazione permanente (il matrimonio), ed è una delle componenti importanti del matrimonio realizzato.

Nella società moderna, che non accetta impegni e obblighi difficili, l’attrazione fisica è spesso l’unica o la principale considerazione nel matrimonio e perciò giustifica i matrimoni fatti senza grandi preparazioni o grande serietà. Matrimoni che altrettanto facilmente si sciolgono e diventano, per alcuni, una porta girevole, sempre più deludente, di relazioni e “amori” nuovi.


Paradossalmente, proprio questa ricerca ossessiva del partner fisicamente attraente e della soddisfazione fisica delle passioni condanna sia l’uomo che la donna a non realizzare mai la gioia profonda e appagante di un amore vero.

Ancora peggiore è l’idea comune, ma profondamente sbagliata, che un altro essere umano possa soddisfare ogni mio desiderio e rendermi felice e totalmente appagato. Ciò sarebbe vero soltanto nel caso fossimo macchine sessuali e niente altro.

Anche se è vero che siamo stati creati per trovare un grande piacere e soddisfazione nel matrimonio basato sull’amore, la nostra persona, che è fatta di intelligenza, emozioni e equilibrio mentale, per vivere nel benessere ha bisogno di un’altra relazione fondamentale. Solo così non solo il matrimonio, ma anche il lavoro, le relazioni umane, le prospettive della vita troveranno il loro vero scopo e il loro appagamento.


Purtroppo, dovrò continuare questo discorso e descrivere il vero amore nel prossimo blog.

mercoledì 4 febbraio 2009

Non l’amo più, cosa ci posso fare?

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UN MATRIMONIO SENZA AMORE

Troppo spesso mi tocca ascoltare un marito, sposato da un anno, 10 o anche 30 anni, che mi confida: “Non amo più mia moglie. È grave?” Spesso sembra quasi una richiesta di approvazione e comprensione per una scappatella o per qualcosa di più duraturo.

È grave? Ovviamente è gravissimo. Significa vivere da ipocrita, fare finta in famiglia e davanti ad altri che tutto va bene, permettere ai figli (che sono sensibili e furbi) di non credere più ai genitori. Ma è ancora più grave se uno si chiama cristiano.

Significa essere bugiardo e traditore. Ci può essere qualcuno che considera tutto questo una cosa da poco?

Nella sua lettera ai cristiani di Efeso, l’apostolo Paolo scrive, con l’autorità di Dio: “Mariti, amate le vostri mogli, come Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei. I mariti devono amare le loro mogli come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso”.

Perciò, possiamo dire tre cose:
1) Chi non ama sua moglie non ubbidisce a Dio;
2) Chi non ama sua moglie ha tradito la promessa che ha fatto al momento del suo matrimonio:
3) Chi non ama sua moglie sta distruggendo la propria persona, come credente, come uomo, come essere desideroso di amore, di pace, di coscienza pulita, di rispetto.

Su cosa si fonda questa confessione: “Non amo più mia moglie”? Certamente sulle proprie incapacità, spesso sui difetti della moglie, oppure sulla delusione e la confusione di un matrimonio che ha perso le sue fondamenta.

Ma, il problema fondamentale è che l’uomo che fa questa confessione non sa cos’è l’amore. È ancora allo stadio di chi crede egoisticamente che l’amore sia la soddisfazione delle proprie aspettative, cioè un amore adolescenziale, immaturo, che non è capace di affrontare le tempeste della vita, le lotte, le prove, le delusioni di una vita normalissima.

È chiaro che l’innamoramento dei giovani, e le”cotte”, fanno vedere l’altro come quasi perfetto, per cui si prova una grande soddisfazione e un fascino straordinario nello stare insieme. Ma, nella realtà, sia il quadro che si ha dell’altro, sia il desiderio di godere dell’altro come risposta ai propri desideri non durerà a lungo. E bisognerà capire che questo non è amore.

Allora, l’amore, cos’è? L’apostolo Paolo l’ha spiegato nel passo citato più sopra. È amare come ha amato Gesù. È possibile? Sì. Ma è impossibile per chi non ha compreso e non gode dell’amore di Dio nella propria vita.

Allora, il matrimonio si trasforma. Dovrò rispondere più completamente la prossima volta.